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Mio fratello Herbert Pagani, artista e cantautore del futuro

A colloquio con la sorella, Caroline Pagani, che al Franco Parenti di Milano, dal 14 al 19 maggio, ne riporta in scena canzoni, arte, poesia e prosa

Caroline Pagani
11 maggio 2024
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Si intitola ‘Per amore dell’Amore’ lo spettacolo multimediale dedicato al cantautore e artista visivo Herbert Pagani (1944-1988), nato a Tripoli in Libia da famiglia di ebrei sefarditi di origine ispanico-berbera, italianizzati dall’amministrazione coloniale, una carriera sviluppatasi su più versanti fra Italia e Francia, con un finale prematuro dovuto a una leucemia fulminante. A distanza di molti anni dalla sua scomparsa, ci pensa Caroline Pagani, sorella dell’artista, a riportarne in scena le canzoni, l’arte, la poesia e la prosa a Milano al Teatro Franco Parenti dal 14 al 19 maggio, accompagnata al pianoforte da Giuseppe Di Benedetto, per la regia di Giuseppe Marini, con gli arrangiamenti di Alessandro Nidi. Attrice e autrice poliglotta, laureata in filosofia, diplomata alla Stella Adler Studio of Acting di New York, Caroline ha lavorato con registi come Giorgio Strehler, Luca Ronconi, Peter Greenaway, Calixto Bieito. Con il suo testo Hamletelia (2013) ha vinto numerosi premi in Italia e all’estero, ha tradotto testi teatrali dall’inglese, recentemente ha inciso un disco singolo (‘Palcoscenico’) e un doppio album dal titolo Pagani per Pagani con le più belle canzoni di Herbert Pagani, in più lingue, ospiti Danilo Rea, Fabio Concato, Shel Shapiro, Giorgio Conte, Francesca Della Monica, Moni Ovadia e altri.

Lo racconti alle giovani generazioni, che forse non lo conoscono: chi era Herbert Pagani?

Un artista poliedrico, che faceva comunicare tutte le arti, ed era un grandissimo paroliere, perché scriveva testi per Giorgio Gaber, Dalida, Edoardo Bennato, collaborava con cantanti e cantautori, ad esempio il testo della canzone ‘Teorema’, cantato da Marco Ferradini, è suo. In Italia ha avuto problemi di censura con le sue canzoni, a cominciare dalla più celebre e amata, ‘Albergo a ore’, per cui è tornato in Francia dove si era formato e dove poteva esprimersi più liberamente, e lì ha trovato un successo duraturo. È stato conduttore radiofonico a Radio Montecarlo, si è inventato dei format, trasmissioni sia leggere che impegnate, con siparietti e poesie, aveva un modo di fare radio molto frizzante, allegro, effervescente e coinvolgente. Per esempio a Rete 105 si era inventato il disco tradotto, ovvero traduceva i testi delle canzoni dal francese, inglese e spagnolo, li presentava, li commentava e poi li mandava in onda. È stato anche attore televisivo in uno sceneggiato memorabile, ‘Marco Visconti’, dove interpretava la parte del menestrello e per il quale aveva scritto la colonna sonora, in particolare la canzone della sigla finale, ‘Cavalli ricamati’, che ebbe grande successo. È stato impegnato per la pace ed ecologista attivista, aveva molto a cuore il destino del pianeta e tutti i problemi relativi ai cambiamenti climatici, alle pandemie e alle guerre, ai rischi di un uso indiscriminato della tecnologia, temi che ha affrontato in maniera approfondita in un’opera rock molto popolare in Francia, ‘Mégalopolis’, alle cui musiche aveva contribuito Ivan Graziani. Poi a un certo punto ha deciso di smettere con la canzone e di dedicarsi totalmente alle arti visive facendo del riciclo, cioè andando nelle discariche, nelle spiagge, nelle vetrerie di Murano o altre a raccogliere materiali di scarto, a raccogliere i rifiuti che trasformava in opere d’arte, usando legno, metalli, plastica. Costruiva ad esempio delle città di legno, lui che abitava tra Milano e Parigi, e a Milano aveva un atelier che era anche la sua casa, dove ammassava i rifiuti che raccoglieva e lavorava alla costruzione di queste opere. Non dimentichiamo che Herbert nasce come illustratore e disegnatore, e dopo canta.

Lo spettacolo mostra un ritratto a 360 gradi dell’attività artistica di Herbert Pagani, dalla pittura alla scultura, dalla canzone alla radio, visto attraverso gli occhi di lei, sorella- bambina. Eppure c’era fra voi un’enorme differenza di età…

Sì, enorme. Avrei potuto essere sua figlia. Nostro padre era praticamente un nonno. Io ero follemente innamorata di questo fratello e di quello che faceva. Per me è stato più un babbo che un fratello. Sono anche scappata di casa per andarmi a rifugiare nel suo atelier di Milano perché anch’io come lui non volevo seguire la strada che mi avevano indicato i genitori, volevo fare l’attrice o l’artista. E dunque lo osservavo. Anche se piccolissima, sono riuscita a vedere alcuni suoi concerti a Parigi, all’Olympia, che ricordo bene. Poi mi portava a teatro, ovviamente appoggiando il mio desiderio di fare l’artista e non l’avvocato. Abbiamo passato delle vacanze insieme, sono stata nella sua casa a Montmartre. Mio fratello ebbe un’infanzia infelice e ci sono canzoni come La mia generazione dove sono presenti queste ferite, dovute soprattutto al burrascoso rapporto fra i genitori, che si separarono presto ed emigrarono in Europa.

