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Un’omissione di voci che nutre stereotipi

A Bellinzona pomeriggio di discussioni su razzismo nei media, con giovani direttamente toccati e giornalisti, per indagare questa realtà e cercare rimedi

(Imago)
28 marzo 2025
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Spesso succede che, come nel dibattito in vista della votazione federale del 2021 relativa al divieto di dissimulare il viso, sulla scena mediatica si parli moltissimo di una categoria di persone senza interpellare nessuna di loro. Nel caso specifico era capitato con le donne musulmane la cui voce non era quasi mai stata resa parte integrante degli animati discorsi sul tema. Insomma, come dimostrato anche dalle ricerche scientifiche, quando al centro di notizie ci sono gruppi esposti a discriminazione razziale, su giornali, radio, televisione e portali online raramente si prende in considerazione anche la loro prospettiva o si approfondiscono gli impatti che un discorso pubblico, spesso lontano dalla quotidianità delle persone toccate, ha per intere comunità. Questo è uno dei modi in cui si manifesta il razzismo strutturale, ovvero quel razzismo prevalentemente inconscio che riguarda tutti gli ambiti della società: dal lavoro alla formazione, dallo spazio pubblico alla sanità, dall’amministrazione pubblica fino, appunto, all’informazione. Proprio per cercare di riflettere su questo aspetto e in particolare per favorire una più ampia partecipazione e pluralità di prospettive nei servizi proposti dai media, nell’ambito della “Settimana cantonale contro il razzismo” è in programma un evento dal titolo ‘Bias in prima pagina? Media e (anti)razzismo’. L’appuntamento è per domani, sabato 29 marzo, alla Scuola cantonale di commercio a Bellinzona (aula multiuso e aula magna, stabile A) dalle 15.15 alle 19. Il pomeriggio è una proposta del progetto Dialogue en Route in collaborazione con le associazioni Giovani musulmani della Svizzera italiana, Tamil Youth Organization e Collettivo Asu che riunisce persone di origini asiatiche provenienti da diverse regioni della Confederazione. «Dialogue en Route – spiega Alice Cavadini, collaboratrice del progetto nonché già collaboratrice del Servizio per la lotta al razzismo del Dipartimento federale dell’interno – è composto da giovani con background ed esperienze biografiche differenti e vuole puntare alla partecipazione attiva dei giovani stessi nella nostra società, favorendo così anche un più ampio ventaglio di vedute sul mondo».

In Svizzera il razzismo esplicito e volontario sui media «è raro – rileva Cavadini –. È invece più diffuso nella sua forma implicita e in questo rispecchia l’intera società in cui viviamo. La ricerca sul tema, benché nel nostro Paese non sia ancora molto sviluppata, mostra chiaramente che quando si parla di alcuni gruppi di persone o quando ad esempio questi sono coinvolti in crimini o condanne, si tende alla generalizzazione e a ricorrere a stereotipi senza poi dare la parola a persone che appartengono a tali gruppi. Al contempo, storie ed esperienze di vita positive, che rispecchiano la quotidianità e le diverse realtà delle persone toccate da queste narrazioni, trovano invece poco spazio nei media, e, se lo trovano, sono spesso etichettate come eccezionali. Questo fa sì che nei lettori, ascoltatori o spettatori si rafforzino certi schemi di pensiero e certi collegamenti infondati o limitanti che continuano a essere perpetrati nella società». Detto altrimenti, specifica la nostra interlocutrice, «senza una contronarrazione, il rischio è che le persone che si trovano in posizioni di potere e di privilegio continuino a reiterare questi preconcetti che sono alla base del razzismo sistemico». Lo scopo dell’evento è proprio di «dare spazio a una molteplicità di punti di vista e di ragionare assieme a chi lavora quotidianamente con le notizie sulla possibilità di instaurare un altro tipo di discorso all’interno dei media che prenda in considerazione anche il confronto con i gruppi di persone specifici implicati», dice Cavadini.

Tre laboratori e una tavola rotonda

Il pomeriggio è strutturato in una prima parte (fino alle 17) denominata ‘World Café’ che prevede tre laboratori tematici e a cui farà seguito (dalle 17.30) una tavola rotonda con rappresentanti dei media sul tema della comunicazione e del linguaggio al fine di discutere su sfide e potenzialità di un approccio sensibile al razzismo in questo ambito. «Nei workshop dai titoli ‘Dietro la storia’, ‘Voci in conflitto’ e ‘All you can eat di stereotipi’ le tre organizzazioni giovanili si propongono di approfondire la rappresentazione di persone musulmane, tamil e cinesi nei media e analizzare degli esempi concreti di contributi giornalistici che hanno presentato una visione stereotipata di tali gruppi razzializzati», spiega Cavadini. Si tratta di un momento volto allo scambio con persone che sono direttamente toccate da quello che viene scritto e detto riguardo ai loro gruppi di appartenenza dai media in modo indifferenziato, se non discriminante.

La tavola rotonda è invece pensata per fungere da compendio alle discussioni dei laboratori e ampliare gli orizzonti sulla tematica con dei rappresentanti dei media. Saranno presenti il giornalista de ‘laRegione’ Dino Stevanovic che si occupa soprattutto di cronaca del Luganese; la redattrice culturale Elisabeth Sassi attiva presso la Rsi e il settimanale ‘Azione’; la presidente dell’associazione Rom in Ticino Sofia Sadiki che tra le altre cose porta avanti un lavoro sui social media per cercare di offrire una contronarrazione fruibile. Modererà Aida Demaria di Dialogue en Route, mentre Cavadini interverrà come relatrice per contestualizzare il fenomeno sulla base degli studi più recenti pubblicati in Svizzera. L’approccio, tiene a sottolineare Cavadini, «non sarà quello di puntare il dito contro i media tacciandoli di razzismo, questo equivarrebbe a ridurre la complessità del fenomeno. Si desidera invece promuovere un dialogo che permetta di prendere coscienza del fatto che anche in questo ambito ci sono rappresentazioni razziste, quindi di riconoscere questa realtà e di indagarla per poi elaborare delle soluzioni in dialogo con giovani direttamente coinvolti e con una visione antirazzista del mondo». I media svolgono un ruolo fondamentale per la formazione dell’opinione pubblica e di conseguenza, conclude Cavadini, «possono anche rivestire un ruolo essenziale nella sensibilizzazione e nel contrasto al razzismo».

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