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Flavio Cotti, uno ‘charmant’ che dava e chiedeva molto

Uscita con Armando Dadò la seconda edizione ampliata de “La Svizzera nell'ora della verità”: un ampio spaccato di vita dell'ex consigliere federale locarnese

Flavio Cotti a Lugano nel 2017
(Ti-Press)
16 aprile 2021
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Profondamente europeista, “charmant” come (forse) solo un ticinese, in Svizzera, riesce ad esserlo, determinato fino al limite dell'ostinazione, fine argomentatore, gran lavoratore che tanto lavoro richiede anche a chi opera con lui. È la sommaria ma significativa descrizione di Flavio Cotti che emerge dagli interventi dell'ex collega in Consiglio federale (e di partito) Doris Leuthard e dello storico Urs Altermatt, i cui contributi aprono la seconda edizione ampliata de “La Svizzera nell'ora della verità”, libro intervista edito da Dadò in cui Cotti si concede a colloquio con Moreno Bernasconi e in cui figurano anche i principali discorsi da presidente della Confederazione nell'anno del 700°. “Da consigliere federale – scrive Altermatt – Flavio Cotti si è mosso come un classico democristiano: moderatamente conservatore su questioni etico-morali, liberale sulle questioni ecclesiali controverse, difensore dell'economia sociale di mercato, parsimonioso nella politica finanziaria e cristiano sociale nel campo della politica sociale, europeista in politica estera”. Insomma, “un centrista con una sensibilità sociale”.

Il libro è appunto costruito sui discorsi che Cotti tenne da consigliere federale dal 1986 al '91 e, in quell'anno, da presidente della Confederazione nell'anno del 700°. Ed è un viaggio emozionante, quello proposto sul filo di opinioni espresse come membro del governo, ticinese, a nome della Svizzera federale. I temi spaziano dall'identità nazionale alle riforme necessarie per mantenerla, rafforzarla o recuperarla; dal sistema collegiale svizzero alla svolta europea; dalla solidarietà internazionale quale “impegno etico fondamentale” ai distinguo in fatto di accoglienza (riprendendo una lettera scritta da presidente a chi protestava, nel '91, per il rimpatrio di alcuni profughi curdi datisi alla clandestinità); e, ancora, dalla sostenibilità ambientale ai rapporti tra fede e politica, fino al plurilinguismo.

Importante anche l'apparato fotografico, dove il profilo internazionale di Flavio Cotti viene sottolineato da scatti accanto ai grandi del mondo: Chirac, Nelson Mandela, Boris Eltsin, Helmut Kohl e Kofi Annan, solo per dirne alcuni. Ma non mancano gli scatti privati: un bel sorriso sul divano di casa in compagnia con i nipotini; il giorno del matrimonio con Renata; a colloquio con l'amico di sempre e sostenitore politico Ugo Guzzi; sui monti di Lodrino abbigliato da trekker.
Aspetti privati che emergono anche, ad esempio, dalle interviste concesse a Moreno Bernasconi. Alla domanda se “l'impertinenza” di alcuni giornalisti lo indispettisse, così rispose Cotti: “Non posso negare di avere un temperamento assai sensibile. Ma le critiche bisogna saperle accettare anche se fanno dispiacere. Anche i consiglieri federali devono sapersi rimettere in discussione, rivedendo se necessario le loro argomentazioni”. Tuttavia, proseguiva Cotti, “ciò che mi infastidisce terribilmente è la mancanza di conoscenza dei problemi da parte di alcuni giornalisti. Non si può pretendere di saperla lunga quando si ignorano in buona parte i termini della questione su cui si sta intervistando un uomo politico. Quando è così si cade inevitabilmente nella superficialità, nella semplificazione eccessiva e tutto sommato nella disinformazione”. Una lezione senza tempo.

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