Culture

Se la banca si fa cinese

'La strategia dell'acqua' è la nuova serie web Rsi: uno sguardo dissacrante dentro un simbolo elvetico (al tempo dei cinesi)

26 gennaio 2018
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Le montagne, gli orologi, il cioccolato, il formaggio (coi buchi), Heidi, Guglielmo Tell e Roger Federer. Lista sommaria ma rappresentativa – regolarmente rispolverata – dei simboli svizzeri. E poi ce n’è un altro, il più controverso e malconcio: le banche. Ad esso si rivolge la nuova serie web prodotta dalla Rsi, ‘La strategia dell’acqua’ E lo fa con un felice piglio ironico-dissacrante, ispirato da quanto di più (a prima vista) lontano, ‘L’arte della Guerra’ di Sun Tzu, trattato di strategia militare del IV secolo a.C. La cultura sa essere sorprendente e rivelare imprevedibili ganci con l’attualità in massime come “Sopravvivono solo le spie che ritornano a fare rapporto” o “L’arte della guerra non consiste nel confidare che il nemico non verrà ma nella sicurezza di accoglierlo adeguatamente”.

‘La strategia dell’acqua’ è il frutto di un concorso promosso dalla Rsi nel 2015 per scoprire giovani autori, Web Series Lab, che ha premiato l’idea di Antonella Anastasia, Andrea Stephani e Samuela Lepori (seguiti nella scrittura da Francesca Serafini). La serie sarà online da lunedì 29 gennaio (canale YouTube Rsi o lastrategiadellacqua.com). Dopo aver visto i primi tre episodi (su sette), ci pare possa inserirsi degnamente in questa “nuova tradizione” Rsi, già pluripremiata nel mondo per le sue prime produzioni, ‘Arthur’ e ‘La stirpe di Orazio’. Diretta da Fabio Pellegrinelli (già regista di ‘Notte Noir’), è interpretata da Davide Strava, Alexandra Camposampiero, Fausto Beretta Piccoli, Giancarlo Previati, Diego Benzoni, Rocco Schira e Nicola Cioce. Ogni episodio ospita poi qualche comparsata, come Flavio Sala, Yor Milano (pure in versione burlesque...) o Tatiana Winteler, oltre alle regolari personificazioni della fervida fantasia del protagonista, Cion Cion Blu (Song Cong) e il Guerriero Cinese (Yoon C. Joyce).

'Non sentirti un carnefice'

Sarà la distanza dalle consuetudini produttive e dalle censure tipicamente televisive, sarà quel senso di libertà e di conquista creativa che il web ancora infonde, sarà l’imperativo per una beneamata azienda di Stato di sopravvivere conquistando il gusto di un nuovo pubblico, sarà che anche dietro questa serie ci sono delle menti giovani... Fatto sta che ‘La forma dell’acqua’ pare confermare una vocazione del web ad osservare la nostra realtà con occhio critico, in questo caso con un gusto comico-satirico a volte forse un po’ forzato, ma spesso efficace. Nella filiale ticinese di una banca svizzera acquisita dai cinesi, si prenda la scena della sostituzione del cornuto teschio di stambecco con un sorridente ritratto di Mao, o le massime del direttore-squalo: «Adattarsi e sopravvivere o resistere e soccombere!» o «Col tempo ci si affeziona ai colleghi, è naturale, ma tu non pensare di essere un carnefice».

In effetti, se al protagonista, Giona, trentenne disilluso, è stato assegnato il compito di tagliare una testa fra i suoi colleghi, lui resta convinto del fatto che «al netto di qualche crollo in borsa il mondo della finanza è mortalmente prevedibile» e che per sopravvivere servono «una macchina del caffè e una fervida immaginazione». E così va in scena un grottesco spietato teatrino dell’assurda sopravvivenza quotidiana, di cui sono interpreti con lui la bella un tantino spregiudicata, il vecchio nostalgico del mondo pre-internet, l’infido tecnico informatico, il pivellino e l’addetto alla sicurezza che ha visto troppi film, oltre alle puntuali visioni cinesi di Giona.

'C'è voglia di sperimentare'

A Fabio Pellegrinelli è stata affidata la regia del progetto quando gli autori, con la supervisione di due tutor, erano già arrivati a una prima versione della sceneggiatura. Quali erano le sue qualità? «Prima di tutto, a livello produttivo, la possibilità di una location unica e un numero contenuto di attori. Sotto l’aspetto registico, era interessante la sfida della commedia e di una sorta di linguaggio onirico, frutto del punto di vista del protagonista. C’era un linguaggio che permetteva di sperimentare».

Ma quali sono i requisiti essenziali di una serie web? «Sotto il profilo produttivo parliamo di serie a basso budget, quindi fin dalla scrittura occorre ridurre tutto al minimo indispensabile: poche situazioni, pochi attori, poche location. È poi importante semplificare il linguaggio: una scena posso farla con 15 inquadrature, ma comporta tempi produttivi lunghi. Sul piano della regia, il linguaggio dev’essere veloce, deve catturare subito lo spettatore perché sul web si fa presto a passare ad altro».

Trent’anni fa anche riguardo i telefilm si dicevano cose simili, soprattutto sul piano produttivo: oggi nelle serie tv si è arrivati a un livello di qualità e investimenti analoghi al cinema. Tipica della serialità web, anche in Ticino, concludiamo con Pellegrinelli, è una certa voglia di osare assente in tv: «Come detto, c’è pure il bisogno di prendere più velocemente lo spettatore, per cui tornano di moda anche i generi: horror, thriller, noir. Ma soprattutto dietro le serie ci sono degli autori giovani, sono frutto di un gap generazionale che forse sta cambiando il modo di scrivere». 

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