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Ricapitolando, da Sironi a Picasso

Dieci anni di Fondazione Braglia ma anche dieci anni dalla morte di Anna, nella mostra-sintesi della collezione che apre a una seconda, autunnale

Da oggi, 13 marzo, fino al 19 luglio in Riva Antonio Caccia 6A, a Lugano
( R. Pellegrini)
13 marzo 2025
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Resterà aperta sino al 19 luglio. Potremmo chiamarla ‘Greatest Hits’ ma sarebbe semplicistico, anche perché non è la messa in mostra dei pezzi pregiati di una collezione, bensì un racconto di vita coniugale e di condivisione di una passione per l’arte. “Fu Anna la grande fautrice della Fondazione”, dice Gabriele Braglia, una scelta “oculata” in ottica di salvaguardia delle opere raccolte, di non dispersione delle stesse.

Gabriele sottolinea come la ricorrenza sia doppia: il 2025 segna i dieci anni di vita della Fondazione Gabriele e Anna Braglia ma anche i dieci anni dalla dipartita della co-fondatrice e moglie, co-protagonista di un trasporto artistico che ha portato sino a ‘Da Sironi a Picasso - Storia di una passione unica e personale’, la mostra che si apre oggi, sorta di cronistoria dell’attività collezionistica dei due coniugi prima e della Fondazione poi, tra dipinti, disegni e sculture dei grandi maestri del Novecento. E siccome la ricorrenza è doppia, anche le mostre sono due: a questa che è la primaverile seguirà quella autunnale, incentrata su altri amori di casa Braglia, Paul Klee e l’Espressionismo tedesco. Perché è sempre una questione sentimentale che ha portato l’arte in Riva Antonio Caccia 6A a Lugano: “Abbiamo acquistato le opere solo quando ci hanno dato emozione e gioia, e non abbiamo solo opere di nomi grandissimi”, precisa Gabriele.

Il regalo di Natale

Mario Sironi e Pablo Picasso – nello specifico, le due opere che aprono l’esposizione, poste l’una di fianco all’altra, cromaticamente armoniche – rappresentano gli estremi temporali di una collezione che è andata componendosi in oltre sessant’anni, gli ultimi dieci senza Anna: la ‘Figura seduta’ del pittore italiano, collocabile nel 1950, è il primo acquisto di Gabriele, collocabile con più precisione nel 1957 e spiegabile con il noto “non sapevo cosa regalare ad Anna per Natale”. Miccia di un fuoco più grande, la Figura è il primo capitolo di una collezione che entra ed esce da Cubismo, Futurismo, Surrealismo, Espressionismo tedesco e Arte contemporanea. Giusto a fianco c’è la bella ‘Jeune femme dans un café’ (dall’acquisto rocambolesco), fra le acquisizioni più recenti. È un Picasso giovane quello che firma il disegno, e che ancora frappone ‘Ruiz’, il nome del padre, tra i suoi nome e cognome ai piedi di un dinamico ritratto di donna fermato nel tempo (altri Picasso sono un piano sopra).


R. Pellegrini
Pablo Picasso, ‘Jeune femme dans un café’, 1898 – 1899

‘Prima dei buchi e dei tagli’

Il rapporto diretto con gli artisti, coltivato negli anni e spesso propedeutico all’acquisto dell’opera, è ciò di cui Braglia va fiero. Il poter porre loro domande come “cosa stai facendo, perché lo fai, cosa vuoi dire con quest’opera?”, ovvero l’artista senza sovrastrutture o artifici di sorta, occasioni per raccontare (a posteriori) aneddoti sulla lucida follia di alcuni di essi. Alfio Rapisardi per esempio, ospitato al pian terreno: una notte, una volta chiesto e ottenuto riparo in casa Braglia, dipinse una porta bianca di una lunga ricerca tra le varie porte disponibili.

Tra figure di Salvador Dalí, seminudi di Renato Guttuso, la ‘Caldarrostaia’ di Giuseppe Migneco e ‘L’ora dell’appello’ di Giuseppe Cesetti, il piano terra ospita anche alcune vignette disegnate dallo stesso Braglia e riepilogative del percorso della collezione. E prima di salire le scale e ritrovarsi di fronte un Andy Warhol (‘Portrait of a Lady, flowers and birds’), c’è il tempo per un Mario Fontana “prima dei buchi e dei tagli”, così Braglia chiama i disegni ‘Figure’ (1933) e il provocatorio ‘Leda e il cigno’ (1940), così sessualmente esplicito che un tempo altra possibilità non c’era – ricorda Braglia – “se non quella di nasconderlo da qualche parte in casa”.


R. Pellegrini
Lucio Fontana, Concetto spaziale, Attesa 1964 – 1965

La principessa

Evaso il faccia a faccia inevitabile con Warhol, il piano di sopra regala lo Chagall visto anche e soprattutto in ‘Una storia d’amore. Dafni e Cloe e altre opere’, mostra del 2022; di Fernando Botero si ammirano una storia di corride (‘La Pique’, 1985) e un colorato ‘Picnic’ (1997). Qui c’è il Fontana “di buchi e tagli”, nel rosso ‘Concetto spaziale - Attesa’ del 1964 forse 1965, e in questo caso sono i tagli; i buchi si trovano su altri due concetti spaziali. Il piano di sopra ritaglia una residenza ai futuristi Severini, Balla e Depero, con quest’ultimo in forma di disegni che sarebbero poi diventati poster (disegni arricchiti dai suggerimenti di colore scritti di suo pugno, a matita).

“Il fatto storico qui è ancor più importante dell’opera”, commenta Braglia, tornando a snocciolare aneddoti quando il percorso si ferma dalle parti di Miró, che insieme ad alcuni dei suoi ‘Personnages’ (il rimando è alla mostra del 2021) è presente con la scultura in bronzo ‘Maternité’, soffiata (per questioni di chi arriva prima) alla principessa Carolina di Monaco (dell’aneddoto v’è traccia a piano terra, nelle suddette vignette).

Impressione

“Le opere che risalgono agli inizi del nostro collezionare sono piccole, perché pensate per la nostra casa. Quelle della Fondazione sono più grandi”, fa notare Gabriele. E tra le dimensioni ‘casalinghe’ al piano superiore s’incontrano un Basquiat che arriva dalla Costa Azzurra, un verticalissimo omino di Keith Haring e un manichino (a matita) di Giorgio De Chirico. In dialogo ‘green’, nell’angolo delle chicche, la foglia-albero della ‘Recherche de l’absolu’ di René Magritte e la ‘Forêt’ di Max Ernst, atto finale di una ‘Promenade’ nell’arte qui non impressionistica, ma che per ricchezza desta impressione.


René Magritte, La recherche de l’absolu, 1966