cinema

'Tolo Tolo', quando Checco Zalone non fa ridere

'Immigrato', canzone del trailer, non c'entra. Sono i migranti alla deriva che nel film fanno nuoto sincronizzato a non essere più black humor, ma cattivo gusto

Dalla locandina del film
2 gennaio 2020
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Il meccanismo è quello di sempre: l’italiano ignorante e razzista che involontariamente esorcizza il peggio del genere umano. Così si vorrebbe anche in ‘Tolo Tolo’, quinto film di Checco Zalone in sala dal primo dell’anno, diretto dallo stesso Zalone (Luca Medici per l’anagrafe) e scritto insieme a Paolo Virzì. Questa volta Checco, imprenditore di insuccesso, fugge dai debiti del suo sushi restaurant nelle Murge per riparare in un resort nell’Africa turistica. Ma ecco che arriva l’Isis che lo costringe a compiere “il lungo viaggio” insieme ai migranti, una fuga per la libertà che lo riporterà beffardamente in Italia dapprima sui camion lungo il deserto, passando per i centri-profughi e infine sopra una carretta del mare, quotidiana via crucis dei disperati di questo secolo.
 
In nome del comico cinismo che è (fu) proprio dell’artista pugliese, tutto in ordine, niente in ordine: nel senso che l’ironia sul fenomeno migratorio, sull’Isis e altre freddure (da gelare il sangue) abbondano in questo film che per qualcuno è Zalone che fa riflettere e per altri un monumento al cattivo gusto. E a noi, i naufraghi fatti esibire nel nuoto sincronizzato, col protagonista nel mezzo in figurazioni alla Esther Williams, sono parsi cattivo gusto, parte di un più generale crollo del marchio di fabbrica dell’attore sotto il peso di una attualità che di ironia, anche black, non ne chiama affatto. Leggasi: la satira di ‘Tolo Tolo’ non fa né ridere – tiepida la reazione della sala del nord Italia stracolma nel giorno dell’esordio – né riflettere.
 
Dopo un’ora e mezza, si va via con la sensazione che l’autore si sia infilato in una cosa più grande di lui, vittima di un errore di valutazione che è lo stesso dello stand up comedian che sale sul palco, sbaglia la prima battuta e cerca per tutto il tempo che gli resta di riconquistarsi il pubblico rincarando la dose. Invano. Tanto entusiasmava l’inetto eroe-per-caso dei primi film, così poco ci lascia questa pellicola un tantino presuntuosa che allontana il Medici dal percorso di avvicinamento ad Alberto Sordi, laddove lo si vuole giustamente diretto. Cadono così nel vuoto singole perle di comicità come l’ex-presidente della Regione Puglia Nichi Vendola nell’imitazione dell’imitazione di se stesso, quella che un tempo gli faceva Zalone. Lo Zalone che faceva ridere.

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