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Carobbio svela le priorità tra formazione, cultura e risanamento

La direttrice del Decs a tutto campo sulla legislatura appena iniziata: ‘Gli apprendistati non sono scelte di serie B, vanno resi più attrattivi’

In sintesi:
  • ‘La scuola deve continuare a essere inclusiva, per allievi e docenti’
  • ‘L'ambito culturale è un settore economico con pari dignità, non va tagliato’
  • Manovra di rientro, ‘se avvantaggiati gruppi a scapito di altri potrei distanziarmi’
Il lavoro è tanto
(Ti-Press/Pablo Gianinazzi)
21 giugno 2023
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A poco più di due mesi dalla sua elezione in Consiglio di Stato, la direttrice del Dipartimento educazione, cultura e sport Marina Carobbio apre le porte del suo studio a ‘laRegione’ e – come aveva annunciato il giorno della ripartizione dei dipartimenti –, dopo una fase di ascolto «che proseguirà ancora a lungo» e la passata in rassegna «di un Dipartimento con un ventaglio di settori molto più ampio di quello che può sembrare da fuori», è pronta ad annunciare le sue priorità per la legislatura appena iniziata. Priorità che vanno dalla formazione professionale – «fondamentale e da rendere più attrattiva» – al combattere «la grandissima emergenza del disagio non solo psichico dei giovani». Passando dal promuovere la cultura che «è un settore economico con la stessa dignità di altri, e su cui non si deve tagliare» e lo sport «del quale vanno rafforzati l’etica e il suo ruolo di coesione sociale».

Per quanto riguarda l’educazione, gli anni scorsi il Decs si è molto impegnato sulla scuola dell’obbligo, con vari tentativi di riforma che hanno portato alla sperimentazione del superamento dei livelli. Molto è stato proposto, poco è stato ottenuto dopo i passaggi in parlamento e davanti al popolo. In questo ambito quale sarà la sua impostazione?

Innanzitutto sull’ascolto. Ci sono stati momenti difficili legati alla riforma della scuola dell’obbligo come detto da lei, momenti di confronto che possono essere stati aspri ma che sono stati necessari. A settembre partirà la sperimentazione sui livelli, e per me la priorità era assicurarmi che fosse tutto pronto. Ho incontrato i direttori delle sei scuole che si sono messe a disposizione, abbiamo creato il gruppo di accompagnamento chiesto dal Gran Consiglio finalizzandolo con l’accompagnamento dell’Alta scuola pedagogica di Coira. Per quanto riguarda la scuola dell’obbligo, un altro aspetto che dovremo mettere in pratica sarà l’introduzione del tedesco in prima media. Non abbiamo ancora proposte concrete, è un cantiere su cui siamo al lavoro, dovremo certo dar seguito a quanto deciso dal legislativo ma tenendo conto anche delle necessità dei ragazzi e coinvolgendo i docenti. Poi, sempre per favorire l’ascolto e il dialogo con i docenti, stiamo sviluppando l’idea di trovare grazie alla digitalizzazione una modalità per coinvolgere maggiormente i docenti al di là degli incontri di persona: una pagina web, una piattaforma dove possano confluire richieste, opinioni, scambi di idee che arricchiscono. E la scuola deve continuare a essere inclusiva e per tutte e tutti, sui banchi e sulle cattedre delle aule.

Un altro tema che ha scaldato molto gli animi negli ultimi anni è quello della formazione professionale.

Va resa ancora più attrattiva, per dare ai giovani al termine della scuola dell’obbligo la possibilità di scegliere in base ad attitudini e preferenze se seguire un percorso di scuola media superiore o, appunto, di formazione professionale. Saranno ancora più importanti il ruolo dell’orientamento e il coinvolgimento della Città dei mestieri, per far capire che non si tratta di una scelta di serie B ma paritaria, che può essere fatta consapevolmente in base ai propri desideri. E, sempre su questo tema, dobbiamo pensare di portare e sviluppare in Ticino nuove filiere legate alla transizione energetica e all’economia sostenibile, ambiti dove si creeranno i posti di lavoro di domani e noi come Cantone abbiamo un ruolo importante da giocare. Se mettiamo, e giustamente, al centro la sostenibilità dobbiamo farlo anche per quanto riguarda i percorsi formativi e le opportunità lavorative.

