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Affitti su del 15% tra due anni. ‘Crisi sociale’ o ‘allarmismo’?

La cifra è stata ipotizzata dal direttore dell'Ufficio federale abitazioni. Venuti (Inquilini): preoccupato. Montorfani (Economia immobiliare): scettico

In sintesi:
  • Dopo quello di giugno, scongiurato un nuovo rialzo del tasso ipotecario di riferimento a settembre
  • Probabile però che aumenti a dicembre o al più tardi a marzo 
  • Tuttavia diversi inquilini potrebbero ancora aver diritto a una diminuzione della pigione 
(Ti-Press)
4 settembre 2023
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‘Possibile aumento degli affitti in Svizzera di oltre il 15% entro il 2026’. Così titolava sabato il ‘Blick’ riprendendo quanto ipotizzato in un’intervista dal direttore dell’Ufficio federale delle abitazioni Martin Tschirren. Esternazioni che dividono. Da un lato c’è chi si dice molto preoccupato per quella che giudica una vera e propria crisi sociale, come l’Associazione svizzera inquilini (Asi). Dall’altro chi ritiene il dato assolutamente esagerato e mette in guardia da allarmismi montati ad arte, come l’Associazione dell’economia immobiliare (Svit).

Tasso ipotecario di riferimento salito a giugno. Altro rialzo forse in inverno

Alla base dello scenario prospettato da Tschirren ci sono le possibili conseguente del rialzo del tasso ipotecario di riferimento e dell’inflazione. Il tasso ipotecario di riferimento, istituito nel 2008 e stabilito al 3,5%, è diminuito gradualmente negli anni, attestandosi da marzo 2020 a giugno 2023 all’1,25%. Tre mesi fa c’è stato il primo aumento, col passaggio al’1,5%. Secondo la legge, ogni variazione del tasso di 0,25 per cento permette ai proprietari, a determinate condizioni, di aumentare o rispettivamente diminuire le pigioni del 3%. Il tasso viene rivalutato ogni trimestre: a questa tornata di settembre è rimasto invariato, ma secondo Tschirren probabilmente a dicembre o a marzo 2024 aumenterà all’1,75%, con un terzo incremento ritenuto possibile entro il 2026. Quanto all’inflazione, anch’essa può essere riversabile sulle pigioni, nella misura del 40%.

‘Gli inquilini pagano in media 360 franchi al mese di troppo sulla pigione’

Una prima critica mossa dal vicepresidente dell’Associazione svizzera inquilini nonché presidente della sezione ticinese Adriano Venuti riguarda il fatto che non sempre i tassi ipotecari di riferimento corrispondono a quelli reali: «Ci sono per esempio alloggi che godono ancora di tassi di interesse fissati magari due o tre anni fa e che nei prossimi sette o otto anni non varieranno, per cui da questo punto di vista i proprietari non avrebbero valide ragioni per alzare le pigioni, anche se legalmente possono farlo». In generale l’aumento delle pigioni in relazione al tasso di riferimento è possibile solo nel caso in cui il contratto d’affitto sia basato su un tasso inferiore a quello attuale: «Se ad esempio il contratto è precedente a marzo 2020, quando il tasso era dell’1,5% o più, ora il proprietario non può invocare questo motivo per un aumento». Venuti spiega di riflesso che «negli ultimi anni il tasso è sempre sceso ma questa diminuzione non è sempre corrisposta una diminuzione dell’affitto perché non è automatica e va richiesta dall’inquilino. Quindi anche oggi potrebbe esserci chi ha diritto a una riduzione della pigione nonostante il tasso di riferimento sia aumentato. Molti non hanno fatto capo a questo diritto a causa della mancanza di trasparenza di una politica dell’alloggio che non tutela seriamente gli interessi degli inquilini e che li pone nella posizione più debole».

Per il presidente Asi Ticino «già solo per questo negli anni i proprietari si sono arricchiti indebitamente». E argomenta: «Abbiamo commissionato uno studio all’istituto Bass da cui è risultato che ogni inquilino paga in media 360 franchi al mese di troppo sulla pigione. Questo per due motivi: il mancato adeguamento della pigione al tasso di riferimento, appunto. E perché ci sono dei rendimenti troppo alti, soprattutto per gli immobili nuovi. Fino a poco tempo fa si poteva avere un rendimento massimo dello 0,5% in più del tasso ipotecario di riferimento, tenuto conto di tutto l’investimento fatto. Poi il Tribunale federale (Tf) ha detto che si può arrivare fino al 2%. Tuttavia se si facesse un controllo a tappeto dei rendimenti, molti risulterebbero sicuramente più alti del consentito». Soprattutto per gli stabili nuovi è però innegabile un aumento dei costi di costruzioni considerando i prezzi al rialzo di materie prime, trasporti, energia. «È vero – ammette Venuti –, ma in molti casi l’aumento degli investimenti potrebbe essere riassorbito se ci fosse una minor corsa al profitto a scapito degli inquilini. Come Asi abbiamo in programma di lanciare entro fine anno un’iniziativa popolare federale che chiede un controllo sul rendimento delle pigioni, ovvero di elaborare e applicare un sistema per verificare che non superino i limiti fissati dalle sentenze del Tf».

