il concerto

Concato al Lac, la grande lezione delle piccole cose

Nella notte del Bataclan era qui per Michel Camilo. «Pensai a come sarebbe stato bello suonare su questo palco». È accaduto, ed è stato «figo».

Di domenica, a Lugano (Ti-Press)
9 dicembre 2019
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La fronte spaziosa, ma certo che è la sua, in ‘Bella bionda’ per aprire col botto; l’occhiale scuro, certo che è il suo, per ripararsi dai riflettori, quasi un modo di vivere; la band da sogno, sua anche quella, D’Urbano, Palazzi, Casali, Tomassini. Nell’Italia che celebra ogni settimana i defunti della musica in nome della totale improvvisazione (televisiva) e potrebbe invece tributare prime serate ai vivi, cose come quelle che canta lui sono davvero diventate jazz anche quando non sono arrangiate jazz, ed è meglio così. E il Lac, dove lo si vede ogni tanto per i grandi dell’improvvisazione (jazzistica), è casa sua. Nella notte del Bataclan era qui per ascoltare Michel Camilo, e si disse «come sarebbe stato bello suonare su questo palco. Che mi fa sentire un figo».

‘Provaci tu’ da ‘In viaggio’ (1992), ‘Senza far rumore’ da ‘Giannutri’ (1990) e ‘Prima di cena’, da ‘Senza avvisare’ (1986, dal metheniano crescendo), sono chicche tra le sue ‘storie di sempre’, titolo di un lontanissimo primo album che racchiude il senso di un repertorio che è una lezione sulla potenza delle piccole cose: c’è ‘Domenica bestiale’, spacciata per nuova e scartata da Sanremo, c’è ‘Fiore di maggio’ ma anche la secondogenita ‘Giulia’, in auto col babbo nel racconto “di un uomo e di sua figlia che viaggiano un po' come due fidanzati”; c’è la storia d’amore che finisce come finiscono tante altre storie d’amore, ma che pare l’addio di tutti gli addii, ‘Stazione Nord’, da un’album – ‘Tutto qua’, 2012 – che per profondità fa quasi paura; piccole cose come ‘In trattoria’, la giornata al mare che sta per finire e non è una giornata qualunque, ma la giornata di tutte le giornate al mare che stanno per finire; c’è l’amore solo per la sua Ninin (Elisabetta), che a parte ‘Rosalina’ – nei bis a ribadire che “le magre sono tristi” – è la musa di una vita di musica, inclusa la splendida ‘Non smetto di aspettarti’.

Si va via sempre col groppone in gola quando canta lui, che uno si chiede come mai, anche quando canta il bello della vita. Anche dal Lac, di domenica sera, si esce con quella maliconia bella che dev’essere stata quella del piccolo Vito, il compagno di scuola cantato in ‘Ti ricordo ancora’. Ci si commuove, quando canta Fabio Concato, come può accadere davanti alle cose molto o troppo belle. Come ci si commuove davanti a un film.

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