Venezia 79

Al Lido la Mostra spegne le sue luci

Un bilancio di fine Festival, con Netflix a dare un senso ai tappeti rossi, e con Toronto che fa sentire sempre di più il proprio peso

Signori, si chiude
(Keystone)

Con la consegna dei Leoni, delle Oselle e altri premi, Venezia 79 – detta anche la 90esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica – chiude i battenti e dà appuntamento al prossimo anno. Intanto spieghiamo il perché dei due numeri, 79 e 90. La prima edizione si tenne tra il 6 e il 21 agosto del 1932, per cui la storia cominciava novant’anni fa. Una storia cui mancano delle pagine, ben undici; infatti, la seconda edizione si svolse due anni dopo, dal primo al 20 agosto 1934, perché in origine teneva i ritmi della Biennale d’Arte, società di cultura nata nel 1895; altri anni di stop sono i tre, legati alla Seconda guerra mondiale, e poi nel 1973, 1977 e 1978 la mostra non si tenne, erano gli anni di piombo. Dunque, si arriva a 79 edizioni tenutesi in 90 anni.

Il ripercorrere la storia di questa manifestazione ci permette di meglio ripensare a questa edizione per certi versi deludente rispetto ai fasti e agli anni condotti da grandi direttori di Festival. Alberto Barbera, che ha festeggiato il suo decimo anno consecutivo come direttore artistico a Venezia, ha mostrato chiaramente la sua stanchezza, si è appoggiato a Netflix e altre piattaforme per comporre un programma diseguale, ma soprattutto per dare un senso ai tappeti rossi riempiti altrimenti da una schiera di personaggi del cinema e della tv italiana che alla stampa estera, alla poca stampa estera restata, non interessano. Del resto, sempre più importante diventa il peso di Toronto, festival che si svolge negli stessi giorni e nel quale si vede gran parte dei film veneziani; in più, a Toronto c’è il nuovo Spielberg, sfuggito evidentemente a questa Venezia.

‘Orizzonti’ brillanti

Troppi i 23 film in competizione, Cannes ne aveva 21 ed erano tanti. Evidentemente un direttore ha varie pressioni e ineludibili richieste mentre prepara il programma, ma il suo lavoro è proprio scegliere. Difficile far convivere uno sgangherato musical su Santa Chiara con il rigore morale e cinematografico del poetico ‘Un Couple’ di Frederick Wiseman, o un biopic poco riuscito su Marilyn Monroe, che ridicolizza tre aborti della diva, con il doloroso ‘Saint Omer’ di una bravissima Alice Diop, che racconta di un’altra donna che ha ucciso suo figlio. Capaci di staccarsi dal gruppo dei partecipanti sono stati Darren Aronofsky con il suo ‘The Whale’ e Alejandro G. Iñárritu con il suo bunueliano ‘Bardo, falsa crónica de unas cuantas verdades’, film di autori capaci d’indipendenza narrativa e di linguaggio cinematografico di gran rilievo. Ha brillato di più il concorso di Orizzonti, con film come ‘Princess’ di Roberto De Paolis, opera che con ‘Bentu’ di Salvatore Mereu, in un’altra sezione, resta uno dei pochi film italiani degni della Mostra. Oltre a ‘Princess’ vanno ricordati il sorprendente ‘Aru Otoko’ (Un Uomo) di Kei Ishikawa, il durissimo ‘Pour la France’ di Rachid Hami, l’inquietante ‘Blanquita’ di Fernando Guzzoni, la Grande Storia Ufficiale raccontata in ‘Autobiography’ di Makbul Mubarak, ‘Spre Nord’ (Verso Nord) di Mihai Mincan, dolorosa metafora della condizione umana (che ha vinto il Premio Bisato), ma soprattutto ‘NajsreЌniot čovek na svetot / Najsretniji čovjek’ (L’uomo più felice del mondo), forse il miglior film del Festival, una vicenda di ricomposizione personale in una città come Sarajevo dove le memorie della guerra sono ferite ancora lancinanti.

Santi

Alle ‘Giornate degli autori’ abbiamo trovato una selezione di film di ricerca e sperimentali con un piglio decisamente più giovane rispetto alle selezioni ufficiali: qui ricordiamo ‘Stonewalling’ di Huang Ji, Ryuji Otsuka, un film su una giovane donna di oggi e sul peso di restare incinta e di non voler abortire, solo dimenticare tutto e dopo nove mesi ritornare libera e sognare. È in questa selezione che è passato ‘Bentu’ di Salvatore Mereu, insieme al discusso ‘Padre Pio’ di Abel Ferrara. A Venezia, insieme a Padre Pio, sullo schermo sono andati Santa Chiara e Papa Francesco, in Italia non ci si dimentica mai della religione di Stato. E ora la Mostra va agli Archivi, dando un arrivederci al prossimo settembre.

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