In questo discorso però c’è, ogni anno, il consueto balletto tra il Cantone che chiede alle aziende di mettere a disposizione più posti di apprendistato alle aziende che replicano dicendo che il Cantone deve metterle nelle condizioni di poterlo fare. Come se ne esce?

Ho iniziato a incontrare le associazioni del mondo del lavoro e uno dei temi sarà proprio questo. La mia base di partenza è che non vorrei si facesse solo della formazione indirizzata ai bisogni delle aziende a scapito della formazione generale, perché è centrale che i giovani abbiano delle conoscenze di base per affrontare il futuro. Detto questo, per migliorare la situazione l’idea è intensificare la messa in rete delle aziende, anche piccole, che possono offrire posti magari facendo fare dei periodi di apprendistato in una e poi in un’altra, sfruttando tutte le potenzialità. E spiegare alle aziende che arrivano dall’estero l’importanza della formazione duale e quanti vantaggi può portare il formare dei giovani che poi sono pronti al lavoro.

In un mondo che cambia sempre più velocemente che ruolo ha per lei la formazione continua degli adulti?

Fondamentale. E qui centrale sarà il messaggio del Consiglio federale, presto sarà avviata una consultazione sui crediti per la formazione e la ricerca. Con le nuove tecnologie e i cambiamenti in atto le persone che perdono l’occupazione o faticano a ritrovarla non possono essere escluse dal mercato del lavoro, quindi formazione e riqualifica vanno garantite.


Ti-Press/Gianinazzi
‘Mantenere buoni rapporti con Berna’

Ha appena citato un messaggio del Consiglio federale in arrivo, lei che conosce molto bene Berna in una materia ‘cantonale’ come la formazione che rapporto conta di avere con le Camere e l’Amministrazione federale?

Vorrei intensificare i rapporti col parlamento. Il Consiglio federale dà direttive, basi legali, crediti ma poi tutto questo deve essere deciso dal parlamento, la mia idea è avere contatti regolari partecipando anche agli incontri tra i membri dei governi cantonali e i consiglieri agli Stati che rappresentano i Cantoni a Berna, e se necessario spostarsi da Bellinzona e andare a Berna per partecipare a incontri e momenti insieme dove scambiarsi idee, opinioni e priorità ricordandoci sempre che le nuove tecnologie imporranno riflessioni in ogni ambito, anche nella formazione.

L’intelligenza artificiale per lei è un limite o una possibilità da sfruttare se pensa ai giovani e alla formazione?

È una sfida epocale, che tocca il mondo intero. Vorremmo dare ai giovani le competenze per gestire questi nuovi mezzi digitali, preparandoli a interpretare una realtà sempre più complessa. È un discorso difficile, ma che va affrontato con degli specialisti nell’interesse degli adulti di domani. La figura dell’insegnante resterà centrale, non potrà mai essere sostituita. Per questo bisogna dare loro gli strumenti per gestire intelligenze artificiali come ChatGPT, ad esempio.

Cosa la preoccupa maggiormente se pensa ai giovani oggi?

Trovo che, in collaborazione con il Dipartimento sanità e socialità, sia da combattere con forza il disagio giovanile, psichico ma non solo. Educatori e docenti sono preoccupati, e dobbiamo fornire risposte e strumenti. In un momento in cui si sta discutendo di misure di rientro e di risparmi, dobbiamo fissare delle priorità. Ogni capodipartimento ha le sue, ci mancherebbe. Ma i giovani sono il futuro del nostro cantone, e investire nella loro salute per me è prioritario.


Ti-Press/Gianinazzi
L’importanza della cultura

Passando alla cultura, lei in campagna elettorale si è molto spesa per questo settore come mezzo di aggregazione e coesione, ma anche di redditi e indotto. Sarà uno dei tratti principali nell’azione di questo quadriennio?

Come dice lei ne ho parlato molto in campagna elettorale perché per me quello della cultura è un settore davvero molto importante, nella sua parte istituzionale come l’Orchestra della Svizzera italiana, i musei o il Film Festival così come in tutte le persone che hanno un’attività e il loro lavoro nella cultura. Un lavoro che spesso non è ancora riconosciuto, viene considerato un’attività accessoria, ed è sbagliato, non è così: sono posti di lavoro che generano reddito esattamente come gli altri, in più hanno un indotto alto per il territorio e sono fondamentali per la coesione sociale del Ticino. Per questo bisogna sostenere le operatrici e gli operatori indipendenti, anche a livello di assicurazioni sociali. E sostenere la creazione culturale, affiancando nuovi progetti a quelli più affermati, dando luoghi alla cultura indipendente dove esercitarsi e portare creatività. Per dare maggior forza agli indipendenti si dovrebbe aprire loro la Conferenza cantonale sulla cultura, oggi limitata a soggetti istituzionali. C’è molto da fare.