Un altro aspetto che influisce sui prezzi di mercato è quello degli appartamenti sfitti. «Anche in Ticino, dove questa quota è sempre stata superiore alla media nazionale, si inizia a vedere un’inversione di tendenza – rileva Venuti –. Ma tutto sommato la situazione è ancora sopportabile. Ciò non toglie che si potrebbe andare presto verso una penuria degli alloggi e questo avrebbe l’effetto di mettere maggiormente in concorrenza quelli disponibili e spingere ulteriormente al rialzo le pigioni».

‘Sappiamo che molti proprietari pur potendo aumentare gli affitti non lo fanno’

È con grande scetticismo che dal canto suo il segretario dell’Associazione dell’economia immobiliare sezione Ticino, Alberto Montorfani, accoglie le previsioni del direttore dell’Ufficio federale delle abitazioni. «L’aumento del 15% dei canoni di affitto in due anni è matematicamente impossibile. L’impressione è che si stia agitando un telo rosso davanti a un toro perché siamo in clima preelettorale e si vuole generare paura. Una paura che però non ha motivo di esistere visto che le cifre e i fatti dicono tutt’altro». Così articola Montorfani: «Anche se ci fossero tre aumenti del tasso di riferimento consecutivi fino al 2026 – e siamo solo al primo – ci vuole un gran coraggio a ipotizzare un 15% di incremento delle pigioni. Vorrebbe dire l’applicazione di un aumento degli affitti del 3% da parte di tutti i proprietari per tutti e tre gli scatti (quindi fino al 9%) e trovarsi con un’inflazione al 15% fra due anni (in modo che il relativo 40% produca il mancante +6% riversabile sugli affitti). È assurdo se si considera che l’inflazione nell’ultimo anno è stata dell’1,6% ed è in calo».

Pure sull’ipotesi che gli affitti raggiungano un +9% entro il 2026 nel caso in cui il tasso ipotecario di riferimento salga altre due volte Montorfani è scettico: «Innanzitutto c’è da considerare l’attuale tendenza al rallentamento anche dei tassi di interesse – sia ipotecari che bancari – quindi non è detto che si verifichino a breve altri aumenti del tasso di riferimento. Inoltre non c’è nessun automatismo che fa sì che a un aumento del tasso ipotecario di riferimento corrisponda un aumento delle pigioni. Se ho un contratto che risale a 15 anni fa, quando il tasso ipotecario era al 3,5%, e se l’affitto nel frattempo non è mai diminuito, ora che il tasso riprende a salire il mio proprietario non può aumentare il canone d’affitto». Sul tema, quanto all’accusa dell’Asi secondo cui molti proprietari avrebbero fatto guadagni indebiti negli anni a causa della mancata diminuzione delle pigioni, Montorfani commenta: «Questo è un ragionamento un po’ miope. Sappiamo che molti proprietari pur potendo aumentare legalmente la pigione non lo fanno perché hanno un rapporto diretto con gli inquilini e non vogliono metterli in difficoltà, a maggior ragione adesso che le spese accessorie sono aumentate». Il discorso, concede però il segretario della Svit Ticino, può essere un po’ diverso quando si parla di investitori istituzionali: «Si tratta di quei grossi gruppi assicurativi e previdenziali che prendono i nostri soldi dalle assicurazioni vita e casse pensioni e li investono in immobili. Indubbiamente fanno più fatica a considerare il lato umano e vedono piuttosto l’inquilino come un generatore di reddito. È anche vero che dall’altra parte hanno la pressione degli assicurati, che spesso sono loro stessi inquilini, e questo crea un circolo vizioso».

Per Montorfani esiste un altro fattore per cui i proprietari in Ticino sarebbero prudenti con gli aumenti: «Ci sono troppi sfitti e gli inquilini non soddisfatti possono andarsene e trovare facilmente soluzioni abitative alternative». La tendenza dello sfitto sta però cambiando anche da noi: «È possibile che come per il resto della Svizzera la spinta edificatoria degli ultimi anni si sia un po’ esaurita – replica –. La sfida sta nel trovare il giusto equilibrio del mercato che permetta agli inquilini di scegliere e ai proprietari di non essere penalizzati». Bisogna anche fare un distinguo quando si parla di aumento delle pigioni, puntualizza Montorfani: «Spesso ci si riferisce a quelle che sono sul mercato e che si trovano sui portali, ma si tratta solo del 2% del totale. Il 98% sono appartamenti abitati e per questi l’indice degli affittati contrattuali da anni risulta stabile».

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