Ticino

Pensioni statali, raggiunto l'accordo. Ma Bignasca: ‘Referendum’

Misure di compensazione: 60% a carico del Cantone, 40% degli affiliati all'Ipct. Costo: 14 milioni annui. I sindacati sono soddisfatti, la Lega non ci sta

C’è l’intesa, per ora
(Ti-Press)
30 maggio 2023
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Tanto si discusse che arrivò l'accordo, anche se la strada è ancora lunga. Dopo mesi di battaglie in piazza e di trattative nelle stanze dei bottoni, è arrivato l'accordo tra Cantone e sindacati sulla questione delle pensioni dei dipendenti pubblici. Per capirci, le famose misure di compensazione tanto attese da parte sindacale a seguito della diminuzione del tasso di conversione. La notizia, anticipata da ‘Ticinonews’, è confermata a ‘laRegione’ da parte sindacale: l'accordo è stilato sulla base di un 60% di queste misure a carico del Cantone e di un 40% a carico degli affiliati all'Istituto di previdenza del Cantone Ticino. In questo modo le rendite dovrebbero rimanere invariate, anche grazie al fatto che – abbiamo sempre saputo da parte sindacale – il recente buon andamento economico dell'Ipct ha permesso di applicare un tasso di conversione pari al 5,25% invece che, come previsto, del 5%. In più, viene stralciato anche il contributo dell'1% da parte dei lavoratori attivi al risanamento dell'Ipct.

Il costo a carico del Cantone? 14 milioni di franchi l'anno, e ovviamente non solo per un anno ma per un periodo lungo. Ad ogni modo, una cifra di poco superiore ai 12 milioni di franchi è già dedicata e inserita nel Piano finanziario. Ricordando che la cifra di 14 milioni è prevista per le misure di compensazione, non per il risanamento dell'Ipct.

Non è comunque ancora finita. Da un lato i sindacati dovranno sottoporre alle rispettive assemblee l'accordo firmato oggi, dall'altro la rete ErreDiPi conferma la manifestazione prevista per settembre.

Bignasca (Lega): ‘Dei soldi dei contribuenti decidono i contribuenti’

E con il capogruppo della Lega Boris Bignasca che, da noi raggiunto, afferma granitico: «Non ho ancora visto il messaggio governativo, ma la strada verso il referendum è chiara: dei soldi dei contribuenti decidono i contribuenti». Sono tante le domande che «faccio a lei, e farò a tutti» per Bignasca. La prima: «Non si capisce il perché di questo 60-40 tra Cantone e dipendenti, così come non si capisce perché debbano essere i contribuenti a pagare più dei collaboratori: lo stipendio mediano di chi paga le tasse è 65mila franchi l'anno, dei funzionari dell'Amministrazione 100mila».

La seconda domanda è «quanto il Cantone dovrà sborsare indirettamente per sussidiare gli enti affiliati?». In più, per Bignasca «è importante capire davvero per quanti anni si dovranno pagare questi 14 milioni, rispettivamente se pagando per tot anni questi milioni l'Ipct potrà considerarsi risanata o torneranno di nuovo a battere cassa tra un po’».

Di tutt'altro avviso è il capogruppo socialista in Gran Consiglio Ivo Durisch: «Sicuramente un'ottima cosa che il contributo dell'1% sia stato tolto, permetterà agli affiliati di avere un capitale migliore e quindi di assorbire il ribasso a tendere del tasso di conversione». Per Durisch è comunque importante «che sia stato trovato un accordo. Chiaramente dal punto di vista tecnico aspettiamo il messaggio, ma in linea di principio siamo soddisfatti. Auspichiamo si riesca ad andare velocemente in parlamento».

Fonio (Ocst): ‘Scongiurata la perdita del 20%’

Sul fronte sindacale, il segretario regionale dell'Ocst Giorgio Fonio, interpellato da ‘laRegione’ afferma che «per noi era importante scongiurare la paventata perdita del 20%, e il risultato che ne scaturisce ci conforta. Un altro elemento estremamente importante era l'eliminazione del contributo al risanamento, pari all'1%, che ingiustamente pagavano i lavoratori attivi. Ora ci saranno le discussioni all'interno delle rispettive parti seguendo il regolare iter democratico».

