Arte

Da Jean Arp a Nesto Jacometti

Si chiama ‘Nesto Jacometti, editore’ ed è un insieme di piccole mostre di grandi autori aperto al Museo Casorella di Locarno

Jacometti, 'Tamayo'
26 ottobre 2020
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Per chi non avesse ancora avuto la possibilità di farla, una visita al Museo Casorella di Locarno sarà certamente un momento di piacere e di arricchimento. Si tratta infatti di un insieme di piccole mostre che si snodano una dopo l’altra, distribuite con misura e varietà, accompagnate da brevi ma puntuali pannelli introduttivi che orientano il visitatore. Due i pregi principali: il livello delle opere esposte davvero ragguardevole per la rilevanza dei loro autori dentro la storia dell’arte contemporanea; e quanto esse in nuce rievocano e raccontano: vale a dire la straordinaria storia di una cittadina, ma meglio sarebbe dire di una regione, per di più povera e periferica, che grazie alla generosità degli artisti ma anche alla lungimiranza di Remo Rossi e del sindaco Speziali, oggi può vantare un’invidiabile collezione di opere d’arte di notevole livello che farebbe gola a non poche grosse città circonvicine.

Si comincia con la fondamentale e ricca donazione fatta 50 anni fa alla Città di Locarno dal grande artista alsaziano Jean Arp (Strasburgo 1887 - Basilea 1966): un punto insostituibile nella storia artistica nel Locarnese. È suddivisa su due piani.  Dapprima le opere di Arp al piano terreno, una bella sequenza dentro la quale si legge come lavorarava Arp nel passaggio dalla forma bidimensionale al volume, dal découpage al rilievo, dal singolo frammento allo spazio. Segue al piano superiore la ″Galassia Arp″ costituita da opere di artisti a lui vicini che avevano condiviso la sua avventura artistica, dalla moglie Sophie Taeuber-Arp a Joseph Albers, Sonia Delaunay, Max Ernst, Fritz Glarner, Walter Helbig, Johannes Itten, Paul Klee, Alexej von Jawlensky tra i più rappresentativi artisti nella storia dell’arte europea del ventesimo secolo.

I locarnesi

L’ultimo piano mette in sequenza due intellettuali locarnesi assai diversi ma per certi versi anche affini per il loro spirito di apertura e per la storia artistica del luogo: il pittore Filippo Franzoni (1857-1911) e l’editore Nesto Jacometti (1898-1973). Il primo dei quali, sul finire dell’Ottocento, muovendo tra naturalismo lombardo, richiami scapigliati e simbolismo, ma avviando contatti anche l’arte del Nord, agevolò l’ingresso della modernità nell’arte cantonale. Nesto Jacometti – che è la voce nuova in mostra – fu invece una singolare figura di editore di grafiche d’arte, oltre che collezionista attento, ‘fuggito’ a trent’anni da Locarno per andare a Parigi, e poi, durante la guerra, a Ginevra, e infine a Zurigo facendosi un nome di tutto rispetto nell’ambito della promozione artistica e della critica d’arte: Gran Premio della critica alla Biennale di Venezia del 1953. Tornato poi a Locarno nel 1966 Jacometti dona quasi tutto il suo ricco patrimonio artistico alla sua città natale: oltre 1500 opere grafiche entrano nelle Collezioni della Città di Locarno di cui una piccola parte esposta in mostra.

Specchio del rinnovamento

Il valore di tale donazione, prima ancora che economico, è culturale: non consiste solo nella rappresentatività di alcuni tra gli artisti presenti – da Marino Marini a Max Ernst, Massimo Campigli, Zao Wou-Ki, Johnny Friedlaender, Music, Corneille e Alberto Magnelli – ma anche nell’essere specchio di un fervore di rinnovamento che attraversa l’arte (e la stampa d’arte) tra gli anni ’50 e ’60.  Se da una parte ci informa sui gusti, sulla sensibilità, sull'intelligenza e sull'occhio di Jacometti editore e collezionista, dall'altra ci dà un ampio spaccato storico del clima culturale e artistico nel secondo dopoguerra, tra Francia, Svizzera e Italia, e in particolare di quella che fu la seconda Scuola di Parigi. Lì si condensa non solo il gusto di Jacometti ma di una certa epoca, di una certa tendenza. Non ha importanza se non pochi di quei nomi, allora riveriti, ci risultano sconosciuti o sono stati dimenticati: il nostro presente non sarà immune da analogo fenomeno. Ma la storia passa attraverso questi  processi, non sempre irreversibili.

Il viaggio conclude con il suggestivo allestimento di sculture in granito, bronzo o acciaio di Max Bill – artista, architetto e designer svizzero, Winterthur 1904 - Berlino 1994 – esposte all’esterno, nel giardino del museo. Si sale in su negli anni e ci si confronta qui con l’ “arte concreta” basata sull’applicazione e variazione di rigorosi principi matematico-geometrici.

Se messe in opportuna linea cronologica e formale, le varie sezioni della rassegna locarnese si configurano come interessanti momenti o nuclei di una storia artistica ed evolutiva non solo locale che si relazionano o implicano vicendevolmente. Ma al tempo stesso danno conto di una saggia e lungimirante politica culturale che si vorrebbe continuasse anche oggi: sapendo sollecitare e acquisire donazioni e lasciti come nel caso di Arp o dei lasciti Mumprecht, Bianconi e Nesto Jacometti, zio di quel Remo Rossi che con i suoi laboratori ai Saleggi messi a disposizione di rinomati artisti ospiti è stato colui che, in realtà, ha dato vita al Museo di Locarno: suo alto merito per cui la Città gli deve vera riconoscenza.

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