Scienze

Il misogino Darwin e la selezione sessuale

In occasione del Darwin Day, intervista al biologo Gil Rosenthal sui pregiudizi del naturalista inglese e la scelta del partner da parte delle femmine

11 febbraio 2022
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Nel novembre del 1859 Charles Darwin pubblicò ‘L’origine delle specie’, uno dei testi più influenti non solo a livello scientifico: la teoria dell’evoluzione tramite selezione naturale, in grado di spiegare la varietà degli esseri viventi senza finalismi o progetti divini, cambiò non solo la biologia. Certo, nello stesso periodo anche un altro naturalista, Alfred Wallace, stava lavorando alle stesse idee tanto che la teoria viene spesso attribuita a entrambi. «Ma Darwin ha saputo dare al meccanismo dell’evoluzione grande eleganza e semplicità e proprio questa eleganza e semplicità permisero di abbinare perfettamente la teoria dell’evoluzione con la genetica di Mendel che Darwin non conosceva» ci ha spiegato Gil Rosenthal, professore di biologia all’Università di Padova e autore, con Michael Ryan, di una review recentemente pubblicata su Science e dedicata alla selezione sessuale, un aspetto al quale nessun altro naturalista aveva pensato. Il riferimento è al libro, pubblicato una decina di anni dopo, ‘L’origine dell’uomo e la selezione sessuale’ nel quale Darwin affronta due temi che erano rimasti aperti: l’evoluzione degli esseri umani da antenati animali, rifiutando l’idea di origine separata delle diverse “razze” umane sostenuta tra gli altri dallo svizzero Louis Agassiz, e lo sviluppo degli ornamenti sessuali. «Di nuovo abbiamo una teoria che è bellissima perché inquadra nella stessa elegante semplicità della selezione naturale questi strani e stravaganti ornamenti» ha proseguito Rosenthal. Un carattere puramente funzionale ha maggiori possibilità di passare ai discendenti perché dà al soggetto un qualche vantaggio diretto, ad esempio nella ricerca di cibo o nello sfuggire ai predatori; gli ornamenti sessuali possono invece rappresentare uno svantaggio diretto, un classico esempio è l’ingombrante coda del pavone, ma aumentano le possibilità di incontrare un partner per riprodursi superando gli altri possibili concorrenti. «Con Darwin la selezione si espande e oggi infatti parliamo di selezione sociale perché sappiamo che le interazioni tra fratelli e sorelle e anche quelle tra amici e amiche possono essere molto importanti, nel determinare il successo riproduttivo di un individuo. L’idea alla base non è semplicemente che i maschi più forti e più belli vincono, ma che la selezione agisce in tutta la dinamica sociale».

Tuttavia, ha osservato Rosenthal, Darwin aveva un problema e l’ha risolto, ma si è fermato lì: ha inquadrato nel contesto dell’evoluzione questi ornamenti sessuali spiegando la loro presenza con la scelta delle femmine e in generale dei partner «ma non è andato oltre questa osservazione, non ha cercato di indagare dal punto di vista biologico questo comportamento: si è limitato a dire che le femmine scelgono i più belli e basta». Un approccio, secondo Rosenthal, dovuto «da una parte a un certo imbarazzo nel parlare di scelte riproduttive, ma anche a un disprezzo per le donne e soprattutto per le facoltà mentali delle donne».

Darwin ha da una parte aperto una nuova area di ricerca, dall’altra un certo moralismo ha come addormentato il settore per alcuni anni: «La selezione sessuale è rimasta un po’ fuori dalla sintesi avvenuta, integrando gli studi sulla genetica, nella prima metà del Novecento e a lungo l’idea che le femmine scelgano il partner era considerata poco seria, con la selezione sessuale vista soprattutto dal punto di vista dei maschi che lottano tra di loro».

Nell’articolo pubblicato su Science emergono tutti questi limiti. La selezione del partner non è semplicemente guidata da un non meglio definito “gusto del bello” e le preferenze di accoppiamento variano non solo tra specie ma anche tra individui: la scelta non ricade semplicemente non sul “più bello” ma sul “più compatibile”, valutato non solo dal punto di vista estetico. «E molto importante è la dimensione culturale, non solo negli umani. Addirittura nei moscerini le mosche femmine copiano le scelte delle altre femmine e cambiano il loro comportamento in base ai rischi nell’ambiente».

Tornando alla misoginia di Darwin, c’è agli occhi dei contemporanei un contrasto con l’altra parte del libro, quella dedicata all’origine degli esseri umani: gli uomini (maschi) sono tutti uguali, le donne no e non hanno neanche quel potere nella scelta del partner che viene invece riconosciuto alle femmine di altre specie animali. «Darwin era un antischiavista e nei capitoli dedicati all’evoluzione umana è un argomento a favore dell’unità della specie umana e dell’origine recente della nostra diversificazione». Ma non c’è contraddizione perché per Darwin «la selezione sessuale è alla base delle differenze tra gruppi etno-geografici che non sono dovute alla selezione naturale – che porterebbe a caratteristiche funzionali differenti e, come sostenevano alcuni, ad avere razze destinate alla schiavitù e altre alla dominazione – ma sono invece differenze arbitrarie, dovute ai capricci della bellezza. Gli europei hanno l’aspetto che hanno perché ritengono quei tratti belli mentre gli aborigeni australiani hanno altri tratti perché ritengono belli quei tratti». Con la selezione sessuale Darwin può rifiutare le teorie che collegano le diverse caratteristiche delle popolazioni umane con adattamenti alle diverse condizioni climatiche. «Ci sono voluti il nazifascismo e i movimenti dei diritti civili perché ci si rendesse conto che la pseudoscienza razziale contro cui lottava Darwin fosse una serie di menzogne. Ma effettivamente sulla misoginia Darwin era più estremo dei suoi contemporanei».

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