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Muholi è attivista prima che artista

Al Mudec di Milano un’esposizione di autoritratti della fotografa sudafricana, che con il suo lavoro si batte per i diritti Lgbtiq+. Fino al 30 luglio

Bester I Mayotte, 2015
(© Muholi)
24 aprile 2023
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“La fotografia è entrata nella mia vita in un momento in cui stavo attraversando dei conflitti personali e avevo bisogno di guarire. È stato un periodo molto duro: se non avessi scoperto questa vocazione, ora non sarei qui”. Un’affermazione molto perentoria che si riflette nella forza delle fotografie vertiginosamente contrastate e di una frontalità ineludibile, opere di Muholi.

Il suo nome di battesimo è Zanele, ma preferisce definirsi attraverso il cognome e al plurale con il pronome ‘loro’: Muholi sono visual activist nati nel 1972 a Umlazi, in Sudafrica. Una decisione presa di recente, in linea con il suo personale discorso di autodefinizione. Rispettiamo dunque la sua scelta e facciamo riferimento con il solo nome di famiglia. A loro il Museo delle culture di Milano (Mudec) dedica una mostra ‘Muholi. A Visual Activist’, curata da Biba Giacchetti, con l’allestimento di oltre sessanta ritratti che ripercorrono il suo lavoro, dai primi scatti a quelli realizzate negli ultimi tempi, dal forte contenuto civico e di denuncia sociale.


© Muholi
MaID III Philadelphia, 2018

Portavoce di spicco della comunità Lgbtqia+, l’attivista viene “al mondo sotto l’apartheid in Sudafrica in uno dei periodi più duri, gli anni Settanta. Quello che stava accadendo intorno a me, le battaglie che avevano luogo in Sudafrica, hanno plasmato la mia vita. Continuavo a chiedermi perché accadessero quelle cose. Volevo sapere come e da chi venisse scritta la storia”. Queste considerazioni circa le origini del suo lavoro sono citate dal catalogo che accompagna la mostra. Un contesto, quello sudafricano, in cui “le persone Lgbtqia+ nere vivono ai margini della società, una società in cui i crimini d’odio sono diventati un enorme problema, perché hanno tolto senza motivo la vita a tante persone innocenti, abusate e uccise brutalmente”.

Identità collettiva

Il lavoro di Muholi è focalizzato “sulla storia visiva delle persone Lgbtqia+ in Sudafrica, un mondo a cui non ho avuto accesso prima di fare coming out. Io parlo dall’interno, in quanto membro della comunità Lgbtqia+. Sono attivista prima ancora che artista”. E lo fa esponendosi in prima persona, girando l’apparecchio fotografico verso di sé: “Con questo gesto – si legge nella presentazione dell’esposizione – rinuncia alla propria identità di genere per rappresentare un’identità collettiva che dia voce alla comunità nera omosessuale attraverso la fotografia, e in particolare l’autoritratto”. L’apparecchio fotografico diventa allora “un’arma di denuncia e contemporaneamente di salvezza”.


© Keystone
L’apparecchio fotografico come arma di denuncia e salvezza

I temi indagati sono razzismo, eurocentrismo, femminismo e politiche sessuali cui danno forma con un linguaggio espressivo che sconfina in scultura, pittura e immagini in movimento. Ma il mezzo prediletto da Muholi è la fotografia, gli autoritratti in particolare, fra i quali si ricorda il progetto iniziato nel 2012 e tutt’ora in essere ‘Somnyama Ngonyama’ (Ave, Leonessa Nera).

Nella composizione delle sue opere, Muholi sceglie con meticolosa cura l’impostazione e la luce, preparando il soggetto “in maniera rigorosa, quasi ossessiva”. Ogni loro fotografia racconta una storia, che fa riferimento a esperienze personali o a riflessioni su un “contesto sociale e storico più ampio”: gli scatti hanno una forte valenza simbolica, anche per gli oggetti messi in scena (copricapi fatti di soldi, collane ricavate da cavi elettrici, corone di mollette), che entrano in dialogo con il corpo, con gli occhi di Muholi che guardano dritti in camera. Sulle prime, queste foto ricordano, richiamano le copertine patinate delle riviste di moda. Tuttavia, scavando, si intuisce che le immagini sono potenti e dense metafore.

Informazioni e approfondimenti: www.mudec.it; profili instagram del museo e dell’artista (muholizanele). Accenniamo altresì alla possibilità di vedere le sue opere esposte nella mostra che il Kunstmuseum di Lucerna le dedicherà dall’8 luglio al 22 ottobre prossimi all’artista sudafricana (www.kunstmuseumluzern.ch).

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