laR+ Sogno o son Festival

Stony Effe e il software miracoloso

In quanti senza Autotune non salirebbero mai sopra un palco non è dato sapere, e forse nemmeno ci facciamo più caso

In sintesi:
  • Ingrediente sonoro o furbata per cantare il melodico italiano?
  • E c'è chi riesce a stonare anche con l'Autotune, ma è più importante la collana
Sanremo by night
(Keystone)
17 febbraio 2025
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Dell’Auto-tune, il software per intonare chi è stonato, non frega più niente a nessuno da tempo. Presto non se ne parlerà nemmeno più, come per i brufoli dei teenager e l’allergia alla polvere. Semplicemente perché le nuove generazioni sono nate con l’intonazione perfetta nelle orecchie e non sanno come suoni una voce naturale davanti al microfono, ma anche perché dall’invenzione dell’Auto-tune in avanti, le voci nei dischi non sono sempre naturali. Quindi non si faccia una colpa a chi oggi ascolta la canzone che ha vinto il Festival di Sanremo e nel riconoscerne l’indubbio potenziale complessivo fa la faccia strana. ‘Balorda nostalgia’ di Olly, così come un’altra metà delle canzoni in gara quest’anno e negli anni scorsi, soffrono dell’artificio dato da un software magico che, per chi ha una certa età, rende le voci dei cantanti come i nasi rifatti delle sciure di Lugano (tutte uguali).

Se non fosse che il regolamento del Festival ammette l’utilizzo dell’Auto-tune in funzione di “ingrediente sonoro”, e se non fosse che per dimostrare che si tratti effettivamente di ingrediente sonoro e non di escamotage (perché si è stonati) non basterebbero i Ris di Parma, non in tanti – fino alla possibilità di utilizzare l’Auto-tune dal vivo – riuscivano a salire su un palco e cantare senza stonare, abilità che nei karaoke dei bar del centro non è richiesta.

Rimandando i dettagli ai libri di storia, l’Auto-tune fu inventato nel 1997 da Andy Hildebrand, ingegnere elettronico della Exxon, studiando l’analisi dei terremoti. “Mi hai cambiato la vita”, gli disse un giorno un discografico. “Prima il mio lavoro consisteva nel trovare persone che sapessero cantare, ora mi basta trovare persone avvenenti”. Fino a quando Cher non cantò ‘Believe’, brano in cui il software viene usato al massimo delle sue potenzialità producendo l’involontaria voce ‘robotica’, l’Auto-tune veniva usato in segreto.

Oggi, in nome di Cher viene spacciato, appunto, come “ingrediente sonoro” anche quando serve a far cantare le campane. Grazie all’Auto-tune, le case discografiche possono così mandare a Sanremo i rapper e far cantare loro le melodie. La cosa produce cortocircuiti come quello di Tony Effe, capace di stonare anche con l’Auto-tune, cosa che non ha generato un caso perché Sanremo pare più interessato alle collane d’oro e perché anche le orecchie dei tromboni della critica si sono assuefatti alla creazione di Hildebrand.

Hai provato con un libro?

Tra le recenti esternazioni di Jovanotti che hanno fatto tanto discutere, la peggiore non è tanto quella che la rivoluzione dell’Auto-tune è pari solo all’avvento della chitarra elettrica, perché una mezza verità quest’idea la contiene; quel che sconcerta è piuttosto l’idea che con l’Auto-tune “anche chi non canta benissimo può dire delle cose” (la pensa così anche Tommaso Paradiso), dimenticando che se uno è stonato e vuole dire delle cose, fino a qualche anno fa poteva provare a scrivere un libro.

In un documentario Netflix che dell’Auto-tune riassume la storia, parla il rapper T-Pain, che per primo nel rap applicò l’effetto estremo in un suo disco e venne ricoperto dagli insulti dei colleghi, ma quando lo fece Kayne West gli diedero del genio. T-Pain sarebbe stato riabilitato solo vent’anni dopo: ospite di un format di musica dal vivo acustica, cantò senza il famigerato software mostrando capacità canore sorprendenti. Nel film, T-Pain dice: “Ciò che conta è scrivere belle canzoni: e voi vi fermate a un plug-in?”.

Anche Olly in ‘Balorda nostalgia’ fa uso abbondante di Autotune, e pure nella precedente ‘Polvere’, presentata a Sanremo nel 2023. Lo aspettiamo al primo concerto acustico, solo voce e strumento. Magari senza microfono, come in chiesa.