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Inerti, l'estrazione dai fiumi funziona ma la polemica è servita

Il governo chiede di bocciare la mozione di Piezzi che proponeva modifiche per prevenire rischi. Il deputato Plr contrattacca: ‘Urge cambio d'approccio’

‘Quanto successo in Vallemaggia non può essere definito raro...’
(Ti-Press)
6 marzo 2025
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L’estrazione degli inerti dagli alvei fluviali funziona correttamente, e quindi non c’è alcun bisogno di promuovere delle modifiche legislative o normative per incentivarla, come richiesto da una mozione del deputato liberale radicale Aron Piezzi, “laddove si presentano rischi legati alla sicurezza di infrastrutture, zone edificate e zone agricole”. A sostenerlo è il Consiglio di Stato, partendo da un assunto: “Il trasporto solido di fondo sui corsi d’acqua principali e nei bacini idrografici sensibili va monitorato per la sicurezza del territorio e la tutela dell’ambiente e delle funzioni ecologiche a esso legate”. Ciò detto, però, si sta agendo bene secondo il governo. Perché “le norme in essere e le nuove disposizioni in base alla Legge sulla gestione delle acque recentemente adottata e prossimamente in vigore, sono adeguate a far fronte alla situazione per la gestione preventiva del trasporto solido di fondo e l’attuazione di misure necessarie a seguito di eventi eccezionali, di principio sulla base di progetti e di piani di gestione comprensoriali”.

Il ruolo della Confederazione e dei Cantoni

Detta breve: a posto così. Ricordando anche come, aggiunge il Consiglio di Stato nel messaggio con cui invita il Gran Consiglio a respingere la mozione di Piezzi, “la Confederazione sostiene il principio della gestione integrale dei rischi legati ai pericoli naturali e in tale ottica promuove la programmazione della manutenzione dei corsi d’acqua che include la gestione del materiale solido di fondo degli alvei”. La Legge federale sulla protezione delle acque “sancisce l’obbligo di rinaturare i corsi d’acqua e i laghi. Le norme definiscono in particolare i provvedimenti da attuare e le relative responsabilità”.

E i Cantoni che ruolo hanno? È presto spiegato dallo stesso governo: “Sono tenuti a definire un adeguato spazio riservato alle acque, a elaborare una pianificazione strategica e realizzare, con coerenza e in collaborazione con gli Enti locali, le previste rivitalizzazioni”. Inoltre, sul piano cantonale, la già citata Legge sulla gestione delle acque, chiarisce il governo, “definisce il quadro della manutenzione e il principio della pianificazione della stessa che include la gestione del materiale di fondo degli alvei; riprende e adatta le norme della Legge regolante gli scavi all’alveo dei laghi, fiumi e torrenti”.

Esaurita la spiegazione di come funzionano le norme vigenti, eccoci al punto: la gestione integrale dei rischi. O meglio, dei suoi principi applicati che “prevedono anzitutto una pianificazione del territorio che prenda in considerazione i rischi legati ai pericoli naturali; parallelamente deve essere promossa la manutenzione dei corsi d’acqua e delle opere di premunizione per mantenerne l’efficacia nel tempo; dove necessario si provvederà alla realizzazione di nuove misure di premunizione; nelle situazioni sensibili e a complemento del quadro di prevenzione, la promozione dei piani di emergenza e la disponibilità di relative organizzazioni locali o regionali permettono di ridurre ulteriormente il rischio per la popolazione”.

Va da sé che “nelle zone sensibili e in presenza di beni materiali e infrastrutture a rischio sono quindi da prevedere interventi di gestione del trasporto solido di fondo e possibili estrazioni da attuare sulla base di progetti o piani di estrazione, strumenti che – afferma il Consiglio di Stato – permettono di disporre di una visione complessiva in ottica di sostenibilità, considerando oltre alla sicurezza del territorio anche le esigenze e i vincoli ambientali”. Un esempio? Eccolo: “Il Piano di gestione della Legiuna, alla confluenza del torrente nel Brenno a Loderio”.

