Arte

Tiepolo, da Venezia a Milano all’Europa

Le Gallerie d'Italia di Milano propongono, fino al 2 maggio, un viaggio attraverso la fantasia creatrice di uno dei maggiori pittori del Settecento veneziano

Ulisse scopre Achille tra le figlie di Licomede, 1724-1725 (Foto Manusardi)
27 febbraio 2021
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Le Gallerie d’Italia, a Milano, commemorano i 250 anni dalla morte di Giambattista Tiepolo (Venezia 1696 - Madrid 1770 ) tra i massimi pittori del ‘700, inventore di alcune tra le più belle volte non solo di chiese e confraternite veneziane, ma anche di ville, regge e palazzi sparsi per l’Europa. Obiettivo della rassegna non è quello di esporre i più alti vertici della sua pittura (cosa peraltro impossibile dato che spesso si tratta di affreschi) quanto piuttosto di focalizzarne il percorso: dagli anni della sua formazione a Venezia fino all’affermazione internazionale di cui Milano costituisce la prima tappa, tanto da venir considerata una sua seconda patria. Proprio lì infatti, tra il 1730 e 1740, ha creato alcune delle sue opere più rappresentative come gli affreschi di Palazzo Archinto, distrutti dai bombardamenti nel 1943, o lo straordinario soffitto della Galleria di Palazzo Clerici. Veri e propri preludi di quanto farà più tardi per il vescovo-principe di Würzburg o nella reggia di Madrid uno dei talenti italiani tra i più richiesti in Europa. 

Formatosi, a partire dal 1710 circa, nella bottega del pur valido pittore Gregorio Lazzarini che lo indirizza verso una pittura ancora classicista dalle forme morbide ed equilibrate, dalle superfici levigate all’interno di impianti compositivi facilmente leggibili, a vent’anni il giovane Tiepolo lascia il maestro, si iscrive all’Accademia del Nudo, si mette in proprio e comincia il confronto diretto con i maestri operanti a Venezia. La rassegna ne dà duplice conto: da una parte accostando i suoi nudi a quelli di altri maestri come il Piazzetta, il Balestra, o il lombardo Paolo Pagani, nato in Valsolda ma operante a Venezia, per coglierne il comune spirito nuovo animati come sono dal movimento, dalla contorsione dei corpi, dalla immediatezza delle pose o da scorci audaci, tutti elementi di fondamentale importanza per la futura pittura del Tiepolo. Dall’altra mettendo a confronto la pittura “tenebrosa” del Pellegrini o del Pagani con quella del primo Tiepolo: basti il raffronto tra il ‘San Jacopo condotto al martirio’ del Piazzetta con il suo ‘Martirio di san Bartolomeo’, entrambi del 1722, fatti l’uno sull’altro, e posizionati dentro la stessa chiesa di San Stae: con santi e carcerieri come contadini o pescatori dai corpi tozzi e muscolosi tirati in fortissimo primo piano, fino quasi a debordare, tra toni bassi e grande movimentazione, forte drammatizzazione sia di gesti che di chiaroscuri. Con quest’opera il Tiepolo non solo annuncia il suo definitivo superamento del Lazzarini, ma anche la sua entrata ufficiale e competitiva tra i maestri veneziani. 

Poi però, sulla scia dei toni caldi e chiari di Sebastiano Ricci, egli torna sui passi della grande tradizione veneziana del ‘500: e sarà la maturità, la riscoperta della luce-colore, della pittura tersa e luminosa fin quasi alla trasparenza; saranno le grandi ‘historie’ sia religiose che mitologiche in dipinti o affreschi scenografici, dove architettura (grazie alla collaborazione con il Mengozzi) e pittura si fondano in composizioni sempre più complesse e scorci arditi che sfondano pareti e soffitti aprendo su paesaggi o cieli infiniti. Attingendo a piene mani sia dalla pittura veronesiana come dal teatro, le sue pitture si caratterizzano per la spettacolare variazione delle gamme cromatiche, per l’eccezionale scioltezza disegnativa con cui impagina personaggi dalle fogge o pose più differenziate ma tra loro concatenati per via di rapidi passaggi multifocali o di gesti, vesti o colori che si inanellano l’uno nell’altro. Sembra che al Tiepolo esca tutto con una naturalezza stupefacente; in effetti egli è un gran lavoratore e un narratore senza uguali di temi storici, mitologici e biblici, anche in funzione della celebrazione dei committenti delle cui ambizioni egli si fa interprete: raccontando eventi di un lontano passato che egli attualizza posizionandoli in ambienti raffinati o con personaggi vestiti alla moda, tra arazzi, stoffe preziose e damascate, raffinati gioielli e prosperose scollature.  È il passato che torna vivo.

Ma il Tiepolo va anche oltre quando porta in scena il presente. Allora è come se i popoli tutti del mondo conosciuto – dall’Europa all’Asia, dall’Africa alla America, lui stesso compreso – convergessero sui cornicioni dei grandi saloni nobiliari per assistere dalla balconata al grande spettacolo che unisce la terra e il cielo, con santi ed eroi che salgono fino al sommo cielo, mentre più in basso, sotto di loro, nella realtà del vissuto, sontuosamente vestiti passeggiano, danzano, conversano o banchettano i potenti della terra con i nuovi ricchi come i Clerici E sarà allora l’apoteosi della fantasia creatrice dell’artista e del suo immenso potere di seduzione. L’effetto è quello di un enorme palcoscenico, ricco di personaggi, che stupisce e trascina del visitatore.  

Neanche vent’anni dopo la sua morte quel luccicante mondo aristocratico verrà tragicamente travolto dalla rivoluzione e dal regno del terrore, dalle vicende napoleoniche, dalle sommosse popolari, dalle rivendicazioni costituzionali: e sarà un vero e proprio cambiamento epocale. A quel punto la figura e l’arte di Tiepolo vengono eclissati dalla storia. Ma per noi che lo guardiamo con maggiore distanza critica, cosa rimane di Tiepolo oggi? Egli incarna una fragile scheggia di storia: la fugacità di un sogno impossibile, l’illusione di un attimo che tutti loro avrebbero voluto eterno, ma che la storia ha cancellato. Ciò nonostante la sua pittura è splendida e, come ha detto Tommaso Montanari, egli resta pur sempre “un abisso di luce nel quale oggi, a 250 anni dalla sua morte, è dolcissimo smarrirsi.”

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