Ticino

Da Gennaro Pulice nuovi dettagli sulla parentesi ticinese

Il pentito della ’ndrangheta e l’operazione ‘Glicine’ della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro

In odore di riciclaggio
(Ti-Press)
17 luglio 2023
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Si torna a parlare di Gennaro Pulice, il killer togato della ’ndrangheta (è stato condannato per sei omicidi compiuti quando era giovanissimo, ma non andrà in carcere in quanto collaboratore di giustizia), con interessi anche a Lugano dove era giunto per riciclare i soldi (50 milioni di euro, ma probabilmente molti di più) delle cosche lamentine, diventato ‘gola profonda’ subito dopo essere stato arrestato nel maggio del 2015, in occasione dell'operazione Andromeda. Era il periodo in cui si spostava da Serravalle Scrivia al Canton Ticino, dove in riva al Ceresio aveva aperto diverse attività fra cui una società finanziaria. L'occasione per tornare a parlare di Pulice deriva dall'operazione “Glicine”, l'ultima inchiesta in ordine di tempo della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro diretta da Nicola Gratteri che lo scorso maggio ha portato all'arresto di 43 persone (123 gli indagati fra cui politici, colletti bianchi, imprenditori, mentre in carcere sono finiti boss della ’ndrangheta del Crotonese), che ha fatto emergere come al servizio dei più potenti casati di mafia calabresi ci siano hacker, trader, consulenti, direttori di banca che sanno benissimo con chi stanno operando. Fra loro anche Pulice.

Lugano e i conti spagnoli

Lo scrive in un'ampia inchiesta dal significativo titolo “Banca ’ndrangheta” il quotidiano ‘la Repubblica’, che si sofferma sul giro d'affari monstre: 130 miliardi di euro l'anno delle cosche calabresi che operano a livello mondiale, ripuliti da un esercito assai diverso da quei picciotti e soldati di cui si è parlato a lungo. Dagli atti dell'operazione “Glicine” emergono le confessioni di Pulice: si viene a sapere che nel periodo in cui ha operato a Lugano avrebbe personalmente curato lo svuotamento di alcuni conti in Spagna, con i soldi fittiziamente spostati in Germania, ma in realtà trasformati in linee di credito aperte in Svizzera, grazie alla complicità di funzionari di una banca tedesca e ai buoni uffici di società e trader.

Le fideiussioni

A questo proposito il collaboratore di giustizia che con moglie e figli e nuove generalità vive in una località segreta del Nord Italia ha raccontato che “i controlli interbancari fra Spagna e Germania (l’operazione “Glicine” è stata condotta in collaborazione con gli inquirenti di Stoccarda, dove ci sono stati arresti, ndr) sono stati elusi grazie all'intervento di personale dei servizi segreti italiani”. A proposito di linee di credito aperte in Svizzera, Canton Ticino compreso, e non poteva essere diversamente in quanto la base operativa di Pulice era in riva al Ceresio, il killer togato con il pallino degli affari sostiene che le fideiussioni fossero a disposizione non solo dei clan, ma di tutti. E qui verbalizza alcuni esempi, riferiti a tre società di calcio, una lombarda, molto vicina al Canton Ticino, e due tedesche. “Squadre di calcio che abbisognavano di fideiussioni o linee di credito per l’iscrizione al relativo campionato – racconta il pentito che ritroviamo in tutte le più importanti operazioni condotte dalla Dda calabrese negli ultimi anni –. Le fideiussioni di cui sto parlando erano false: in pratica si predispone una documentazione a garanzia che viene mostrata al funzionario di banca estera compiacente, che attiva la corrispondente linea di credito garantita”.

Il Comune gemellato

Sempre a proposito di fideiussioni Pulice aggiunge che “in Svizzera diverse cosche calabresi avevano studi di consulenza e faccendieri capaci di procurare fideiussioni. Alcuni di questi stanno a Lamone, in Canton Ticino”. Ai magistrati che lo interrogavano suggerisce di “considerare che Lamone è gemellato con Mesoraca, nel Crotonese”. Le generalità di un presunto faccendiere residente a Lamone sono state indicate da Pulice. Le confessioni del killer togato sono state verificate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e trasformate in provvedimenti restrittivi, confessioni supportate anche da altri collaboratori di giustizia e da numerose intercettazioni telefoniche.

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