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‘Aspettare altri mesi non avrebbe cambiato la situazione’

L'Ufficio presidenziale del Gran Consiglio è stato informato che il procedimento disciplinare contro Ermani non sarebbe andato avanti in ogni caso

In sintesi:
  • Tra i papabili alla successione gira il nome di Paolo Bordoli
  • Ora si aspetta il bando di concorso
  • Ricusazione del Cdm, la Commissione di ricorso respinge le censure sollevate dai due giudici nel frattempo destituiti 
L’ex giudice
(Ti-Press)
14 gennaio 2025
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Luce verde alle dimissioni – con effetto immediato – di Mauro Ermani dalla magistratura, da lui presentate martedì della scorsa settimana. Una partenza che il presidente del Tpc, il Tribunale penale cantonale, ha motivato con problemi di salute. L’Ufficio presidenziale (Up) del Gran Consiglio – chiamato a decidere se derogare o meno al termine di disdetta previsto per i magistrati (sei mesi) – ha dato questa mattina seguito all’istanza di Ermani: il magistrato, oggi ex, chiedeva che le proprie dimissioni potessero “esplicare i loro effetti nel più breve tempo possibile”. E, stando alla Legge sull’organizzazione giudiziaria, “su domanda motivata del magistrato, l’Ufficio presidenziale può ridurre” il termine di sei mesi “se nessun interesse essenziale vi si oppone”. Così è avvenuto.

La decisione dell’Up ha però un effetto collaterale. Nei confronti di Ermani era stato avviato dal Consiglio della magistratura un procedimento disciplinare per l’invio tramite WhatsApp a una segretaria del Tpc della foto tratta da internet – due peni giganti di plastica, una donna seduta in mezzo e la scritta ‘ufficio penale’ –, nonché per altri episodi oggetto della segnalazione fatta dalla Sezione risorse umane (Amministrazione cantonale) al Cdm, sezione cui si era rivolta la stessa funzionaria, presunta vittima di mobbing da parte di una collega. Il procedimento disciplinare viene archiviato.

Ma perché non aspettare i sei mesi permettendo così alla procedura di andare avanti? Non sarebbe successo. Lo indica il Regolamento del Consiglio della magistratura: “La procedura disciplinare viene sospesa in caso di mancata rielezione o di dimissioni del magistrato che ne è oggetto. Essa è riattivata qualora l’interessato fosse eletto a una nuova carica in magistratura” (articolo 31, capoverso 7).

«Come Ufficio presidenziale ci siamo trovati di fronte a una decisione estremamente delicata in un contesto delicato e già compromesso», premette il presidente dell’Up, il leghista Michele Guerra. «Quale prima cosa abbiamo fatto fare un’importante verifica interna ai nostri servizi giuridici, che ha dato un primo semaforo verde alla possibilità di accordare il rilascio anticipato. Ma, non ancora convinti, abbiamo voluto fare ulteriori approfondimenti chiedendo al Consiglio della magistratura che ci rispondesse in forma scritta e ufficiale a tutta una serie di quesiti fondamentali». Scritto che ha informato l’Ufficio presidenziale del parlamento sulla procedura contenuta nel Regolamento del Cdm aggiornato nel novembre 2023 con l’approvazione anche della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’. Ovvero: tutti i procedimenti sanzionatori vengono sospesi/bloccati non quando il magistrato lascia effettivamente il palazzo e l’incarico, ma quando inoltra le sue dimissioni. Ergo: il procedimento a carico di Ermani non va avanti. «La risposta del Cdm ci ha indicato che era già bloccato. E sei mesi in più o in meno non avrebbero influito sul procedimento sanzionatorio bloccato dal Consiglio della magistratura», spiega Guerra. «Abbiamo quindi ponderato anche i problemi di salute ma soprattutto abbiamo anteposto a tutto il funzionamento del tribunale e della Giustizia al fine di lasciarsi alle spalle questa pagina. Per tale motivo soprattutto, l’Ufficio presidenziale ha in definitiva dato l’ok alla richiesta formale inviata dal rappresentante legale del giudice, l’avvocato Luigi Mattei». Sta di fatto che mai si conoscerà l’esito della procedura disciplinare nei confronti di Ermani, il quale peraltro non ha risolto, o non è riuscito a risolvere, i conflitti in corso da anni tra funzionari del Tpc, come avrebbe dovuto fare in veste di presidente del Tribunale penale.

