Spettacoli

Alien è tornato. Zoppicante

11 maggio 2017
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“Nello spazio nessuno può sentirti urlare”: così, quasi quaranta anni fa, arrivava nelle sale il primo ‘Alien’, “un B-movie davvero ben riuscito” dirà in seguito Ridley Scott. Già, perché alla fine il film si reggeva su una trama semplice e lineare, trasportando nello spazio uno dei classici dell’horror, la casa stregata. Semplice, ma reso in maniera impeccabile, e dalla regia al montaggio, dai personaggi all’aspetto dell’alieno xenomorfo ideato dall’artista svizzero H. R. Giger, tutto ha contribuito a far entrare il primo ‘Alien’ nella storia del cinema.

Poi i sequel, iniziando da ‘Aliens’ di James Cameron – ingenuamente titolato, in italiano, “Scontro finale” – e attraverso altre due non memorabili pellicole e due trascurabili incontri con Predator è tornato, nel 2012, nelle mani di Ridley Scotte con ‘Prometheus’, il prequel che doveva spiegare le origini dello xenomorfo. Doveva, perché la rivelazione si è dimostrata essere un indigesto polpettone di misticismo e filosofia spiccia su improbabili Ingegneri responsabili della creazione dell’umanità.

 

Un tema, quello degli Ingegneri, che ‘Alien: Covenant’, sempre di Ridley Scott, lascia per fortuna cadere quasi del tutto, tornando allo spirito del primo film, alle sue atmosfere claustrofobiche, all’angoscia di non sapere come affrontare il pericolo. Soprattutto, dando ampio spazio – finalmente! – allo xenomorfo. Per questo, nonostante sulla carta questo film sia il “sequel del prequel” (insomma il seguito di ‘Prometheus’), gli ingredienti fanno pensare a un “vero prequel” del primo ‘Alien’, se non addirittura a un remake.

 

La storia è simile: se nel 1979 avevamo la nave da trasporto Nostromo, adesso avviamo la nave colonizzatrice Covenant, con un migliaio di passeggeri ibernati pronti a prendere possesso di un nuovo pianeta. Anche qui un misterioso segnale captato dal computer di bordo Mother convince l’equipaggio a cambiare rotta e ad esplorare un pianeta che si rivelerà fatale. E anche qui, alla fine l’unica in grado di affrontare lo xenomorfo sarà una donna: Daniels, impersonata da una notevole Katherine Waterston che nulla fa rimpiangere della originale Sigourney Weaver/Ripley. Poi, visto che – come ha spiegato lo stesso Scott – “non puoi continuare a fare inseguire gente da un mostro in un corridoio”, abbiamo qui un pianeta all’apparenza ospitale, una città aliena abbandonata, relazioni sentimentali à gogo tra i membri dell’equipaggio e l’ambiguo “sintetico” (insomma, un androide) David, già visto in ‘Prometheus’, con il suo rassicurante doppio Walter – entrambi impersonati da un eccezionale Michael Fassbender –, al quale la casa di produzione ha pure dedicato un finto spot:

 

Ricapitolando: poco pattume filosofico, storia fedele all’originale senza esserne una semplice copia, regia di gran classe e ottime interpretazioni. Insomma, un capolavoro, non fosse per la sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti: anche tralasciando le varie incoerenze (come la tempesta di ioni che è più o meno pericolosa a seconda delle esigenze degli autori), abbiamo i protagonisti che continuamente prendono decisioni insensate e incongruenti con il loro addestramento, decisioni il cui unico scopo è, evidentemente, quello di mandare avanti la storia.

Una cosa che ti fa uscire dalla sala pensando che, forse, era meglio starsene a casa a riguardarsi l’Alien del 1979.