Società

Basta con lo sfruttamento animale: D&G toglie la pelliccia

A partire da quest’anno solo capi ‘faux fur’ per la famosa maison. E intanto l’Italia mette al bando gli allevamenti di visoni

Stop!
(Keystone)
31 gennaio 2022
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In Italia si fa sempre più alto il coro contro le pellicce di origine animale. A fine dicembre era già stato fatto un primo importante passo in questa direzione, annunciando l’imminente introduzione della messa al bando degli allevamenti di visoni e altri animali da pelliccia, divenuto poi realtà il 1° gennaio. Il termine ultimo dato agli ultimi cinque allevamenti presenti nella Penisola è fissato per il 30 giugno: entro quella data, tutte le gabbie dovranno essere svuotate.

E adesso è Dolce&Gabbana a scendere in campo nella lotta contro lo sfruttamento degli animali da pelliccia, confermando una notizia che era peraltro già nell’aria da qualche tempo: «Dolce&Gabbana ha scelto di dismettere l’uso della pelliccia animale in tutte le sue collezioni a partire dal 2022». Esattamente come anticipato poche settimane fa, la maison continuerà comunque ad avvalersi della maestria dei pellicciai italiani: «Nell’ottica di preservare il lavoro e la professionalità dei maestri pellicciai, depositari di conoscenze e abilità specifiche dal valore aggiunto irrinunciabile, Dolce&Gabbana continuerà a collaborare con questi artigiani nella realizzazione di capi e accessori in eco-pelliccia, un’alternativa sostenibile, faux fur, che ricorre all’uso di materiali riciclati e riciclabili». La nuova politica «è supportata dalla Humane Society of the United States e dalla Humane Society International, in conformità con le indicazioni della Fur Free Alliance». «Dolce&Gabbana sta lavorando a un futuro più sostenibile, nel quale l’uso della pelliccia animale non può essere contemplato – spiega Fedele Usai, Group Communication & Marketing Officer di Dolce&Gabbana –. L’intero sistema moda ha una responsabilità sociale importante che deve essere promossa e incoraggiata: integreremo nelle nostre Collezioni materiali innovativi e processi di produzione rispettosi dell’ambiente, salvaguardando allo stesso tempo i posti di lavoro e le professionalità che rischiavano di estinguersi».

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