Poi c’è stata la sua formazione a Parigi, all’Académie Charpentier come disegnatore e illustratore, ma anche il suo incontro con la chanson francese, soprattutto Brel e Ferré. Pagani padroneggia perfettamente le due lingue, italiano e francese, ed è stato grande traduttore e adattatore di testi francesi, il già citato ‘Albergo a ore’ e ‘Lombardia’ da Jacques Brel.

Ha importato la chanson française in Italia in un momento in cui la canzone era soprattutto una forma di intrattenimento leggero e basta, e lui ha portato invece la canzone che fa riflettere, che aiuta. Poi anche i brani giovanili che lui considerava compromessi di gioventù, perché i discografici gli richiedevano canzonette come ‘Cin cin con gli occhiali’ o ‘Ahi le Hawaii’, sono sì leggere, ma nella loro levità toccano temi personali, come il problema – che esisteva allora – del portare gli occhiali, e sono specchio di una società che cambiava.

Come lei diceva, è stato anche un artista visivo, e nell’ultima parte della sua vita si è dedicato proprio a quello. Quanto spazio viene dato a questa attività nello spettacolo?

Molto, dall’inizio alla fine, con videoproiezioni, diapositive e filmati. Si parte dalle sue origini in Libia, con brevi filmati d’epoca. Ci sono riprese fatte nel suo atelier di Milano, e poi mano a mano che propongo le canzoni o interpreto i vari pezzi in prosa o poesia, vengono videoproiettate queste opere, che sono appunto sculture di legno, città di legno, assemblage di plastica e anche disegni a china in bianco e nero. Herbert Pagani ha dipinto il futuro con la preveggenza che hanno solo i poeti e con la sua attività di cantautore e di artista ci lascia un’opera di un’attualità bruciante, ricca, generosa e senza compromessi. È un’artista dell’assoluto, delle grandi passioni, anche civili, e degli amori intensi. Per questo è importante far conoscere e riscoprire la sua opera.

Nello spettacolo lei propone una scelta di canzoni. Quale è stato il criterio che l’ha guidata in questa scelta?

Herbert Pagani è stato autore molto prolifico e io ho scelto alcune fra quelle che amo di più e che sono più teatrali. La maggior parte delle sue canzoni sono teatro-canzone, però queste sono – credo – le più teatrali di tutta la sua discografia. Ovviamente c’è ‘Albergo a ore’ che è un pezzo di teatro, c’è ‘Palcoscenico’, la canzone sul mondo dello show-business, ‘Signor Caruso’, che è una parodia dell’opera lirica, c’è ‘Serenata’ che è tratta dall’opera rock ‘Mégalopolis’. Poi quelle più melodiche come ‘La mia generazione’, ‘Lombardia’, e c’è anche ‘Concerto per un cane’.

Perché questo titolo, ‘Per amore dell’Amore’?

Herbert ha scritto che questi rifiuti che lui andava a recuperare dalle spiagge e dalle discariche avevano un valore inestimabile proprio perché sono senza valore, non hanno prezzo. Era felice quando trovava questi oggetti e poteva dare loro nuova vita, ed erano per lui la prova del fatto che si può essere amati senza una finalità, senza una contropartita, così come lui amava, e cioè per niente, soltanto per amore puro, senza aspettarsi nulla in cambio, ‘per amore dell’Amore’. Mi aveva molto colpita questa sua frase e l’ho scelta come titolo.

Suo fratello è stato un uomo politicamente impegnato, si definiva un ebreo di sinistra. C’è un pezzo famoso, Arringa per la mia terra, del 1975, in cui difende il diritto di Israele alla propria esistenza. Nel 1987 a Gerusalemme venne nominato direttore del Museo e del Centro mondiale del Giudaismo nordafricano. Negli ultimi anni pubblicò vari scritti sulla questione ebraico-palestinese, accorati appelli alla pacificazione. Al suo funerale a Tel Aviv fu l’allora ministro degli esteri Shimon Peres a leggere l’orazione funebre. Di questo Herbert Pagani che cosa ne facciamo? Lo ritroviamo nel suo spettacolo?

È presente in maniera soft. Lui era un pacifista e ha sempre sostenuto che in Medio Oriente c’è posto per due popoli e due nazioni. Non potevo ignorare questo aspetto della sua vita, però io non so che cosa lui penserebbe o farebbe oggi, è un argomento delicatissimo. Nello spettacolo leggo una delle sue lettere in favore del dialogo, laddove auspica l’avvento di due stati in cui i due popoli possano convivere. È proprio a causa del momento storico che viviamo che ho voluto portare avanti il messaggio di un uomo di pace, più che il messaggio di un uomo schierato. Un messaggio di pace che è anche il mio.


Herbert Pagani, 1944-1988

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