Spettacoli

Hollywood, attori in sciopero. È il più grande in 40 anni

Niente accordo con gli Studios, si uniranno nei picchetti ai colleghi sceneggiatori che hanno incrociato le braccia a maggio

(Keystone)
13 luglio 2023
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Sciopero degli attori di cinema e tivù a Hollywood, il più grande in 40 anni: il loro sindacato, che rappresenta 160mila iscritti, ha votato all'unanimità dopo che è fallito il tentativo di un accordo in extremis con gli Studios.

Una protesta che si salda a quella degli sceneggiatori, che hanno incrociato le braccia a maggio per la prima volta dopo 63 anni.

L'agitazione è stata confermata dalla direzione nazionale del sindacato Sag-Aftra. Da venerdì, i volti del piccolo e grande schermo si uniranno ai colleghi scrittori nei picchetti che da inizio maggio paralizzano l'industria dello spettacolo statunitense. Una protesta congiunta dei due sindacati non si vedeva dal 1960.

Dopo la sospensione dovuta alla pandemia e con l'inflazione alle stelle, il rinnovo del contratto delle varie categorie di lavoratori dello spettacolo rappresentava quest'anno uno scoglio duro da superare per gli Studios.

La prima contrattazione a finire con la fumata nera e l'avvio della mobilitazione ad oltranza è stata quella con gli sceneggiatori della Writers Guild of America (Wga), a inizio maggio. Con gli scrittori in presidio da un mese, il 98% dei 160mila iscritti Sag-Aftra ha autorizzato i propri leader a indire lo sciopero se gli Studios non avessero accettato le proposte di aumenti salariali, ricalcolo dei diritti d'immagine e tutele sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale.

Forti del sostegno della propria base, i rappresentanti della Sag si sono seduti al tavolo della trattativa il 7 giugno. Mentre il negoziato procedeva in gran segreto, per le strade, il colpo d'occhio raccontava di un livello di scontro già alle stelle: davanti ai principali studi di produzione, alle sedi di Netflix su Sunset Boulevard o di Amazon a sud di Los Angeles, tra i cartelli bianchi e rossi stampati dalla Wga, spuntavano sempre più numerosi quelli neri con una silhouette dorata, simbolo del sindacato che riunisce gli interpreti che lavorano per cinema e televisione.

La tensione si respirava anche agli eventi organizzati dalle Major per promuovere le nuove produzioni o durante la campagna per gli Emmys, gli Oscar della Tv, che si è conclusa a metà giugno. Attorno ai buffet offerti da Disney o Netflix, non si parlava d'altro.

«Ne ho viste tante di stagioni, ma ora siamo al capolinea. Il modello non funziona più. Gli Studios tirano la cinghia, ma mentre i loro pezzi grossi navigano nell'oro, fanno pagare i tagli a noi lavoratori», diceva Robert Trebor, conosciuto soprattutto per aver partecipato nella serie televisiva Hercules, trasmessa negli Usa dal 1995 al 1999.

Come gli sceneggiatori, gli attori chiedevano all'Alliance of Motion Picture and Television Producers (Amptp), l'associazione che rappresenta i principali studi di produzione e di streaming – tra cui Amazon, Apple, Disney, NBCUniversal, Netflix, Paramount, Sony e Warner Bros – di aumentare i diritti d'autore che ottengono quando gli spettacoli vengono distribuiti su Netflix e altre piattaforme.

In particolare, gli Studios si sono opposti all'idea di affidare a una società esterna e imparziale il compito di stimare le visualizzazioni e il pubblico di un certo programma in streaming. La Sag-Aftra chiedeva anche l'aumento della paga minima, dei contributi per pensione e assicurazione medica e tutele contro l'uso dell'intelligenza artificiale, senz'altro una delle principali preoccupazioni per gli artisti.

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