A rendere impossibile l’introduzione della ‘tassa della salute’ per i frontalieri non c’è solo l’indisponibilità dei cantoni Ticino, Grigioni e Vallese a fornire i redditi netti dei ‘vecchi frontalieri’ sui quali calcolare il balzello. La proposta, va ricordato, è stata introdotta con la Finanziaria 2024 e peggiorata (secondo chi è contrario al balzello) con la Finanziaria 2025, in quanto prevede un’autocertificazione (fatto senza precedenti), e il raddoppio delle sanzioni per chi non denuncia quanto guadagna in Svizzera. Ora, stando alle organizzazioni sindacali dei frontalieri della Regione Lombardia, cui spetta scrivere i decreti attuativi, cioè le norme per come far pagare la ‘tassa sulla salute’, la maggioranza si è spaccata: da una parte la Lega (da sempre favorevole), dall’altra Forza Italia (contraria), mentre Fratelli d’Italia starebbe alla finestra. La Lega considera il balzello un contributo a sostegno del Servizio sanitario nazionale, e quindi non una tassa. Contributo da destinare in parte a sostegno di un intervento economico a favore di medici e infermieri per cercare di trattenerli nelle strutture sanitarie della fascia di confine in perenne difficoltà a causa della carenza di personale sanitario che continua a scappare in Canton Ticino. Un bonus di poche centinaia di euro al mese, da molti considerato non a torto un provvedimento inefficace, considerata la differenza salariale tra Italia e Svizzera. Differenza di uno a tre anche per i nuovi frontalieri nonostante siano tassati in Italia, come prevede l’accordo italo-svizzero sulla nuova fiscalità dei frontalieri in vigore dal 1° gennaio 2024. Nuovo accordo che esclude una doppia tassazione, e su questo fanno leva i sindacati.
Nel frattempo continua la reazione sdegnata dei sindaci dei comuni di confine, che beneficiano dei ristorni dei frontalieri, all’idea del ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti che recentemente a Varese ha affermato: “Se non pagano i lavoratori, pagano i comuni utilizzando i ristorni”. A questo punto due conti per comprendere lo sdegno dei sindaci di tutti gli orientamenti politici, compresi quindi anche quelli della Lega. La Regione Lombardia ha stimato di incassare con la ‘tassa sulla salute’ – non meno di 30 e non più di 200 euro al mese per ogni lavoratore occupato nei tre cantoni svizzeri –, 150 milioni di euro all’anno.
Per il 2023 il Canton Ticino ha inviato a Roma 107 milioni di franchi (118 milioni di euro: 90 milioni di euro quelli arrivati in Lombardia). Insomma, pochi ma essenziali dati per capire che l’idea di Giorgetti sembra essere irrealizzabile. “Se dovesse passare la proposta del ministro per tutti i comuni di frontiera sarebbe il fallimento”, sintetizza, anche a nome dei suoi colleghi, Massimo Mastromarino, sindaco di Lavena Ponte Tresa, nonché presidente dell’Associazione nazionale dei comuni di frontiera. In altri termini, quanto basta per capire che la ‘tassa sulla salute’ è l’argomento forte dell’assemblea internazionale dei frontalieri occupati in Svizzera che si terrà sabato 15 febbraio alle 10 presso il Cinema Teatro Nuovo. Non mancano altri temi che si trascinano da tempo, come la Naspi (indennità di disoccupazione), il telelavoro, l’elenco di comuni di frontiera (sempre in discussione) e soprattutto l’assegno unico, che continua a non essere erogato, tanto che l’Italia è stata messa in procedura d’infrazione dalle autorità europee, a seguito di una iniziativa sindacale. Tutti temi che saranno affrontati il prossimo 24 febbraio in occasione della prima riunione del tavolo interministeriale (Lavoro, Esteri e Finanze), costituito nel 2023 al fine di definire del lavoro frontaliero. Oltre ai sindacati, saranno presenti anche Mastromarino per i comuni di frontiera e altri enti e associazioni. di Marco Marelli