E con i finanziamenti come la si mette?

Il fondo Swisslos rimane un attore centrale, ma è chiaro che non deve essere messo tutto sulle sue spalle con un disimpegno del Cantone. Davanti a una manovra di rientro tutti devono risparmiare qualcosa, ma quello della cultura non è un settore che deve essere sacrificato più di altri.

La fatica però è enorme, considerata la tendenza di alcuni partiti nello svilire la cultura e il lavoro in questo settore.

È da evitare assolutamente questo svilimento, perché come dicevo si parla di un settore cruciale sia in termini di coesione sia in termini economici. Tagliare vorrebbe dire creare ancora più precarietà, e non credo che il Cantone abbia interesse ad avere ancora più precari.

L’Osi recentemente ha nominato la sua direzione artistica e finanziaria, dandosi la stabilità che cercava. Ma per la questione dei fondi, come rilevato dal presidente della Fondazione per l’Orchestra della Svizzera italiana Mario Postizzi, c’è ancora molto da fare, soprattutto con i Comuni. Quale può essere secondo lei una soluzione, e cosa può fare il Cantone?

L’Osi è importante che sia presente in tutto il cantone. Prima lo era poco, adesso vediamo il suo impegno e deve intensificarlo. Fa molti concerti a Bellinzona, si è allargata al Locarnese, a Chiasso, gira tanto. Per loro è un grosso lavoro, ma lo dice il suo nome: è l’Orchestra della Svizzera italiana, coinvolgere i Comuni è fondamentale anche a livello economico. Si è combattuto tanto per l’Osi, già quando ero a Berna una quindicina di anni fa. Sarebbe davvero un peccato la sua messa in discussione o il suo indebolimento. Chiaro, per il Cantone è un momento difficile e anche per qualche Comune, ma il dialogo deve essere portato avanti e non solo con Lugano. La sua presenza nel territorio cantonale è positiva.

Ha parlato di cultura come metodo di aggregazione, vale anche per lo sport?

Certamente. Oggi si valorizza molto lo sport di élite, ed è giusto, ma lo sport popolare, che coinvolge le piccole realtà comunali e associazionistiche è pure molto importante. Il Cantone può mettere a disposizione infrastrutture e spazi. Ma, soprattutto, ribadire l’importanza dell’etica nello sport e rafforzarla sempre di più sia nella lotta agli abusi sia nel suo ruolo formativo.


Ti-Press/Gianinazzi
‘Decidere per il bene comune’

La carne al fuoco è tanta, e il parlamento non è mai stato così frammentato. Che rapporti auspica di avere con il Gran Consiglio?

Vengo da 16 anni di legislativo cantonale e 16 a Berna, conosco bene l’importanza del parlamento e saranno importantissimi dialogo e ascolto. Siamo in un momento difficile non solo per le finanze, ma soprattutto per i problemi che vive la popolazione: lavori ancora precari, salari ben al di sotto della media svizzera, mondo del lavoro fragile, l’aumento del costo della vita e dell’inflazione, l’esplosione dei premi di cassa malati. Il rischio impoverimento del cantone c’è, e ogni scelta politica e finanziaria che prendiamo deve tenere conto di questa realtà. Spero che si trovino convergenze che superino gli interessi particolari in nome di un interesse comune, in caso contrario sarebbe un disastro.

Nella sua carriera politica lei si è sempre molto profilata, è una consigliera di Stato socialista e anche dei Verdi che per la prima volta entrano in governo. Con la manovra di rientro in arrivo si dovrà per forza trovare un compromesso su tutto o ci sono delle linee che se verranno superate porteranno a un suo ‘no’?

Al momento siamo al lavoro su varie proposte quindi non posso esprimermi su casi concreti, ma in generale come dicevo se le decisioni verranno prese per l’interesse comune sarò la prima a difenderle magari rinunciando a qualcosa che vorrei portare avanti subito. Ma se non fosse così, e se venissero avvantaggiati gruppi o settori a scapito di altri, potrei anche dovermi distanziare.

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