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‘La cassa malati unica? Non risolve il problema dei costi’

Alain Berset in visita in Ticino è netto sulla richiesta del suo partito: ‘Efficace solo per la trasparenza’. E sottolinea: ‘Deluso dal parlamento’

In sintesi:
  • Per il ‘ministro’ della Sanità il ‘Cartello del silenzio’ dei lobbisti blocca la possibilità di trovare delle soluzioni
  • Le sue maggiori soddisfazioni: diminuzione costo dei farmaci, nessun aumento franchigia, e nessuna riduzione del catalogo delle prestazioni
(Ti-Press)
7 ottobre 2023
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«Il mio Dipartimento e il Consiglio federale hanno esaurito le opzioni per ridurre i costi e ora spetta al parlamento agire». Sono le parole pronunciate dal consigliere federale socialista, nonché presidente della Confederazione, Alain Berset in apertura della tavola rotonda dal titolo ‘Le sfide del sistema sanitario’ organizzata ieri a Lugano dal Ps locale. Premettendo che in Svizzera «abbiamo un ottimo sistema sanitario che grazie all’assicurazione malattie è accessibile a tutti», il capo del Dipartimento dell’interno ha però evidenziato che la qualità ha un prezzo: «Un prezzo che quest’anno si riflette dolorosamente nei premi di cassa malati. Il Ticino è toccato in modo particolare. L’anno prossimo, infatti, il premio mensile medio aumenterà del 10,5%. È l’aumento più forte in Svizzera. Una pessima notizia per le economie domestiche che soffrono già per la crescita dei prezzi degli affitti, dei generi alimentari e dell’energia». Per il responsabile della Sanità – che lascerà il suo incarico a dicembre dopo 12 anni in governo –, l’unico modo per abbassare i premi è ridurre i costi della sanità. A margine del suo intervento lo abbiamo avvicinato per porgli qualche domanda.

Lei sostiene la necessità di riformare il sistema sanitario, ma con questo non si riferisce a una cassa malati unica come chiede il suo partito. Perché non è la via da seguire?

Tutte le proposte di cui si dibatte oggi – dalla cassa malati unica, a quella “light”, passando per l’aumento delle franchigie e la diminuzione del catalogo delle prestazioni – non hanno alcuna influenza sulla gestione dell’aumento dei costi sanitari, che è il vero problema. Constato che quella della cassa unica è una discussione che torna, vediamo quanto terrà banco. Il Consiglio federale è sempre stato contrario, ma io mi sono molto speso – e bisognerà continuare a farlo – per una questione che rientra nella logica di tale proposta e per la quale questa sarebbe utile: la trasparenza.

Ritiene sia possibile trovare delle soluzioni affinché il Ticino non debba sempre subire un aumento dei premi tra i più alti, in quanto presenta il tasso di popolazione più anziana perché molti pensionati vi si trasferiscono da altri cantoni?

È vero che uno dei problemi per il Ticino è il fatto che la popolazione mediamente è più vecchia del resto del Paese per ragioni di migrazione interna, ciò che genera maggiori bisogni che fanno lievitare i costi e i premi. Una situazione certo non piacevole, in particolare per le generazioni più giovani. È un argomento che bisognerebbe iniziare ad affrontare innanzitutto tra i Cantoni.

Quale considera il suo più grande successo nella politica sanitaria in questi 12 anni e qual è invece stata la sua più grande delusione?

Penso che uno dei più grandi successi sia stato quello di fare abbassare il prezzo dei medicamenti di un miliardo di franchi dal 2012. È qualcosa che abbiamo potuto fare per meglio tenere sotto controllo i costi sanitari e di conseguenza i premi, e sono molto fiero. Un secondo elemento positivo è l’essere riuscito a far sì che in questi dodici anni non ci siano stati un aumento della franchigia e una riduzione del catalogo delle prestazioni. Lo ritengo molto importante perché questi due elementi sono garanti del miglior accesso possibile alla sanità. Quanto agli aspetti negativi, c’è sicuramente quello di non aver convinto il parlamento federale ad accettare i due pacchetti di misure per ridurre i costi presentati nel 2019 e nel 2022. È stata una grande delusione e oggi ci rendiamo conto di quanto ne avremmo avuto bisogno.

Questo è successo perché si sono messi di traverso i parlamentari legati alle lobby? Quanto è problematica tale ingerenza?

Per quanto riguarda le lobby e i gruppi di interesse, a livello di principio io sono felice che siano rappresentati a Berna perché abbiamo bisogno di sapere chi la pensa in quale modo. Ritengo importante avere qualcuno ad esempio legato agli ospedali che possa spiegare quali sono i problemi in quell’ambito, o al settore dei farmaci che possa riportare il parere di chi lavora in quel ramo. Però una volta che questi elementi di discussione vengono messi sul tavolo, è fondamentale essere aperti a dei compromessi e cercare delle soluzioni che siano valide per la collettività. Affinché ciò avvenga è necessario spiegare agli attori coinvolti e alle aziende perché sia un bene compiere certi passi, ma questo ormai non si fa più. Abbiamo al contrario dei fronti dove ogni gruppo cerca di bloccare tutto quanto non gli sia favorevole, e lo fa contando sul silenzio degli altri, che tacciono perché sperano che quando saranno in discussione i loro interessi riceveranno lo stesso muto sostegno. È quello che io chiamo il “Cartello del silenzio”, ed è molto negativo.

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