Culture

Brevi cronache notturne, tra territori e poesia

Microcosmi: sguardi sulle cose che cambiano, nel territorio e nelle persone, tra passato, presente e futuro

(Foto Ti-Press / Francesca Agosta)
8 agosto 2020
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Quasi appesi a un filo che si estende oltre il vetro di casa, la notte porta su un versante fatto di dolore e ragione, lo dice bene Iosif Brodskij nel dedalo dei suoi poeti, Frost, Kavafis, Marina Cvetaeva e altri, perché se s’inizia a leggere quando la luce diminuisce i volti possono tornare a dire, prendendo corpo. “Ero lì, dunque, steso sul mio letto disordinato, in questo luogo (per te) inimmaginabile, in una fredda notte di febbraio, circa duemila anni dopo”. Ecco la lettera a Orazio. Guardiamo le città di Pessoa, traboccanti nel giorno e che di notte “traboccano dell’assenza di quel movimento insensato”.

Sono andato di notte intorno all’Ovale che a Chiasso sembra aver preso una posizione definitiva, interamente consegnata a chi transita a nord e sud quasi fosse un luogo d’incontro e di promessa. Lo scudo argenteo, gli oblò che lo attraversano, riconducono a un paesaggio dissolto nelle cose ‘senza storia’, pensando al bel libro scritto anni fa da Fabio Pusterla. “Sorprendere in silenzio la città addormentata/portando la formula del freddo/e il cielo muto…”. E cos’è la storia? La grande, massiccia coltre di scritti e date che abbiamo conosciuto a scuola, i graffiti di Paestum e le grotte di Lascaux, le epoche o la visione minima riconosciuta nelle storie di vita che ne fanno una possibilità narrativa, irrinunciabile? I diari nascosti, i fogli dimenticati, gli appunti. C’è la notte invernale quando ancora di più di altre stagioni sentiamo che i nostri mutamenti sono parte di qualcosa che appare fermo, sotto terra e che invece sta lavorando per il suo futuro. E quella estiva, degli amori sulla spiaggia e delle divisioni, la calda estate che evapora sull’asfalto incendiato dal sole e dalle gomme che tutto il giorno passano sopra la pianura.

L’Ovale, sperimenta quella che è una solitudine estrema, non decolla per altri pianeti eppure sembra a un passo dal farlo, veloce come un Ufo, capace di un decollo senza pari, vertiginoso. Non si apre, resta fermo, immobile, tuttavia riesce a cogliere per un tempo infinitesimale migliaia di sguardi; autisti di camion, motociclisti, famiglie in auto che sono tornate a viaggiare dopo il vuoto degli scorsi mesi. Allora, solo in quel momento si dà ragione del suo permanere, di una splendida decadenza come altre immagini che la modernità consegna. Modernità, postmodernità? Nella notte, quando il turbinio di cui parlava Pessoa rallenta, il paesaggio edificato appare in una serie di forme che negano reciprocamente un concetto d’insieme. Il riflesso è spiazzante.

Osservazioni dall’alto

Nel 2005 ho avuto il piacere di un invito a un seminario organizzato dall’architetto Peter Zumthor, unitamente al poeta Antonio Rossi. Un’osservazione nella notte, ‘Nightstories,’ protesa sul territorio che va da Chiasso al Monte Generoso, dove lo sguardo sul paesaggio incontra strutture lucenti, le vie del traffico, le piattaforme dei servizi e quelle industriali. In tutto questo, sta il fascino del perdersi o tornare sempre allo stesso punto, volendo invece cercare uno sbocco nuovo.

La notte entra in questa rappresentazione che inquieta, ma facendo questo svela, rivela, portandoci a vedere cose che di giorno non si vedono, così abbracciate dal tutto, compresse, sovrapposte. Influenza del luogo su di noi che guardiamo: il gioco che si manifesta tra soggetto e oggetto. Nelle strade su cui si cerca di ascoltare la vastità dell’universo, la notte opera sul crinale dei muri dove insetti sconosciuti, oscuri, posano sotto il cielo, intessono trame fatte di ripetizioni. Dolore, stupore, sono ritagli di bocche e accenti, silenzi che hanno nutrito la vita.

I ruderi di Castellaccio

Di mattino presto passo nel bosco che porta ai ruderi di Castellaccio, tra Capolago e Melano. Negli ultimi metri di asfalto la strada è impregnata di foglie, di rami che nella notte dopo forte vento e pioggia lasciano intravedere i loro ultimi movimenti, un appello a quello che verrà. Iniziata la prima parte dello sterrato che conduce a una piazzetta rotonda, le luci arrivano a una a una dalla sommità, consegnate a qualche fruscio di animale. La notte si manifesta ancora, ascolta e trascina dietro sé le ultime testimonianze di quello che nell’attività e influsso della luna viene a essere vita che genera. Anche se nel farsi del giorno incontro camminatori ben equipaggiati, l’ultimo gesto è per il lago che tocca Riva San Vitale e Melide e che prepara ora dopo ora a un’altra oscurità, penetrante.

“La notte indugia ancora nel profondo della foresta: la notte e tutto ciò che questa parola significa, con la consapevolezza della preda, dell’amore, del vagabondaggio, della gioia di vivere fine a se stessa e della lotta per la sopravvivenza. Questo è l’istante in cui non solo nel folto del bosco, ma anche nell’oscurità dei cuori umani accade qualcosa”. Sándor Márai, racconta il duello di due uomini che si incontrano dopo quarant’anni, un segreto li tiene sospesi; “un duello senza spade”, teso, fitto di dialoghi e allo stesso tempo aperto a immagini purissime che entrano nella storia tra interni ed esterni. Il castello, la radura.

Tornando indietro, cerco di fissare questi istanti nella memoria così come il viaggiatore di José Saramago. “Il tempo non si ferma. Il viaggiatore ritorna indietro per la stessa strada, cercando di fissare tutto nella memoria”. Penso che ci sia una memoria diurna e una notturna, quest’ultima densa di oblio e per questo capace di ricordare, estrarre un dettaglio da una matassa complessa difendendo alcuni momenti della nostra vita dall’estinzione.

Piattaforme lunari

Verso le tre di notte, con il mio scooter ho raggiunto la stazione di Chiasso, è tardi mi dico. Faccio fatica a capire la relazione assoluta tra tempo e movimento, sembra invece che qui ci sia un tempo senza movimento e l’unica variante che accolgo è quella di un vagone che sbatte contro un altro, i fari e la breccia che porta al Palapenz. La stazione è ovunque il luogo dove siamo messaggeri anche se a noi sembra di non avere nulla da dire; il detto verrà, sarà quello di altri mentre prendiamo posto dove possibile e dormiamo.

Tra l’Ovale e questa parte di mondo che più di tutti conserva una sua specificità, ripartendo sfioro due piattaforme di servizio, le luci a tutte le ore. Lunari, nel loro deserto, aspettano che qualcuno torni salutando, per poi riprendere il cammino.

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