Fotografia

Raccontare l’orizzonte visibile

La Galleria Cons Arc di Chiasso propone sabato in prima visione il film-documentario ‘Infinito’ che descrive l’universo del fotografo Luigi Ghirri

Paesaggio italiano, fotografia di Luigi Ghirri
(© Keystone)
11 gennaio 2023
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"Lo spazio fra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande era riempito dall’infinitamente complesso: l’uomo e la sua vita, la natura. Da qui nasce il mio lavoro". Luigi Ghirri (suo il virgolettato) è una figura centrale per la fotografia del secondo Novecento, non solo italiano ed europeo, bensì internazionale. Nato il 5 gennaio 1943 a Scandiano, vicino a Reggio Emilia, Ghirri è maestro della fotografia contemporanea, ma nella sua carriera ventennale non è stato unicamente un prolifico autore di immagini, bensì si è impegnato anche come critico, curatore, saggista. «Ghirri era molto consapevole di ciò che faceva: è stato uno dei primi a concettualizzare e teorizzare il suo lavoro per iscritto», ricordano Daniela e Guido Giudici della Galleria Cons Arc di Chiasso. L’occasione di guardare al fotografo emiliano ci è data dalla proiezione in prima svizzera di ‘Infinito. L’universo di Luigi Ghirri’ (2022) del regista Matteo Parisini che si terrà sabato 14 gennaio (alle 15.30) nella sede della galleria. Il film-documentario, pubblicato a 30 anni dalla morte del fotografo e presentato lo scorso ottobre alla Festa del Cinema di Roma, racconta il lavoro e la poetica ghirriana attraverso una serie di interviste alternate a spezzoni d’epoca, che ne ripercorrono le tappe cruciali. Con la voce narrante dell’attore Stefano Accorsi, in circa settanta minuti si intraprende un viaggio nei luoghi familiari che hanno ispirato il fotografo: terre, acque, colline, orizzonti infiniti. Il titolo del film ‘Infinito’, spiegano i coniugi Giudici, è un inconfondibile termine fotografico che si riferisce alla messa a fuoco e nel caso di Ghirri non è solo un dato tecnico, ma anche filosofico.

Un filosofo con la macchina fotografica

Dalle terre lambite dal Po torniamo a Chiasso: «Per noi, come galleria, la sua figura è stata importantissima», spiegano Daniela e Guido, che incontrò Ghirri a inizio anni Ottanta. Etichettarlo è assai difficile, «non è stato un fotografo di paesaggio, né un ritrattista, non un concettuale (lo è stato agli albori)… Ghirri vedeva lo straordinario nell’ordinario, e ha insegnato anche a noi a vedere oltre la banalità apparente: ci ha insegnato a guardare». La generazione che è venuta dopo di lui non solo ci ha fatto i conti, ma ha acquisito un nuovo modo di osservare.

Strade, simmetrie, infinito; quotidianità, rituali; muri, porte e serrande; insegne e manifesti, non luoghi, periferia, antiretorica; potrebbero essere le voci di un ipotetico lessico dell’opera ghirriana, la cui ricerca è, come scritto poco più su, "il guardare", cioè "la capacità al contempo razionale ed emotiva di decifrare i dati raccolti attraverso la percezione, trasformandoli in pensiero visivo" (si cita da www.archivioluigighirri.com, cui si rimanda per la biografia completa).

Foto a colori, che agli inizi erano pop (tipici delle foto amatoriali degli album di famiglia) per farsi via via sempre più rarefatti, al limite della sovraesposizione, una maniera di gestire le cromie che ha fatto scuola: "Fotografo a colori perché il mondo reale non è in bianco e nero".

Lo straordinario nell’ordinario

Nato nella periferia emiliana due anni prima dell’armistizio che mise il punto alla Seconda guerra mondiale, Ghirri è cresciuto nella provincia durante il dopoguerra, in un clima di ripresa economica e di fermento culturale (soprattutto nei Sessanta). Quell’atmosfera segnerà "lo sviluppo di una personalità sensibile ai mutamenti, estremamente curiosa e motivata dal desiderio di conoscenza". Geometra di formazione – che gli aveva "insegnato molte cose sullo spazio, il paesaggio, la costruzione" –, Luigi porta avanti la passione per lettura e musica, per la storia dell’arte, "il gusto per gli oggetti e per le immagini trovate", che lo conducono quasi naturalmente alla fotografia, considerata uno strumento di scoperta e analisi di ciò che lo circonda. Centrali saranno altresì la frequentazione con gli artisti concettuali modenesi, lo sguardo proiettato all’esterno dei confini italiani (soprattutto per ciò che riguarda l’arte contemporanea) e "l’amore dichiarato per alcuni fotografi", fra cui Eugène Atget, August Sander, Walker Evans, Robert Frank, Lee Freedlander, William Eggleston.

A ventisei anni la folgorazione: la prima foto della Terra scattata dall’astronauta William Anders dalla navicella spaziale in viaggio verso la Luna – è il 1969 – lo colpisce a tal punto che inizia la sua ricerca e arrivano le prime fotografie, come si racconta nel documentario. Un’attività che lo coinvolgerà totalmente dagli anni Settanta fino alla prematura morte, avvenuta il 14 febbraio 1992 a Roncocesi, a soli 49 anni. In poco più di vent’anni, Ghirri realizza circa 150mila scatti che confluiranno in serie. Della trentina di serie raccolte nel tempo, citiamo in ordine sparso alcuni titoli alquanto programmatici: ‘Infinito’, ‘Italia ailati’, ‘Geografia immaginaria’, ‘Topografia-Iconografia’, ‘Esplorazioni sulla via Emilia - Vedute nel paesaggio’, ‘Il profilo delle nuvole’. Il corpus delle sue opere è ampiamente pubblicato ed esposto, nonché conservato in collezioni pubbliche e private in tutto il mondo, fra cui il MoMa di New York, il Fotomuseum di Winterthur, il Centro Studi e Archivio della Comunicazione a Parma, il MaXXI Museo delle Arti del XXI Secolo di Roma.

I posti sono limitati e per partecipare alla proiezione, con entrata a 10 franchi, è necessario iscriversi entro l’11 gennaio a galleria@consarc.ch oppure telefonando allo 091 683 79 49; per info: www.galleriaconsarc.ch.


Luigi Ghirri, Amsterdam, 1981, Polaroid, 22 x 19" © The Estate of Luigi Ghirri
Luigi Ghirri, Amsterdam, 1981, Polaroid, 22 x 19"

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