BELLINZONA

Casiraghy, Weiss e il piacere di stare insieme

Proiettato alla Biblioteca cantonale il documentario di Silvio Soldini ‘Il fiume ha sempre ragione’, dedicato all'arte dei due editori e tipografi

Stefano Vassere con Alberto Casiraghy e Silvio Soldini
(@laRegione)
6 novembre 2023
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Tutte le cose che esistono, azzardano inconcepibili mitologie, sono state create in momenti di silenzio. E poi, all'atto della creazione, un suono: nitido, pacato, opportuno, esatto. Oppure una combinazione di suoni: armoniosa, impeccabile, perfetta. Nel documentario di Silvio Soldini, ‘Il fiume ha sempre ragione’ (proiettato lunedì 6 novembre all'Auditorium della Scuola cantonale di commercio di Bellinzona), si mostrano diversi esempi, ognuno dei quali irripetibile, della nascita di un prodigio cartaceo e della sequenza di suoni che la precedono, la annunciano, la producono. Si tratta dei piccoli, provocatori, assurdi e deliziosamente inutili libri degli editori e tipografi Alberto Casiraghy, lombardo, e Josef Weiss, turgoviese: pacifici ordigni di carta lanciati a bomba contro i valori dell'editoria turbocapitalista, le velleità ansiogene degli uffici stampa, le librerie ridotte a supermarket, con lo snervante ricambio di libri industriali dalla scadenza ravvicinata, e la rincorsa patologica alle mode letterarie. Nulla di tutto questo nell'universo parallelo di Casiraghy e Weiss, che oppongono l'estro del momento e la felicità dell'intuizione alle ricerche di mercato, la dimensione letteralmente casalinga ai capannoni delle fabbriche, le attrezzature vetuste e ostinatamente analogiche alla grandeur della produzione su vasta scala, il puntiglio artigianale all'asettica infallibilità del computer, la lentezza assaporata un secondo dopo l'altro all'insostenibile velocità delle macchine. E i suoni, dicevamo, i rumori delle macchine che scandiscono un tempo monastico come se fossero il ticchettio di un orologio (ovviamente meccanico), con il sottofondo di animali domestici, caffettiere, risate. E i movimenti delle mani, che ricordano quelli dei chirurghi, a manipolare carta e forbici, rilegare e cucire; o quelli dei vasai, ad applicare la giusta pressione; o quelli dei prestigiatori, a far nascere parole e frasi dal nulla allineando caratteri, rifinendo, sistemando, aggiustando.

Un matrimonio tra spirito e materia

E tutto il processo dall'ideazione alla realizzazione, una cerimonia religiosa officiata dall'editore-demiurgo per celebrare un matrimonio tra spirito e materia, da cui nasce l'oggetto che, prima ancora di essere letto, va toccato, accarezzato, annusato, guardato. E poi, sopra ogni altra cosa, l'arte dell'incontro, perché dietro ognuno di questi libri c‘è un rapporto umano, e anzi i libri sono occasioni per chiedere e offrire amicizia e stare insieme. "Bisogna lasciare aperta la porta: è questa la cosa importante", ammonisce Casiraghy a proiezione finita, parlando anche a nome di Weiss, mancato tre anni fa: può sempre capitare qualcosa di nuovo, un imprevisto, un giro inatteso dei dadi, che faccia guardare le cose in un modo nuovo e inatteso, dando forma, sostanza, consistenza a libri ancora da immaginare. La condizione fondamentale è che non manchi la poesia, che a Casiraghy, cultore degli aforismi, interessa più delle poesie. Non è un caso, del resto, se l'aggettivo più adoperato da Weiss nel racconto del suo lavoro e nell'illustrazione dei suoi risultati sia ’fantastico': non solo per l'incredibile opportunità di dare vita a ogni sfogo della fantasia, ma perché ogni giornata può rivelarsi diversa dalle altre. E così si potrà scherzare su Bach raffigurando un clavicembalo sotto l'azione di un temperamatite, come nelle intersezioni tra mondi diversi disegnate da Luigi Serafini, teorizzate da Raymond Roussel e occasionalmente suggerite da Giorgio Manganelli, per il quale il ticchettio di una macchina per scrivere nasce "dai capricciosi amori di un cembalo estroso e di una mite mitragliatrice giocattolo". Tutto questo ci viene restituito dallo sguardo partecipe e rispettoso di Silvio Soldini, che lascia i due protagonisti liberi di essere sé stessi, senza un copione prestabilito, perché il documentario si scrive mentre si fa, così come il fiume, seguendo naturalmente il suo corso, alla fine ha sempre ragione.

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