Al comitato cantonale la capogruppo dimissionaria avverte: ‘Con dissapori interni e senza remare nella stessa direzione abbiamo perso posizioni’
Con un sorriso, con comprensibile commozione, ma col rompighiaccio in mano. E chi vuol intendere, intenda. Alessandra Gianella, capogruppo del Plr che ha annunciato ieri le proprie dimissioni dalla carica per “accresciuti motivi professionali”, prende commiato – applauditissima – dal Comitato cantonale liberale radicale riunitosi questa sera a Paradiso. Lo fa con parole al miele, ma levandosi dei sassolini dalle scarpe che non sfuggono a chi ha orecchie per ascoltare.
«Mancano due anni alle elezioni del 2027, se vogliamo ottenere buoni risultati, recuperare i seggi persi in Gran Consiglio e, perché no, recuperare il secondo seggio in Consiglio di Stato dobbiamo lavorare tutti insieme», premette Gianella. Ma come? Eccoci alla carne viva: «Lavorando tutti insieme, dimenticando alcuni dissapori interni che conosciamo, che abbiamo vissuto negli anni e che hanno contribuito a farci perdere sia posizioni, sia quel ruolo di partito riferimento politico indispensabile».
E ancora: «Insieme siamo forti, ma solo se tutti remiamo nella stessa direzione». Con alterne fortune – «abbiamo vinto, perso, gioito e mandato giù qualche boccone amaro» –, Gianella ricorda di essersi sentita, nella conduzione del gruppo parlamentare, «un po' come un direttore d'orchestra, consapevole che però nulla è logico né scontato, e che la disciplina di partito che è applicabile su questioni di principio, in questi tempi è sempre più difficilmente praticabile». E questo gruppo parlamentare, «ho provato sempre a mantenerlo compatto nonostante tutte le diverse sensibilità che ci sono, e per fortuna, al suo interno».
Con realismo, Gianella ricorda che «i tempi sono cambiati, ma i nostri valori no». Solo che, va da sé, «risulta molto più difficile, anche in Ticino, far prevalere proposte e soluzioni liberali radicali». E la costante ricerca del compromesso è fondamentale, mentre «alcuni faticano ad accettare che la perdita di consensi e i numeri che si sono ridotti portano a un approccio più complicato sul piano istituzionale. È sempre più complicato prendere decisioni restando razionali e coerenti, senza farsi trasportare dalla pancia e da quello che paga elettoralmente».
Però dai, è stato bello. «Una montagna russa infinita», definisce questo quinquennio passato alla testa del gruppo liberale radicale. Con un mantra: «Restare coi piedi per terra, senza cadere nel populismo». Perché, rimarca Gianella, «spesso sembra colpa degli altri, mai che si prendano delle responsabilità. Sempre a seguire il vento, e al diavolo la coerenza: questo sistema non mi rappresenta. Ho sempre lottato per non cedere al disfattismo, cercando il compromesso con gli altri partiti». E, dai che ridai, «alla fine il bilancio è positivo».
Quasi dando il La al tema del comitato – la conciliabilità famiglia lavoro –, Gianella conclude affermando che «combinare questo lavoro a titolo volontario con l'attività professionale e la vita privata non è stato una passeggiata. Beata milizia, sì. Ma mette sempre più a dura prova la conciliabilità tra carriera, politica e vita privata».
Eccoci quindi all'altra protagonista di serata: la conciliabilità lavoro famiglia, attraverso un denso documento di posizione in 12 punti frutto del gruppo di lavoro coordinato da Paolo Toscanelli, e una tavola rotonda con lo stesso Toscanelli, il direttore della Camera di commercio Luca Albertoni e l'imprenditrice Beatrice Fasana moderati dalla granconsigliera Natalia Ferrara. I punti vanno dalla flessibilità lavorativa alla parità di genere, dalla promozione del tempo di lavoro parziale qualificato al supporto ai genitori, dagli incentivi fiscali a tutto il comparto educazione/formazione. Passando anche da una cultura aziendale integrativa e da politiche di congedo, attraverso innovazione tecnologica, responsabilità sociale, conciliabilità tra vita lavorativa e privata a favore della sostenibilità, flessibilità pubblica intesa come settore dei trasporti.
Su questo in particolare, ma pure su altri ambiti, il presidente cantonale Alessandro Speziali picchia duro: «Sull'agenda ci siamo, perché noi siamo il partito dei temi». Cominciando dalla soglia di sbarramento che sta facendo molto accalorare la politica: «Vogliamo portare un'ampia riflessione, politica e società evolvono ed evolvono anche i sistemi elettorali». Dopo un'altra carineria al non citato direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali sulla querelle ‘spopolamento delle valli’ «che rispediamo al mittente» e rivendicato la proposta di riforma della scuola, «un modello che non risponde alle scatole ideologiche che cercano di somministrarci a livello dipartimentale, ma permette di guardare alla scuola da qui ai prossimi trent'anni», tocca alla giustizia.
Settore delicatissimo e agli onori delle cronache, col caos in seno al Tribunale penale cantonale, sul quale Speziali si complimenta con i membri Plr della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’: «Vi siete distinti per il lavoro, non per il cinguettio politico che altri intonano ogni settimana». E anche qua: chi vuol intendere, intenda.
Un atto dovuto è il passare a prender dividendi autocitandosi sul “governo stanco”, con Speziali che appunto per questo sostiene che «dobbiamo essere doppiamente attivi, vigorosi e propositivi come partito, anche continuando a essere critici come abbiamo fatto col Preventivo e continuando a essere vigorosi come con il chiedere che gli 80 milioni in arrivo dalla Banca nazionale vengano usati sì per il deficit, ma anche come vitamina per proporre investimenti una tantum e misure con effetto leva per il territorio».
E, a margine del comitato, Speziali dice a ‘laRegione’: «Dal 2030 si potrebbe pensare come ulteriore stimolo la riorganizzazione dei dipartimenti, anche per superare i muri altissimi del dipartimentalismo».