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Di danza e libertà, ‘And then we danced’ al cinema

All'Otello di Ascona e al Forum di Bellinzona il poetico film di Levan Akin ambientato in una Georgia tanto bella quanto intollerante

Irakli (Bachi Valishvili) e Merab (Levan Gelbakhiani) in una scena del film
5 maggio 2021
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La danza tradizionale georgiana è una cosa seria. “È lo spirito della nostra nazione” afferma il direttore del Balletto nazionale della Georgia in una delle prime scene di ‘And then we danced’, film del regista svedese di origine georgiana Levan Akin in programma venerdì e lunedì all’Otello di Ascona e sabato al Forum di Bellinzona nell’ambito della Festa danzante.
Il fatto è che questo “spirito nazionale” è fatto di maschi forti e virili e di donne pure, virginali e sottomesse. Non c’è spazio per la debolezza maschile, figuriamoci per l’omosessualità: nessuno si stupisce, quando si libera un posto nel Balletto nazionale, che l’improvviso vuoto sia dovuto al fatto che uno dei ballerini, sorpreso a letto con un uomo, sia stato picchiato dai compagni tanto che adesso fatica a camminare. Quello che davvero importa, per il giovane protagonista Merab (interpretato dal bravo Levan Gelbakhiani), sono le audizioni che potrebbero permettergli di dedicarsi completamente alla danza, sfuggendo alla precarietà del lavoro serale come cameriere, paga bassa qualche mancia e la possibilità di portare a casa gli avanzi.
Ma per Merab la danza non è solo occasione di riscatto sociale: inutili gli ammonimenti della famiglia, tutti ex danzatori, sull’illusorietà di questo progetto, sul fatto che alla fine è più sicuro avere un bancone al mercato che un posto nel Balletto nazionale. La danza è tutto per Merab, almeno finché all’accademia non arriva Irakli (Bachi Valishvili), un ragazzo affascinante e ballerino provetto che rompe gli equilibri. All’inizio Irakli è un possibile rivale per Merab, imponendosi come primo ballerino dell’accademia e favorito all’audizione. Poi diventa un amico, un confidente. E alla fine qualcosa di più, prendendo nel cuore di Merab il posto apparentemente destinato all’amica Mary (la brava Ana Javakishvili, il cui personaggio avrebbe forse meritato maggiore sviluppo).
Il mondo di Merab va in pezzi e inizia un percorso per ricomporlo: la scoperta della propria omosessualità cambia le sue priorità ma non il suo obiettivo: entrare nel Balletto nazionale, ma per abbandonare un Paese nel quale non può essere sé stesso.
‘And then we dance’ è un film fatto di sguardi e di emozioni: a Levan Akin basta un inquadratura per dire quello che altri non direbbero in dieci minuti di dialogo. Con una regia estremamente delicata, Akin ci accompagna fino al momento delle audizioni di Merab, in cui il ragazzo dovrà decidere se uniformarsi alle imposizioni di una società chiusa e omofobica, arrendendosi come a suo modo è stato costretto a fare Irakli, oppure affermare la propria identità davanti a tutti.
Notevoli, sia per il lavoro di coreografia sia per quello di regia, le scene di danza che non riguardano solo il balletto tradizionale georgiano (e le sue reinterpretazioni): i protagonisti del film vivono danzando, dall’allegria di vecchie hit alla musica techno in cui Merab si perde in un momento di crisi. La sequenza che più incanta gli occhi, nel film, è comunque il matrimonio del fratello di Merab: pura poesia per gli occhi che racconta, con altrettanta forza, la bellezza e l’intolleranza della Georgia.

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