
Proprio cinquant’anni fa a Cannes, Francesco Rosi, esordiva con un film, “Il momento della verità”, nel gran mondo del cinema internazionale, proprio in un Festival che lo laureerà nel 1972 per “Il caso Mattei”, e che, dopo averlo avuto nel 1987 con “Cronaca di una morte annunciata”, saluterà la fine della sua carriera cinematografica nel 1997 accogliendo in concorso il suo “La tregua”. Rosi arriva a Cannes, in quel 1965, già forte di due premi a Venezia, uno per “La sfida” (1958, suo terzo titolo dopo “Camicie Rosse”, co-regia con Alessandrini e “Kean”, co-regia con Gassman) e il Leone d’Oro nel 1963 per “Le mani sulla città”, l’Orso come regista per “Salvatore Giuliano” a Berlino nel 1962, un precedente premio a San Sebastian nel 1959 per “I magliari”. Il suo cinema in quel momento non ha eguali, è il profeta del cinema civile, militante, politico. Esprime nella pratica cinematografica il suo guardare il mondo da un punto di vista morale, che trova proprio ne “Il momento della verità” il suo culmine.