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‘Strumento obbligato, in cui però nessun curante si riconosce’

Adatto per misurare i bisogni clinici, ma non le necessità sociali e di prevenzione, l’Ocst evidenzia che il Rai-Nh non è funzionale nelle case anziani

In sintesi:
  • Il Rai-Nh, lo strumento di valutazione utilizzato nelle case per anziani ticinesi per calcolare la dotazione di personale necessaria e determinare i deficit dei pazienti, non considera adeguatamente alcuni aspetti del lavoro dei curanti
  • Si rischia quindi un’eccessiva medicalizzazione degli anziani e che si vada incontro a una sotto-dotazione di personale e, quindi, a una diminuzione della qualità delle cure
‘Chiesta sempre più qualità, che però non viene conteggiata’
(Keystone)
12 febbraio 2025
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Lo strumento di valutazione utilizzato nelle case per anziani ticinesi per calcolare la dotazione di personale necessaria e determinare i deficit dei pazienti non considera adeguatamente alcuni aspetti del lavoro dei curanti. È a queste conclusioni che è giunto il questionario sottoposto al personale delle case anziani realizzato dall’Ocst. Uno strumento, scrive il sindacato, “adatto a misurare i bisogni clinici degli utenti, ma che sottovaluta le necessità sociali e di prevenzione. Per questo il suo uso non è funzionale nelle case anziani”.

Ma andiamo con ordine. L’oggetto del sondaggio dell’Ocst è il Rai-NursingHome o Rai-Nh. Si tratta, spiega il sindacato, di “uno strumento di valutazione infermieristico-geriatrica utilizzato nelle case per anziani per determinare le risorse disponibili e i deficit dei pazienti. In Ticino viene utilizzato anche per calcolare la dotazione di personale curante e assistenziale necessaria, sulla base di un sistema di calcolo concordato tra gli enti finanziatori e i beneficiari dei finanziamenti”. In altri termini, è uno strumento fondamentale attraverso cui questi istituti ricevono i finanziamenti necessari per operare. Ed è a partire dalle testimonianze arrivate all’Ocst da alcuni lavoratori che operano in questo ambito che è emerso che il sovraccarico di lavoro e la carenza di personale nelle strutture sono strettamente correlati all’uso di questo strumento. Ragione per cui è stato attivato un gruppo di lavoro che ha coinvolto i diretti interessati nella realizzazione del questionario.

Punteggi sfasati

Gli ospiti delle case anziani, nota quindi il sindacato, “hanno bisogni clinici più frequenti e più complessi di coloro che risiedono nelle proprie abitazioni. A ciò si aggiunge però tutta una serie di necessità di cura in senso più ampio: il bisogno di coltivare delle relazioni sociali, anche con le operatrici e gli operatori che si occupano di loro, di restare il più possibile indipendenti, per esempio nell’alimentarsi, nel bere e nella cura della propria igiene personale, e di essere sensibilizzati sulla prevenzione, per esempio delle cadute e delle piaghe da decubito”. Il Rai-Nh, tuttavia, non tiene sufficientemente conto degli aspetti meno clinici. Questo strumento, per come è strutturato, valuta per esempio con un punteggio più alto l’idratazione per via parenterale, rispetto all’assistenza nel bere con un bicchiere. Il motivo è che, come detto, le azioni di cura non clinica ricevono un punteggio più basso di quelle cliniche. Lo stesso vale per l’alimentazione, la prevenzione delle cadute o delle piaghe da decubito. Il Rai-Nh non considera poi un fenomeno in crescita in questi anni, cioè la cura dei cosiddetti ospiti psicogeriatrici e la gestione dei problemi comportamentali.

Eccessiva medicalizzazione e perdita di personale

Due dunque i principali aspetti problematici derivanti dal sistema di calcolo del Rai-Nh. Il primo: “Per come è previsto oggi – rileva l’Ocst – l’uso del Rai-Nh potrebbe portare a una diminuzione di tutte le azioni non cliniche nei confronti dei pazienti e a un aumento di quelle cliniche, con il rischio di un’eccessiva medicalizzazione degli anziani”. Il secondo: “Che si vada incontro a una sotto-dotazione di personale e a una diminuzione della qualità delle cure”. Risvolti, va da sé, non trascurabili. Non solo. “È importante considerare – aggiunge il sindacato – che le lavoratrici e i lavoratori del settore soffrono molto del non potersi prendere cura degli anziani come vorrebbero a causa della costante carenza di tempo. Questa mancanza di soddisfazione, come emerge anche dal questionario, porta molte persone a decidere di abbandonare precocemente la professione”.

Un duplice obiettivo

Lo scopo del questionario è dunque duplice. “Un primo intento, diretto – osserva il sindacato –, consiste nel proporre i risultati ottenuti come base di discussione a chi ha la responsabilità di valutare la corretta dotazione di personale al fine di migliorare le condizioni di lavoro del personale attivo in questo settore. Il secondo intento, indiretto, è volto a sensibilizzare le lavoratrici e i lavoratori, che operano in questo settore, sulle conseguenze effettive che un uso adeguato di tale strumento ha nel calcolo del contingente”.

La testimonianza

‘Frustrante non vedersi riconosciuto il lavoro’

Per capire come le criticità emerse dal sondaggio si ripercuotano nel quotidiano e a lungo termine sul personale curante, abbiamo interpellato Anthea Gianora, specialista clinica e infermiera all’istituto Casa Petronilla di Biasca, che ha partecipato all’indagine del sindacato.

Da dove nasce l’esigenza di parlare di questo tema?

È da dieci anni che lavoro nella sanità, sempre in case per anziani, e ho fatto per sette anni parte di due diverse commissioni interne. Ogni volta che come curanti abbiamo portato all’attenzione delle diverse direzioni il tema della scarsità di personale, i vertici si ‘barricavano’ dietro questo strumento di misurazione. Nonostante i casi complessi e le difficoltà concrete, eravamo sempre a un punto morto. Da qui l’iniziativa di indagare il tema. Siccome utilizzo il Rai-Nh da anni e ho svolto tutte le formazioni, con il sostegno dell’Ocst abbiamo iniziato a cercare di capire quali fossero i problemi di questo sistema. Approfondendo ci siamo resi conto sempre più di come si trattasse di un problema in ogni casa anziani ticinese, proprio perché è uno strumento poco rappresentativo del lavoro che facciamo. Uno strumento obbligato, nel quale però nessun curante si riconosce. È probabile che alla sua implementazione negli anni 1990-2000 il Rai-Nh fosse uno strumento abbastanza rappresentativo. Negli anni però gli anziani sono cambiati: ci sono nuove casistiche più presenti, come la psicogeriatria o l’Alzheimer. Anche il setting familiare gioca un ruolo non trascurabile. Tutte queste casistiche richiedono ovviamente del tempo per essere gestite, ma il Rai-Nh non reagisce alla loro codifica.

Come funziona il Rai-Nh?

Il Rai-Nh viene compilato per ogni residente alla sua entrata nell’istituto e poi ogni sei mesi per 14 giorni. Nell’arco di queste due settimane chiunque presti cura al residente deve documentare nel dettaglio le prestazioni fornite. Questa documentazione permette quindi di codificare le prestazioni che vanno poi a costituire il punteggio del Rai-Nh, che servirà a stabilire il contingente necessario. Durante questi 14 giorni c’è dunque un grande lavoro burocratico, circa il triplo rispetto al solito, che coinvolge ausiliari, assistenti di cura e infermieri. Compilare il Rai-Nh non è particolarmente difficile, a patto però che la documentazione dei 14 giorni precedenti sia dettagliata. Quando quindi la documentazione è scarsa e mancano informazioni abbiamo un problema. Un altro punto critico del Rai-Nh è che viene utilizzato solo ed esclusivamente per ottenere il finanziamento, in generale non viene utilizzato come strumento clinico di valutazione dei residenti per l’implementazione delle cure.

Tra il personale c’è consapevolezza dell’importanza di fornire una documentazione completa?

