La recensione

Storia di Sofia tra la morte e la vita

Alice Redini grande protagonista in ‘Dodici metri di apertura alare’ di Tommaso Giacopini, visto al Foce

A fine aprile al Teatro Winkelwiese di Zurigo
(Marcus Lange)
26 marzo 2023
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Tommaso Giacopini ha debuttato al Teatro Foce di Lugano con lo spettacolo ‘Dodici metri di apertura alare’, di cui è autore e regista. Lo ha fatto venerdì scorso. È la storia di Sofia, protagonista di un cambiamento interiore innescato dalla morte improvvisa della madre in concomitanza con la scoperta di essere incinta. Al centro del palco, la scenografia di Renata Giacopini si presenta essenziale: delle travi rosse, che richiamano l’abito a fiori di Sofia, delineano il perimetro di un grande cubo, un salotto al cui centro sta uno scomodo divano blu, ma più che un soggiorno forse è la gabbia emotiva che Sofia proverà, attraverso la parola, a scardinare. Quello che Sofia desidera è essere ascoltata, ma il suo compagno Leonardo è incapace di mettere da parte sé stesso e di vedere la sofferenza che sembra abbattersi come un meteorite, all’improvviso.

Sia il testo che la regia conferiscono un buon ritmo allo spettacolo alternando monologhi e dialoghi mantenendo sempre alta l’attenzione del pubblico. Se da una parte i momenti più incalzanti introducono cambiamenti improvvisi del punto di vista e incursioni inaspettate di nuovi personaggi, dall’altra, passaggi più dilatati permettono di godere delle parti poetiche del testo. Dal racconto del rapporto di Sofia con gli altri personaggi secondari emergono gli indizi di relazioni complesse e tormentate: tutte queste voci si sintetizzano in un unico attore, una sfida ambiziosa, accolta abilmente da Manuel Severino che mette a disposizione il suo corpo per dar vita non solo a Leonardo, ma anche al figlio che deve ancora nascere, al padre di Sofia come anche alla madre scomparsa. In questo groviglio di sentimenti e relazioni il punto di vista che ci viene proposto è sicuramente quello di Sofia, il suo stato di solitudine e di abbandono, ma dal sottotesto emerge anche come lei stessa alimenti questo circolo di aspettative disattese che genera dolore.

Il microcosmo emotivo di Sofia trova espressione, attraverso delle metafore, nella narrazione della fatale estinzione dei dinosauri. Sofia, che improvvisamente si ritrova indifesa e vulnerabile sotto una pioggia di meteoriti che fa a pezzi il suo mondo, elabora il disastro mettendo al centro dei suoi monologhi immagini di squali bianchi e pterodattili con dodici metri di apertura alare, ossia: i suoi rimpianti, i non detti, la paura di non essere all’altezza come futura madre, ma anche il timore dell’ereditarietà degli errori dei suoi genitori e la paura di non poter essere diversa da loro. Questi due mondi apparentemente inconciliabili creano un ponte tra il presente e il passato, ma anche con quello che si prospetta essere un futuro sempre più vicino e concreto. La risoluzione finale, il lieto fine, va a smussare quella violenza che caratterizzava le versioni precedenti del testo, lasciando ora spazio alla speranza.

L’interpretazione di Alice Redini (Sofia), grande protagonista, spazia da una lettura più commovente alternata ad altri momenti più ironici. Sicuramente la sua bravura sta nel portare alla superficie i vari strati di significato del testo, conferendo a ciò che è astratto e invisibile tangibilità. ‘Dodici metri di apertura alare’ è uno spettacolo pulito e ben controllato. Un debutto iniziato in verità nel 2021, con una lettura proprio allo Studio Foce al termine del percorso drammaturgico Luminanza, che dopo la prima messa in scena integrale di questo fine marzo non sembra destinato a esaurirsi, ma anzi è già parte del programma del Teatro Winkelwiese di Zurigo, dove andrà in scena dal 27 aprile.

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