Culture

Benvenuti alla ‘Croce bianca’

Avventurieri, donzelle e poeti della locanda di Roveredo nel libro di Giorgio Tognola. Il 17 giugno, al Dazio Grande di Rodi Fiesso, incontro col pubblico

Un misterioso ‘rosso’ giunge a Rorè il 15 aprile 1815 e si firma come Ugo D.D.
15 giugno 2023
|

Quando gli ricordiamo che è stato definito “un cacciatore di storie” lui sorride sornione e forse – giustamente – un po’ compiaciuto. Poi Giorgio Tognola si conferma buon affabulatore e racconta: “Sono nato a Grono. Erano tempi duri caratterizzati dalla guerra, i miei genitori furono costretti spesso ad affidarmi ai miei zii. Quelli di parte paterna erano contadini che mi portavano in montagna, sull’alpe; gli zii di parte materna invece erano persone legate all’insegnamento, che amavano raccontarmi delle storie. Sono loro che mi hanno fatto sfogliare i primi libri. Ricordo inoltre una prozia, migrante negli USA dove aveva vissuto per lungo tempo e che amava raccontarmi delle esperienze fatte nel nuovo continente.“

C’era la nonna, alias Ursula Iguràn, a ispirare i racconti di Gabriel Garçia Marquez laggiù a Macondo, mentre in Mesolcina c’erano i familiari di Tognola a insinuargli il tarlo della curiosità, svelandogli con i loro ricordi eventi degni davvero di un “realismo magico” cui Tognola – per evidenti ragioni anagrafiche – non ha vissuto di persona, ma che poi a sua volta ci racconta nei suoi libri; ricordandoci che “ho lasciato briglia sciolta alle ipotesi e alla fantasia, senza naturalmente dimenticare quanto le carte ci hanno svelato”.

Creare storie appetibili per il lettore partendo da quanto scoperto negli archivi o sfogliando vecchie pubblicazioni, riempiendo poi i “vuoti” lasciati da documenti incompleti o andati persi con una fantasia che volentieri si affianca all’ironia. È questo il fil rouge che caratterizza tutta l’opera di Tognola: da “Miserere mei” (quattro racconti tra stregoneria, religione, emigrazione e politica) a “Pur di magnar la suppa”, passando da “Il tascapane” (sei racconti e il diario di un soldato tra ’600 e ’900).

Proprio da un racconto sentito probabilmente davanti le fiamme di un camino sull’alpe che Giorgio sente per la prima volta l’espressione “Ross, ross… gnangh el diavul al ta cognoss!” Ci fu un rosso di capelli che lasciò il segno in una locanda di Roveredo e proprio “All’insegna della Croce bianca” s’intitola il nuovo libro di Tognola (Ed. Ulivo). Questo misterioso “rosso” giunge a Rorè il 15 aprile 1815 e si firma come Ugo D.D. Il suo vero nome è Ugo Foscolo, il quale “non aveva voluto giurare fedeltà a Napoleone e aveva lasciato la Lombardia raggiungendo la valle della Moesa, con l’intenzione di proseguire poi verso nord. Non fu il solo fuggiasco che giunse alla Locanda: vi finirono rivoluzionari sconfitti, esuli travolti dagli sconvolgimenti politici che avrebbero cambiato la storia dell’Europa, dalla Spagna all’Ungheria. Ma prima ancora, secoli prima, vi trovò rifugio anche Willa (in avanzato stato di gravidanza, specifica l’autore), moglie di Berengario e Regina d’Italia dal 950 al 963. E naturalmente, siccome Roveredo è all’imbocco del Passo del San Bernardino, come ogni zona di transito attirò pure gente di malaffare, protagonista di traffici non sempre leciti.

Ma torniamo al Foscolo: le sue odi sono permeate di un pessimismo a volte disarmante. E invece l’uomo Ugo…

“Era abbastanza ‘viscoro’! A Grono sedusse la figlia di un contadino assai benestante, nonché la più bella ragazza della valle. Gli altri suoi corteggiatori non la presero proprio bene e fu solo grazie a una soffiata che Foscolo non finì ‘all’ombra d’un cipresso o dentro un’urna’.” Il Foscolo – ha poi scoperto Tognola rovistando tra questo e quell’archivio – ebbe una tumultuosa relazione con Veronica Pestalozzi, giovane sposa di un tale Pestalozzi, banchiere zurighese; la quale – ‘viscora’ anche lei! – aveva già un amante: Guido Sorelli. Chi era costui? Fiorentino, avvocato mancato e divenuto insegnante di lingue, giunse in tal veste a Zurigo. Tra le sue allievi ecco l’avvenente Veronica: se ne innamora, ricambiato. Le cose si complicano quando Sorelli scopre che “anche il Foscolo era ammesso a libare nella tazza della voluttà, che credea riserbata a lui solo, non è a dire se muovesse acerbi rimproveri e minacce alla signora, la quale gettandosi a' piedi di Ugo gli fece la sua confessione proponendogli di fuggire con lui”. Chi riassume le disavventure di questo triangolo (di cui non vi sveleremo certo l’epilogo!) è invece Pietro Gori, l’autore del celeberrimo inno anarchico “Addio Lugano bella”, il quale aggiunse una biografia del Foscolo nella raccolta delle “Opere poetiche” di quest’ultimo, pubblicate a Firenze dall’editore Gherardo Casini nel 1885.

Ross, ross… gnangh el diavul al ta cognoss! “A Grono – scrive divertito Giorgio Tognola – noi monelli apostrofavamo così coloro che esibivano una chioma rossa. I vecchi che sedevano davanti al boccale assaporando l’acre profumo del toscanello, insinuavano pure malignamente che, con buona probabilità, il colore dei capelli rivelasse l’illustre ascendenza foscoliana”

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE