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‘La riforma fiscale crea buchi che i Comuni dovranno colmare’

Per il sindaco di Bellinzona Mario Branda la conseguenza di un sì alle urne è chiara: ‘Aumento del moltiplicatore o rinvio di progetti e servizi’

In sintesi:
  • ‘La nostra pianificazione finanziaria non contemplava questa misura. Mancheranno circa 1,5 milioni di franchi all’anno’
  • ‘Referendum lanciato dai Comuni? sarebbe stato un segnale, ma i Comuni non fanno politica alla stregua di partiti’
29 maggio 2024
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La riforma fiscale avrà delle conseguenze dirette sui Comuni. E per alcuni potrebbe comportare un aumento del moltiplicatore comunale (leggasi: più imposte) o il rinvio di investimenti e la riduzione di servizi alla popolazione. «Anche a noi sarebbe piaciuto in autonomia ridurre le imposte ai nostri concittadini», afferma Mario Branda, sindaco di Bellinzona, che fa parte della schiera (per ora poco rumorosa) di sindaci e municipali contrari alla riforma fiscale in votazione il 9 giugno. «Non l’avevamo, responsabilmente, ancora fatto perché in questo momento storico puntavamo sull’allargamento dei servizi alla popolazione e sugli investimenti per lo sviluppo della Città. La decisione del Gran Consiglio ci mette ora chiaramente in difficoltà».

La riforma fiscale in votazione avrà un impatto diretto anche per le casse dei Comuni ticinesi, questo è chiaro. Ma cosa non vi convince? Quali sono i punti critici?

Premetto che la riforma fiscale che ci venne illustrata la scorsa estate non comportava effetti rilevanti per i conti dei Comuni. Le modifiche successivamente apportate dalla commissione parlamentare della Gestione, in particolare la riduzione lineare dell’1,66 per cento delle aliquote dell’imposta sul reddito di tutte le persone fisiche, invece ne hanno eccome. Ci troviamo ancora una volta con il Cantone che per risolvere i propri problemi di bilancio, e di politica fiscale, scarica una parte non indifferente del peso sui Comuni. Il moltiplicatore d’imposta cantonale doveva servire anche a sganciare l’azione e i programmi della politica cantonale da quella comunale. Sembrava, in altre parole, che si volesse in qualche modo tenere maggiormente conto dei margini di autonomia dei Comuni. Alla prima occasione, invece, il meccanismo è stato aggirato con la riduzione del coefficiente generale di imposizione. Voglio dire che per quanto riguarda le politiche di bilancio ognuno dovrebbe fare i compiti in casa propria. Il controverso aumento del moltiplicatore d’imposta cantonale, che viene riportato al 100%, non l’hanno deciso i Comuni e non è certo colpa loro. Le risorse per compensare i cittadini ticinesi di questo aumento, se lo si vuole fare, erano da trovare all’interno del bilancio cantonale. La soluzione qui proposta è però anche sbagliata dal punto di vista istituzionale. Viene da chiedersi a cosa servano i Comuni e quale sia il loro ruolo oggi e in futuro. Si parla della vicinanza ai cittadini e della qualità dei servizi di prossimità: se però, per finire, diventano, come ha avuto modo di affermare Giuseppe Cotti, mio collega municipale di Locarno, semplici sportelli amministrativi probabilmente in futuro se ne potrà fare anche a meno.

È ipotizzabile che alcuni Comuni, Bellinzona in questo caso, saranno costretti in caso di approvazione della riforma a dover alzare il moltiplicatore comunale? C’è questo rischio o è già una certezza?

Lo scorso 27 novembre le città di Chiasso, Mendrisio, Lugano, Locarno e Bellinzona si erano rivolte alla Commissione della gestione e, suo tramite, al parlamento, segnalando in una propria lettera la problematicità di questa riforma poiché impattante sulle finanze comunali. In quell’occasione dicemmo che la manovra avrebbe riversato sugli enti locali l’onere e la responsabilità di un eventuale incremento della pressione fiscale, con un aumento del moltiplicatore d’imposta, oppure di un taglio ai servizi erogati direttamente ai cittadini. Queste considerazioni valgono naturalmente ancora oggi. La nostra pianificazione finanziaria non contemplava questa misura. Mancheranno circa 1,5 milioni di franchi all’anno! Bellinzona come l’ottanta per cento dei Comuni ticinesi e, in particolare quelli del Sopraceneri, non dispone, per ovvie ragioni, delle risorse fiscali e dei contribuenti di Città o Comuni più ricchi, per cui, registrerà una perdita secca già a partire dal 2025. Tornando alla sua domanda per il caso in cui passasse la riforma, non posso escludere nulla. Quando si creano questi ‘buchi’ si deve cercare di colmarli, considerando alternativamente o cumulativamente misure di riequilibrio tra cui un aumento del moltiplicatore comunale come anche una riduzione o un procrastinamento di investimenti o servizi necessari per la popolazione. Anche a noi sarebbe piaciuto in autonomia ridurre le imposte ai nostri concittadini, non l’avevamo, responsabilmente, ancora fatto perché in questo momento storico puntavamo sull’allargamento dei servizi alla popolazione e sugli investimenti per lo sviluppo della città. La decisione del parlamento ci mette ora chiaramente in difficoltà.

Diversi sindaci e municipali si sono detti a favore della riforma fiscale. Piero Marchesi, sindaco di Tresa, ha affermato che “l’impatto sui Comuni è uno spauracchio da contestare”. Come si spiegano queste posizioni favorevoli a livello comunale?

Immagino che vi siano anche considerazioni di ordine politico-partitico. In ogni caso non conosco la struttura dei contribuenti di Tresa e può darsi che non corrispondano a quelli di Bellinzona. È pero pacifico che questa riforma avrà un impatto evidente.

Tra i Comuni critici alla riforma c’era l’idea di lanciare un referendum degli enti locali. Ipotesi poi scartata. Alle urne si andrà in ogni caso, ma non pensa che un referendum lanciato dai comuni avrebbe rappresentato anche un messaggio politico verso la popolazione?

Può darsi, ma i Comuni non fanno politica alla stregua di partiti. Lo Stato benché si declini a livelli e in forme diverse è uno solo. Uno scontro frontale, come sarebbe quasi inevitabile nel caso di un referendum diretto tra Comuni e Cantone, al Municipio di Bellinzona non era parso né utile né valido da questo punto di vista. Lo stesso discorso varrebbe nel caso di uno scontro tra Cantoni e Confederazione. Per un’iniziativa sarebbe forse un po’ diverso. Non so evidentemente i ragionamenti che sono stati fatti negli altri Comuni.

Scartata l’idea del referendum, perché non si è creato un fronte dei Comuni compatto come si pensava durante le prime discussioni post approvazione in Gran Consiglio?

Da quello che sento in generale non mi pare che gli amministratori comunali abbiano cambiato idea, l’incomprensione per una misura che finisce per mortificare l’impegno di tanti amministratori nella gestione dei conti comunali rimane.

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