Scienze

Nel cibo ultraprocessato l’insidia del declino cognitivo

In chi eccede, il peggioramento è mediamente del 28% più rapido. Lo indica uno studio coordinato dall’Università di San Paolo, in Brasile

Meglio un bel piatto di polenta
(Keystone)
7 dicembre 2022
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Il consumo elevato di alimenti ultraprocessati non causa solo un aumento del rischio di malattie cardiovascolari e metaboliche, ma può accelerare anche il declino cognitivo. È quanto sostiene uno studio coordinato dall’Università di San Paolo, in Brasile e pubblicato Jama Neurology.

La ricerca ha preso in considerazione oltre 10 mila brasiliani con un’età media di 51 anni seguiti per 8 anni. Al termine di questo periodo, i partecipanti che riferivano di trarre più del 20% dell’apporto calorico quotidiano da cibi ultraprocessati avevano un tasso di declino cognitivo del 28% più rapido rispetto a chi consumava quantità inferiori di cibo spazzatura. Presentavano inoltre un peggioramento del 25% delle funzioni esecutive, cioè quelle funzioni deputate al controllo e alla pianificazione del comportamento.

Anche se "sono necessari studi futuri che indaghino sul meccanismo con cui i cibi ultraprocessati portano al declino cognitivo", scrivono i ricercatori, "limitarne il consumo, in particolare negli adulti di mezza età, può essere una forma efficace per prevenire il declino cognitivo".

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