Spettacoli

Mario Biondi, il gigante buono del Concerto per l'infanzia

Padre di 8 figli (o ‘Ottipadre’, come si definisce lui), fa tappa al Palazzetto Fevi di Locarno sabato sera alle 20.30

23 novembre 2018
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Quando Mario Biondi apre bocca, la prima domanda che viene da chiedergli è in quali tasche della giacca nasconde i subwoofer. I bassi profondi di una voce che al mondo, uguale, non ce n’è, arrivano già dal corridoio. Mastodontico di suo, quando alla Rsi infila la porta di una delle sale conferenza al secondo piano, ad alzare ancor più il suo personale livello sul mare contribuisce il cappello, che sembra lo stesso della copertina di ‘Brazil’ (scusandoci con gli appassionati di gossip, ci siamo scordati di chiederglielo). Stella del decimo Concerto per l’Infanzia in programma questo sabato a Locarno (Palazzetto Fevi, ore 20.30), chi meglio di lui, padre di otto figli – «Sono un ottipadre, è un neologismo» – poteva incarnare il decennale della manifestazione. «Fate un lavoro enorme», dice l’artista una volta conclusa l’introduzione di Andrea Milio dell’Associazione ticinese famiglie affidatarie (Afta), beneficiaria del progetto. «Un’attività da coraggiosi, per la quale ci vogliono cuore, attenzione e una capacità di discernimento molto forte. Nel mio piccolo, spero di attrarre quanta più gente possibile ed essere di compagnia. La musica è una grande nuvola che aiuta a evadere. Mi aiuterà la mia band storica, persone sensibili che amano quel che fanno. Sono al 90% padri di famiglia, dunque coinvolti in pieno nel concerto».

‘Alla dogana non si pensa!’

Prima di immergersi in racconti di musica vissuta e vivente, Biondi ricorda i «buoni vecchi amici» che hanno assistito ai suoi primi passi. «Abbiamo sperimentato tanto con Giovanni Cleis e i Table. Me ne stavo a Ligornetto anche per mesi, e una volta sono anche riuscito a farmi inseguire da una guardia di confine. Sono passato, ci siamo guardati, l’impressione era che mi avesse sorriso e io ho proseguito. Lui mi ha rincorso e si è arrabbiato. “Pensavo che fosse tutto a posto”, e lui: “Alla dogana non si pensa!”». I ricordi sono quelli di un periodo anagrafico ben preciso, quei 25 anni circa che per ogni musicista rappresentano «il sogno di scrivere canzoni, d’inventare un sound. Mio figlio più grande ha ascoltato quei provini. Mi ha detto: “Papà, facevi queste cose già negli anni 90?”». Biondi l’ottipadre ha figli dai 2 ai 22 anni che amano tutti la musica: «Il più grande, fino a poco tempo fa, ascoltava solo heavy metal e growl. Zoe, che ha 20 anni, è sul country rock. Marica ascolta hip hop, R&B e la trap americana, quella italiana la prende un po' in giro, non so perché. Ma forse ha ragione...». La trap affascina anche i più piccoli: «Ne ho un po’ paura. I testi espliciti come must, se non dici 30 ‘vaffa’ in un brano non sei figo. E poi questa cosa che devi essere un po’ un caso sociale...». E l’ostentare ricchezza, Mario, dove la mettiamo?: «È una cosa americana, è una nuova cultura, molto adolescenziale. Me l’ha descritta bene Renato Zero: “Mario, me so’ rotto le palle de vede’ tutti questi che escono co’ le scarpe de Gucci prese a rate da padre e madre”». Sorride, Biondi, dando il primo assaggio delle sue doti di imitatore di cantanti.

‘Viva la libertà’

Tornando alla cose sue, l’ultimo Umbria Jazz ha fatto germogliare una superband composta da Quintorigo, Federico Malaman, Massimo Greco e Tosh Peterson. Superband che lo accompagnerà nelle date di dicembre e che ha dato vita a “I wanna be free”, realizzato tra Milano e Londra. «Ci siamo chiusi nella mia abitazione, una struttura del 1600, un ex convento gesuita che ha una sua energia, un suo fascino e un suo suono. Si chiudono le porte e le mura da un metro e mezzo producono un silenzio che è un colore. Lì è nata ‘I wanna be free’. Ora stiamo riarrangiando un repertorio intero di 22 brani. Questa tensione creativa sta producendo un insieme di rock, progressive, pop, fusion, R&B. È quello che penso io della musica, l’apprezzo tutta, la respiro, la faccio mia, ne faccio più di un crossover».