Dopo la decisione dell’Up del Gran Consiglio, la commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ potrà dunque pubblicare il bando di concorso per la sostituzione di Ermani in seno al Tribunale d’appello. Cosa, tuttavia, che farà non prima di aver ricevuto indicazioni dai vertici del medesimo tribunale su giudici d’Appello in carica che hanno eventualmente esercitato il diritto di opzione, postulando il passaggio al Tpc, sezione del Tribunale d’appello. Solo cosi sarà possibile stabilire nel bando di concorso la funzione del giudice che verrà eletto dal Gran Consiglio.

Ermani, in quota socialista, era stato nominato giudice d’Appello nel 2002, quando lasciò la carica di pretore di Lugano per succedere al Tpc allo scomparso Mario Luvini. Dal marzo del 2014 – quindi per oltre dieci anni – ha ricoperto la carica di presidente del Tribunale penale. Tra i nomi dei papabili alla sua successione gira quello di Paolo Bordoli, già procuratore pubblico e ora giudice dei provvedimenti coercitivi, anch’egli di area socialista.

Domani il Consiglio di Stato dovrebbe esprimersi sulla lettera con cui la commissione ‘Giustizia e diritti’ gli chiede “di procedere in tempi rapidi alla nomina di due giudici straordinari (in questi casi la competenza è del governo, ndr), al fine di garantire l’operatività” del Tribunale penale cantonale, che attualmente annovera due soli giudici (il vice Marco Villa e Amos Pagnamenta) su cinque, dopo la destituzione di Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti decisa dal Consiglio della magistratura – sentenza impugnata dai due – e le dimissioni di Ermani. Da nostre informazioni, ci sono persone che si sono dette interessate ad assumere temporaneamente la carica. Fra quelle contattate dal Tribunale d’appello anche l’ex giudice Mauro Mini, in pensione dal settembre 2021. Il già presidente della Corte dei reclami penali ha però declinato l’invito. «Per impegni già assunti», spiega alla ‘Regione’.

Ricusazione Consiglio della magistratura, la Commissione respinge i ricorsi

Tonando al cosiddetto caos Tpc, la Commissione di ricorso sulla magistratura ha intanto respinto nei giorni scorsi i ricorsi di Quadri e Verda Chiocchetti contro le tre decisioni dello stesso Consiglio della magistratura che aveva respinto altrettante istanze di ricusazione presentate nei suoi confronti (nei confronti dell’intero Cdm) dai due giudici nel frattempo destituiti. I ricorsi sono stati dichiarati irricevibili per questioni procedurali. Non si è quindi entrati nel merito delle censure sollevate dai ricorrenti.

L’avvocato: ‘Sentenze giuridicamente sconcertanti, si va al Tf’

Circostanza che ci viene confermata dall’avvocato Marco Broggini, patrocinatore di Quadri e Verda Chiocchetti. Interpellato per una presa di posizione sulle due recenti sentenze della Commissione di ricorso, Broggini premette di esprimersi a titolo personale. «Secondo il mio umile parere si tratta di due sentenze tanto sconcertanti dal profilo giuridico, da meritarsi l’appellativo di decisioni politiche – afferma il legale –. È pacifico – aggiunge l’avvocato Broggini – che le stesse verranno impugnate davanti al Tribunale federale nei termini di legge». La Commissione di ricorso non si è invece ancora pronunciata sulla restituzione/conferimento dell’effetto sospensivo ai ricorsi inoltrati da Quadri e Verda contro la sentenza del Cdm che li ha licenziati in tronco, lasciandoli subito senza stipendio. Tantomeno nel merito degli stessi.