
“Mi disse: ‘Vuoi fare l’artista? E se con l’arte non riuscissi a mangiare?’. Mio padre era un uomo di buon senso, ma non voleva in alcun modo ostacolarmi: era amico del pittore Carlo Cotti e me lo fece conoscere. Mi diede anche un buon consiglio: conseguire una maturità commerciale e poi studiare in una Kunstgewerbschule nella Svizzera interna. Così ho fatto (...)”. Così raccontava, in un’intervista apparsa sulla ‘Cooperazione’ nel 2005, Emilio Rissone che, a quindici anni, sapeva già di voler essere grafico.
Insieme ad altri esponenti del mondo artistico ticinese – come Nag Arnoldi, Pierino Selmoni, Carlo Bianchi –, Rissone si è spento, negli scorsi giorni a Lugano, all’età di ottantaquattro anni.
Artista, insegnante, grafico: una figura inscindibile
Da quanto raccontato da alcuni contributi scritti – un paio di interviste degli anni passati pubblicate su ‘Cooperazione’ e ‘Ticino 7’ –, sembra difficile, se non impensabile scindere l’uomo dall’artista, dal grafico e dall’insegnante. Un “comunicatore visivo tuttotondo”, che per più di 50 anni di attività ha saputo dare anima e muscoli a lavori di grafica (basti citare il manifesto per i Mondiali di ciclismo a Lugano nel 1996 o quelli per il Soccorso invernale), così come pittorici, fotografici, senza dimenticare i disegni per le vetrate artistiche (quelle della Chiesa Santa Teresa a Viganello) e le illustrazioni nei libri, nonché i mosaici. Alcune sue opere hanno preso spazio in diversi edifici pubblici. È stato anche scrittore, compositore di versi poetici in dialetto.
Un’esistenza cadenzata sia dall’arte sia, come si scriveva, dall’insegnamento di comunicazione visiva al Centro scolastico per le industrie artistiche (Cisa) per 40 anni, che ha contribuito a fondare nel 1961, insieme a Pietro Salati e Taddeo Carloni.
Facciamo, però, un balzo all’indietro e torniamo a Viganello, al 29 maggio 1933, data di nascita di Emilio Rissone. Figlio di commercinati e proprietari della pescheria omonima a Lugano, Emilio, come scritto nell’attacco, a 15 anni sembrava avere le idee ben chiare sul suo futuro e, grazie anche alle conoscenze del papà, in gioventù inizio a frequentare l’atelier di Carlo Cotti e Felice Filippini. Sempre seguendo il consiglio paterno, dopo la scuola di commercio, fra il 1952 e il 1958, studia con Max von Moos alla Kunstgewerbeschule di Lucerna, in seguito alla British School of Design in Inghilterra e all’Accademia di Brera.
Oltre alle committenze pubbliche di manifesti, vetrate eccetera e alle illustrazioni per periodici e quotidiani, molte esposizioni, personali e collettive, hanno permesso al pubblico di conoscere il lavoro di Rissone, fatto di pezzi d’arte che raccontano i luoghi familiari luganesi, ricettacoli di ricordi, oppure illustrano pesci, bocce, donne... anche questi “luoghi della memoria” di Emilio Rissone.