Sulla genesi del singolo: «Mentre Massimo Greco andava alla toilette, io sperimentavo i suoni con i synth. La melodia è stata sviluppata quando lui è uscito dal bagno» (risate in sala). Sui connotati, se non politici, almeno pacifisti di ‘I wanna be free’, Biondi si tiene lontano: «Viva la libertà, viva la libertà...», canticchia ‘alla Jovanotti’ (seconda imitazione riuscita, anche se qui Mario è sin troppo intonato). «Parlando seriamente, non sono temi sui quali sono preparato a sufficienza, ma certamente vivo su questa terra, ne sono coinvolto e il periodo che viviamo è di grande oppressione sociale. La libertà è l’unica cosa che ha permesso l’evoluzione. Ma è una parola, e si tratta di capire dove la parola finisce e quando inizia la sua messa in pratica». Libertà è anche un concetto che da sempre identifica il Biondi artista: «La monotematicità mi fa impazzire, sono sempre fuggito dai cliché. Credo che nei miei dischi si possano trovare diverse influenze, ma nessuna strana allegoria. C’è, semmai, uno stile». Cosa attribuibile tanto a una voce unica quanto «ai musicisti con cui ho lavorato, veri, fedeli a se stessi in qualsiasi occasione».

‘Mario, smettila, nun fa’ accussì…’

Vero è anche Biondi, capace di emozionarsi «come un bambino di 5 anni», in studio con Al Jarreau. «Mi ha messo a mio agio, mi ha fatto capire che era un uomo come gli altri». Lo stesso con Pino Daniele: «I primi tempi gli dicevo quanta emozione mi provocasse stargli vicino. E lui: “Mario, smettila, jamm’, nun fa accussì, p’ cortesia”». E così «con Bacharach, Philp Bailey degli Earth Wind & Fire, Chaka Kahn, Incognito. Con Renato Zero succede ancora, è un colosso musicale». Nel ricordare le tappe di un tour che ha lasciato da poco l’Europa del nord – «Londra, Edimburgo, Manchester, Glasgow. Pubblico esplosivo, quasi ’in levare’» – c’è spazio per il meccanico che cura le sue Mercedes: «Anche se non conosce la lingua, una volta mi ha detto “Mario, quando canti in inglese mi vengono i brividi. In italiano, non saprei...”». E la spiegazione, Biondi, l’ha trovata a Sanremo, «Ci sono stato due volte: la prima e l’ultima. ‘Rivederti’ è una canzone che trovavo giusta in quel contesto, malgrado anacronistica. D’altra parte Sanremo è anacronistico di suo». Ma è già tempo di saluti e autografi. Mario, gigante buono, ringrazia e dà appuntamento a Locarno.

Il Concerto per l’infanzia

Libreria Leggere a Chiasso, Libreria dei ragazzi a Mendrisio, Il Botteghino e la Voltapagina a Lugano, Pinguis a Bellinzona, Music City Soldini a Locarno, Eco Libro a Biasca. Sono, insieme a biglietteria.ch (online), le prevendite attive per questo decimo Concerto per l’infanzia. Il costo del biglietto è di 55 franchi (35 franchi per apprendisti, studenti, beneficiari di rendite Avs/Ai). Atfa è l’associazione ufficiale in Canton Ticino competente per gli affidi, nata nel 1981 con lo scopo di reperire famiglie decise ad accogliere minori nel proprio contesto familiare, formarle mediante gruppi di appoggio, corsi mirati e seminari, sostegno psico-sociale ed educativo. Informazioni e contatti: Associazione ticinese famiglie affidatarie, vicolo Antico 2, 6943 Vezia (091 966 00 91, 077 442 35 65).

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