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Prendere gli angeli a pugni

Esce per Mondadori ‘La ragazza di Savannah’, biografia romanzata dedicata a Flannery O’Connor firmata da Romana Petri

(Facebook/Mondadori)
18 aprile 2025
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Cosa può esserci di interessante nella biografia di un’autrice malata, morta a quarant’anni di lupus e vissuta con la madre per quasi tutta la vita in una fattoria in Georgia, circondata da polli e pavoni? Ci sarebbe forse poca carne per un libro, se la persona in questione non fosse Flannery O’Connor: romanziera e maestra del racconto breve, scrittrice dalla penna feroce, tagliente, capace con le sue storie sulla brava gente di campagna – tanto per citare uno dei suoi capolavori – di strappare le budella al lettore, gettarle ai cani e lasciarlo agonizzante sul selciato, ancora stordito dalle pagine appena lette.

Un ritratto completo

Non si può fare a meno di chiedersi chi fosse questa donna tanto abile e spietata con le parole da risultare a tratti indigesta. ‘La ragazza di Savannah’, godibilissima biografia romanzata firmata da Romana Petri e appena edita da Mondadori, ripercorre minuziosamente la vita della scrittrice restituendone un ritratto completo e complesso, dove la vita privata si intreccia a quella letteraria ed editoriale, scandita dal ticchettio frenetico della macchina da scrivere e dal canto dei pavoni.

Non potendo vivere un’esistenza autonoma e piena, O’Connor si fa bastare quello che ha intorno, attinge dall’ambiente in cui vive, diventa a tutti gli effetti una scrittrice del Sud, spesso contestata, poco compresa, aspramente criticata. La madre viene abitualmente fermata da vicini e conoscenti, terrorizzati all’idea di finire in uno dei racconti della figlia.

Le sue sono storie di tutti i giorni, popolate da personaggi comuni, umili, balordi, peccatori, a cui accade qualcosa, un cambiamento che gli mette la vita sottosopra.

Il profondo cattolicesimo e la malattia sono senz’altro le prime informazioni alla portata di tutti, facilmente rintracciabili su Wikipedia (pare anche che da piccola tentasse di prendere a pugni il suo angelo custode per levarselo di torno).

Guai però a liquidarla come semplice scrittrice religiosa. O’Connor, come lei stessa dichiara, compone senz’altro in nome di Dio, ricerca la fede e, al contempo, accusa quel mondo cattolico e bigotto che guarda al credo come a un’assicurazione sulla vita. Non sempre, però, è semplice rintracciare il divino, nei suoi scritti. Si potrebbe anzi parlare, a tratti, di blasfemia.

Romana Petri dimostra di aver fatto un lavoro eccezionale nel raccontarne la vita, cogliendo il senso profondo della sua poetica. ‘La ragazza di Savannah’ è un’opera nell’opera. Un romanzo appassionante e una guida preziosa per entrare nella mente di una delle autrici più potenti e ostinate del Novecento. Notevoli sono gli estratti dai tantissimi epistolari che O’Connor intrattenne con amici, conoscenti e ammiratori: “Il tema (della conferenza, ndr) sarà il racconto di cose brutali usate come strumento per scioccare gli ottusi. Ce ne sono anche tra i cattolici, lo sappiamo bene. Gente moralmente ottusa. Che è una vera perversione. Ecco, dirò che scrivo queste storie per loro che non sanno da che parte prenderle. Qualcuno mi chiederà qual è la parte giusta e io risponderò che è sempre la stessa: avere la forza di accettare la grazia oppure continuare a rifiutarla. Aggiungerò che questa seconda scelta è molto frequente soprattutto tra i cattolici. Tu cosa dici, sarò troppo scioccante? Non posso farci nulla, odio il perbenismo soddisfatto e sorridente. Credo che concluderò l’intervento con queste parole: ‘Tra me e la maggior parte degli scrittori c’è una sensibile differenza. Loro pongono l’uomo al centro della loro storia. Io ci metto solo Dio’. Troppo forte?”.