L’importanza del Rai-Nh non viene spiegata a sufficienza durante gli studi. Alla Supsi e alla Sssci, nelle formazioni di base, viene per esempio solo ventilata l’esistenza di questo strumento. Quando si entra nel mondo del lavoro, se tutto va bene, uno dei colleghi si occupa di spiegare brevemente cosa vada fatto durante quei 14 giorni. Ovviamente ci sono delle strutture più lungimiranti che organizzano delle formazioni interne. Non c’è però nessun obbligo che tutti i curanti di un istituto siano formati in merito. In altre parole ogni struttura fa da sé, il che è assurdo, perché è lo strumento che ci permette di avere uno stipendio a fine mese. Dovremmo conoscerlo tutti a menadito. In tal senso non c’è abbastanza consapevolezza di che cosa comporti raccogliere superficialmente la documentazione che precede la compilazione del Rai-Nh. Spesso si ha la percezione che sia un compito che spetti ad altri e che la documentazione non sia così importante. Non è così. Anche se non c’è una direttiva ben definita, ogni struttura dovrebbe lavorare sulla sensibilizzazione del proprio personale. E questo perché non compilando adeguatamente il Rai-Nh si rischia di sottostimare il tempo di cura dedicato ai residenti, con la conseguenza di perdere personale l’anno dopo. A risentirne, va da sé, anche la qualità delle cure. Tra una cosa e l’altra è anche possibile perdere di anno in anno posti di lavoro: una piccola mancanza qui, una lì, è presto fatto che un assistente di cura non si veda rinnovato il contratto. A mancare, poi, è spesso anche il tempo per raccogliere la documentazione: ci sono dei giorni in cui per forze maggiori le priorità sono altre.

In quali casi il Rai-Nh non reagisce alla cura prestata?

Ci sono diversi cappelli ai quali il Rai-Nh non reagisce. Un esempio emblematico è quello della prevenzione: il Rai-Nh tiene conto del problema, ma non del tuo intervento per prevenirlo. Penso al rischio di cadute, alle piaghe da decubito o alla disidratazione. C’è poi tutta una serie di interventi che, se codificati, non danno minutaggio in più, pur investendoci molto tempo. L’informatica, i decorsi e le visite mediche sono alcuni altri esempi in tal senso, come pure il tempo dedicato alla discussione del caso con il residente e la sua famiglia. È un grosso buco, perché si tratta di momenti centrali per la qualità delle cure. Sedersi al tavolo con i residenti ed eventualmente con la loro famiglia è prioritario per il benessere dell’anziano. Ci viene chiesto sempre più di lavorare in maniera multidisciplinare, ma lo strumento che usiamo per determinare il contingente non ne tiene conto. Insomma, da un lato ci viene richiesto come criterio di qualità, ma dall’altro questa qualità non ci viene riconosciuta.

Da qui la frustrazione spesso percepita dal personale curante...

Certo, è frustrante, ci sono un sacco di cose che facciamo durante la giornata, ma che il Rai-Nh non calcola. Ovviamente le facciamo lo stesso, perché è il nostro lavoro e i residenti si meritano cure di qualità. Il sondaggio è nato in un momento molto particolare, verso la fine della pandemia, ma prima dei tagli. Se già c’era frustrazione all’epoca, perché oltre alla pacca sulla spalla ci aspettavamo qualcosa di più, poi è pure arrivata la mazzata dei tagli. Sono cambiate le nostre aspettative, ora non ci aspettiamo qualcosa in più, ma che perlomeno venga riconosciuto il nostro lavoro. Il nostro è evidentemente un appello alla politica a stare sul pezzo. I tagli nelle case anziani, oltre a colpire chi vi lavora, influiscono sul mandato di prestazione andando a togliere ai residenti.

Sono previste alcune novità per il 2025, quali?

Fino a ora in Svizzera c’erano più strumenti di valutazione, dal 2025 tutte le case per anziani dovranno implementare il Rai-Nh, il sistema scelto è interRai-Ltcf Ch. Si accorceranno inoltre i tempi, dato che la raccolta dati non sarà più su 14 giorni, ma su 7. In questo modo dovrebbe quindi diminuire il carico burocratico, ma allo stesso tempo bisognerà condensare tutto in pochi giorni facendo ancora più attenzione che non ci sfugga nulla, e diventa ancora più cruciale avere un personale adeguatamente formato e consapevole dell’utilizzo di questo strumento. Determinate prestazioni dovrebbero poi acquistare qualche punto in più. Comunque sia, finché non vedo, non credo. Le criticità sostanziali rimangono.