Insomma, per il governo “una gestione preventiva del trasporto solido di fondo è attuabile sulla base di piani di gestione in comparti definiti e in situazioni sensibili dal profilo della sicurezza del territorio e dei vincoli ambientali”. Questi piani di gestione, però, “sono orientati alla gestione del trasporto solido di fondo causato da piene ordinarie e non possono essere considerati strumenti per evitare fenomeni alluvionali o di trasporto estremi e molto rari, quali quelli osservati nel giugno 2024 in Vallemaggia. Anche in futuro saranno quindi da prevedere interventi di sgombero di materiale solido di fondo a seguito di eventi di piena di una certa entità”. Per il governo tutto ciò è sufficiente. Per Piezzi? Apriti cielo.

LA REAZIONE

‘Un menavia mentre serve fare di più’

«Questa risposta è un classico menavia governativo, che si limita a dire che le norme in vigore sono sufficienti e che la nuova Legge sulla gestione delle acque si occupa convenientemente del caso. Ma non concordo, occorre fare di più, andare oltre, e prevenire è meglio che curare – tuona il deputato Plr da noi raggiunto per una reazione –. E quindi è necessario tematizzare la questione in parlamento». Tradotto: «Chiederò che la mozione segua il suo iter».

È sul battagliero andante Piezzi, che ricorda però anche un’altra pietra angolare: un suo emendamento, approvato dal Gran Consiglio assieme alla nuova Lga, nel mese di gennaio riguardo proprio alle Condizioni generali per le estrazioni e le immissioni di materiali. Un emendamento che concerneva l’ammissibilità di estrazione e immissioni di materiali e che ha contestato l’avverbio “soltanto”, riferito all’eventualità di particolari misure di gestione in funzione della sicurezza e dell’equilibrio del trasporto solido di fondo. Troppo poco per Piezzi, perché “anche alla luce dei recenti disastri alluvionali, è essenziale poter agire con maggior tempestività e prevenzione, laddove si presentano rischi legati alla sicurezza di infrastrutture, zone edificate e zone agricole. Le regolamentazioni non devono perciò essere troppo restrittive».

‘I recenti disastri alluvionali mostrano che la regolamentazione non è sufficiente’

Questa modifica, riconosce il granconsigliere liberale radicale, «va proprio nella direzione della mozione. Ma a mio avviso è necessario, anzi urgente, un cambio di passo e di approccio nella gestione dei materiali presenti sui letti dei fiumi, proprio in ottica preventiva. Oltre alle modifiche legislative, sarà essenziale adeguare in tal senso anche il relativo Regolamento e il Decreto esecutivo. I recenti disastri alluvionali avvenuti in Vallemaggia, tra le altre cose, dimostrano piuttosto che le regolamentazioni in atto non sono sufficienti – aggiunge Piezzi –, perciò vanno adattate e riviste in modo che si possa intervenire con maggior incisività e tempestività, e soprattutto che tali interventi siano favoriti laddove sussistono problemi legati alla sicurezza di infrastrutture come ponti, passerelle, strade o tralicci, zone edificate e zone agricole».

Però nel messaggio è presente un chiaro riferimento al fatto che i piani di gestione sono orientati al trasporto solido di fondo causato dalle piene ordinarie e quindi non possono essere uno strumento preventivo come per l’alluvione della Vallemaggia. Apriti cielo parte seconda: «Sta proprio qui il problema! – risponde Piezzi –. Innanzitutto eventi come quello in Vallemaggia non credo si possano definire “molto rari”, alla luce di quanto accade in questi anni un po’ ovunque. La gestione di questi comparti deve perciò riuscire a prevenire che questi disastri accadano e si manifestino continuamente. Quindi, ancora una volta, urge un cambio di approccio».