Mentre si apriva Expo, noi ci siamo inoltrati nella campagna milanese
Nutrire il pianeta, il corpo, lo spirito; onorando il buon gusto e le cose buone, ma senza prendersi troppo sul serio. E rigorosamente fra uomini…
“Giuro e prometto di riempirmi la pancia, di bere bene e di fare il gentiluomo. Giuro e prometto di non prendermi mai troppo sul serio e di portare rispetto all’Amicizia e alla Buona Cucina. Giuro e prometto di tramandare e onorare la ricetta del Bollito Misto”. Più o meno così suona il voto del nuovo Confratello, inginocchiato davanti al Gran Maestro, quando entra a far parte della Confraternita. Il Gran Maestro, mettendogli il coltellaccio da cucina sulla spalla, lo nomina Cavaliere della Confraternita del Bollito Misto. Questo me lo racconta il Gran Maestro in persona, Cavalier Pecchi, mentre ci porta in auto a Barate di Gaggiano, nella campagna milanese; costeggiamo il Naviglio Grande, che per andare in città prende acqua dal fiume Ticino, passando fra diverse risaie. Al tramonto sono bellissime, rosa come il cielo. Con noi c’è uno dei fondatori di questo gruppo di gentiluomini buongustai: il Cavalier Buzio, milanese che vive a Lugano da trent’anni e ogni terzo giovedì del mese si ritrova con i suoi Confratelli lombardi per una cena conviviale dal menù fisso a cui siamo stati invitati anche Andrea e io. Arriviamo. Il Gran Vessiliere è già sul posto, perché deve issare il drappo con lo stemma della Confraternita del Bollito Misto nella sala del ristorante. È tutto pronto quando arrivano alla spicciolata i Confratelli, vestiti di scuro, con una piccola pentola che contiene gallina, vitello e maiale disegnata sulla cravatta. Portano anche un manto blu marine sopra la giacca. Hanno tutti giurato e promesso di mangiare, bere, ridere, senza perdere la signorilità, e di custodire l’antica ricetta del Bollito, che non può presentare meno di cinque tagli di carne e tre salse di accompagnamento (ma meglio se sono di più). Non sapevo se avrei trovato una tavolata di seri e barbogi grigi signori oppure una buffonata di incappucciati amanti del Medioevo e delle grandi abbuffate. Sospettavo però che poteva esserci invece un ambiente molto, molto interessante, qualche cosa di fresco e di sano, un’oasi di amicizia maschile senza interessi politici né legati agli affari. E infatti era così. Le donne, per andare a cena e chiacchierare, non hanno bisogno di un distintivo, di uno statuto, di un motto o di un perché; gli uomini invece amano queste cose. E quando sono ben fatte, a me piace andare a ficcarvi il naso, soprattutto se sento profumo di filosofia e di carne cucinata bene. Barate di Gaggiano, dunque, ristorante Magenes, che ha già vinto un premio per il miglior risotto; un giovedì di aprile, l’ultimo ritrovo della Confraternita prima della pausa estiva. Dopo l’aperitivo, i Confratelli si siedono a tavola, non hanno posti fissi, tranne il Gran Maestro e il Gran Sommelier, collocati in modo da parlare rivolgendosi a tutti. Il Gran Maestro presenta gli ‘estranei’ della serata: alcuni hanno portato un Ospite, chi il figlio, chi il padre, chi un amico. Forse un futuro Confratello, che giurerà e prometterà, forse un semplice ospite occasionale. E poi c’è un’eccezione. C’è un ospite donna, per la prima volta (e anche l’ultima, sottolinea il Cavaliere); ma è una giornalista e quindi con un ruolo di osservatore neutrale che non può e non deve interferire con la convivialità dei presenti. Il Gran Sommelier passa a raccontare i vini della serata. Ogni mese, un Confratello propone un ristorante: se la sua idea è accettata, egli andrà personalmente a parlare con lo chef spiegando la filosofia e le esigenze del gruppo. Arriverà il tal giovedì una trentina di persone, avrà bisogno di una gran tavolata possibilmente a U, e tutti ordineranno Bollito Misto. Uno degno, lo chef capirà, di almeno sette tagli di carne e quattro salsine; il Gran Sommelier verrà a concordare i vini più adatti ad accompagnare il piatto. Per tutta la sera sento risate, vedo pacche sulle spalle e uomini che si divertono. C’è allegria ma nessuno è sguaiato. Mi piace. E la carne... divina: morbidissima, otto pezzi serviti in due portate, con una mostarda casalinga e vari contorni e condimenti, cristallini di sale sopra la carne per esaltare il palato. La testina di vitello, poi, con il grasso giusto intorno che si scioglie in bocca come una caramella... Ottimo, anche se i Confratelli assicurano di averne mangiati di ancora migliori. Estetica, buonumore e solidarietà A tavola si parla di tutto, del Barbiere di Siviglia, di viaggi, di olio d’oliva, delle altre numerose Confraternite gastronomiche d’Italia (del prosecco, del baccalà, della nocciola...), di vini, di architettura, dell’Expo. Proibito toccare il tema ‘politica’ e nessuno si sogna di parlare di lavoro. Una vera cena tra amici. Qualcuno borbotta che si potrebbe anche mangiare qualcos’altro per una volta, ma la maggior parte è favorevole alla tradizione iniziata diciassette anni fa, quando quattro amici davanti a un Bollito Misto hanno deciso di istituire un rito e piano piano sono diventati una distinta brigata. Da lì è nata l’idea della Confraternita e della sua Estetica, con lo stemma, la cravatta, il manto, il regolamento, il vessillo, e così via. Non da ultimo: uno dei pilastri di questa Confraternita è la solidarietà: proprio come si propongono locande e osterie da testare, ogni Confratello può lanciare l’iniziativa di una donazione. Se viene approvata, i fondi (che provengono dalle cene, in cui si arrotonda sempre per eccesso così da tenere da parte un po’ di soldi) andranno al progetto da finanziare. Oggi, dopo il gelato, il Gran Maestro si alza e annuncia che è il momento di donare al suo Ospite, Pietro, la bicicletta che hanno acquistato. Pietro ha un’associazione di portatori di handicap che da questa sera sarà dotata di un nuovissimo triciclo che avanza grazie alla forza delle braccia e si bilancia secondo le pendenze della strada. In pratica un misto tra una bici e una carrozzella costruita per le persone paraplegiche appassionate di sentieri e camminate. Durante il viaggio di ritorno, quando il Gran Maestro ci riporta alla nostra macchina, dopo questa splendida serata, ci racconta che a ogni persona che aderisce alla Confraternita del Bollito Misto lui impone una cosa sola: che lo segua una volta al reparto di oncologia pediatrica dell’Ospedale di Milano, dove ogni anno a Pasqua i custodi del Bollito portano doni e ovetti di cioccolato. È per non prendersi mai troppo sul serio, per non confondere fastidi con tragedie, dice. Divertirsi e coltivare valori goliardici va bene, essere solenni quando si parla di Cucina italiana è sacrosanto, ma nessun bambino dovrebbe stare peggio di un gaudente signore con la passione per il lesso.