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Noa con Mira Awad, immaginando la pace

Stasera all’Ariston, unite da ‘Imagine’ di John Lennon come nel 2009 all’Eurovision con ‘There Must Be Another Way’. L'incontro a Casa Sanremo

Casa Sanremo Bazar
11 febbraio 2025
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“La pace richiede quattro condizioni essenziali: verità, giustizia, amore e libertà”. Le parole di Giovanni Paolo II fanno da scenografia a Casa Sanremo Bazar, uno dei luoghi del Festival diffuso. Da qui sono transitate, nella serata di ieri, l’israeliana Noa – di ritorno all’Ariston dopo trent’anni – e l’arabo-israeliana Mira Awad, alla sua prima volta. È il talk della pace prima della canzone della pace per eccellenza, ‘Imagine’, che aprirà la prima serata del Festival della canzone italiana. “Siamo onorate di avere l’opportunità di inaugurare Sanremo con questo messaggio di pace. Quella degli organizzatori è una scelta tutt’altro che scontata”, dice Noa. “In questi giorni di buio e paura, di assenza di sicurezza, dobbiamo credere che esiste un’altra strada. Noi artisti abbiamo la possibilità di immaginare un’altra realtà, e di crearla”.

È da trent’anni che Noa la immagina, da quando durante la manifestazione di pace del 4 novembre 1995 a Tel Aviv cantò una canzone e poco dopo Yitzhak Rabin fu ucciso. “Fu un momento traumatico. Presi lì la mia decisione: se lui può pagare con la sua vita per la pace, anche io posso pagare quel che c’è da pagare per questa idea sublime”. E il ricordo va “al viaggio di pace di Rabin verso Oslo insieme ad Arafat”, due anni prima dell’attentato.

Un prezzo da pagare

Di questa immaginazione vive anche Mira Awad, cantante attrice e autrice palestinese con cittadinanza israeliana che proprio insieme a Noa, all’Eurovision Song Contest del 2009, cantò un altro inno di pace congiunto, ‘There Must Be Another Way’. “Sì, il nostro dialogo tra culture ha un prezzo”, dice. “Se ho pensato di non farcela? Certo, sempre. Ci sono momenti in cui mi chiedo se la mia arte possa fare la differenza. Entrambe abbiamo pagato prezzi altissimi durante la nostra carriera, ma si paga un prezzo per qualsiasi posizione si scelga, tanto sposando i diritti umani che scegliendo di restare in silenzio. E io preferisco la voce”.

Noa ha annunciato un disco nuovo, nato dai fatti del 7 ottobre del 2023. Si chiamerà ‘The Giver’, colui o colei che dà. “Non è ancora pronto – dice – ma racconta l’umanità, la sua imperfezione che è bellezza. Ovviamente racconta anche della bellezza del donare, di nostra iniziativa, prima che lo facciano gli altri per noi”. Donare è per Noa anche provare a riscrivere il significato dell’espressione “dal fiume al mare”, così che “il fiume e il mare siano di tutti”, un percorso che chiama “di detossificazione del male”.

Artivista

Quanto alle parole alle sue spalle, riportate all’inizio. “Io, cantante ebraica di origine yemenita, ho cantato di fronte a tre pontefici: qualcuno dovrebbe scriverci un romanzo”. Così diceva Noa quasi dieci anni fa, nei giorni luganesi del suo Estival Jazz. La stima per Papa Francesco non è cambiata: “Continua a voler creare ponti. Siamo su una strada pericolosa, ma cambiando mentalità possiamo cambiarne insieme la traiettoria”. Creare ponti è quello che fa anche Mira con ‘Artivista’, una comunità delle arti e per le arti. Sul suo sito si legge: “Ho dedicato la mia carriera al messaggio della solidarietà umana e alla compassione, e continuerò a farlo perché sono cose in cui credo”. Oggi Mira offre ad associazioni no-profit la sua esperienza nello storytelling, musicale e non. “‘Puoi dire che sono un sognatore’, dice la canzone, ‘ma non sono l’unico’”, conclude Mira. “Ho amici a Gaza sotto le bombe che non hanno perso la speranza nella pace”. E si rivolge ai media in platea: “È lavoro vostro quello di amplificare le grida di pace e non di guerra, perché su quelle i signori della guerra hanno sempre i microfoni accesi. Aiutateci a dare microfoni e telecamere a persone con idee migliori”.