Ghisletta (Vpod): ‘Un accordo che sta in piedi’

Per il segretario cantonale della Vpod Raoul Ghisletta si tratta di «un accordo che tecnicamente sta in piedi, prevede un miglioramento anche per la capitalizzazione dei dipendenti, e ha un costo anche abbastanza contenuto per gli stessi affiliati. È quindi una soluzione quasi completa». Queste misure di compensazione «hanno come scopo di evitare un peggioramento del 40% delle rendite su 20 anni, dal 2012 al 2031. Se non si fa questo accordo, in base alla decisione dell’autorità di vigilanza, le rendite saranno pesantemente decurtate – dice Ghisletta, che però aggiunge – tutto è appeso a un filo perché ora è previsto un doppio passaggio. Il primo è l’approvazione del messaggio governativo con la modifica di legge a livello parlamentare e il secondo è quello da parte delle urne, visto il prospettato referendum».

Bosco (Sit): ‘Risanamento non più sulle spalle dei lavoratori’

Mattia Bosco, segretario dei Sit, i Sindacati indipendenti ticinesi, si dice assolutamente convinto che «sindacalmente sia un compromesso accettabile. La cosa peggiore che si poteva prevedere era una riduzione delle rendite del 20% nei prossimi anni e siamo riusciti a evitare questa perdita». L’alto messaggio importante che passa, evidenzia Bosco, è che «per non perdere più questo 20% servirà uno sforzo da parte degli assicurati pari a circa lo 0,6% del salario, che secondo noi è ragionevole, considerando che questo aumento di contributi andrà tutto sull’avere di vecchiaia degli affiliati e quindi il risanamento della cassa non sarà più sulle spalle dei lavoratori. Perciò siamo soddisfatti». La speranza anche per i Sit è che il compromesso sia appoggiato dalla politica

Quaresmini (ErreDiPi): ‘Ci confronteremo per prendere posizione’

Dal canto suo Enrico Quaresmini, docente e portavoce della ErreDiPi – la Rete per la difesa delle pensioni – premette: «Ci è stata fatta una descrizione di quanto è filtrato sugli organi di stampa, ma non abbiamo ancora visto l’accordo nero su bianco e non sappiamo quali calcoli sono stati fatti, quindi è prematuro prendere una posizione. Anche perché pure nel 2012 l’accordo pareva buono ed erano state fatte promesse che poi però si sono rilevate fragili. Non vorremmo ripetere la stessa esperienza quindi prima di dire va bene o meno vorremmo analizzarlo con calma e capirlo fino in fondo. E questo confrontandoci tra noi, come prevede il funzionamento democratico dell’ErreDiPi». Le discussioni inizieranno stasera durante la quinta assemblea generale della Rete prevista alle 20 nell'aula magna della Scuola Media di Massagno.

Mobilitazione di settembre ‘confermata’

All’ordine del giorno dell’incontro figura anche un punto sulla nuova giornata di mobilitazione prevista per mercoledì 27 settembre, che resta confermata: «Rimane per noi necessario mantenerla perché anche nel caso in cui dopo le valutazioni l’accordo si rivelasse molto buono, questo dovrà comunque passare in Gran Consiglio e lì la partita è un’altra – argomenta Quaresmini –. Definiremo i contenuti e le forme da dare a questa giornata nel corso dell’estate discutendo con tutti gli assicurati dell’Ipct che vorranno partecipare alla discussione. Per questo invitiamo le organizzazioni sindacali, i partiti politici e le associazioni sensibili al tema a unirsi in questo lavoro di preparazione». L’altra richiesta che ErreDiPi mette ora in primo piano «è di poter far sì che tutti gli assicurati Ipct, anche quelli che non sono sindacalizzati o associati alla Rete, siano sentiti e possano dire la loro. Ora è urgente che il governo spieghi nei dettagli agli affiliati – di cui 10mila sono direttamente dipendenti del Cantone, mentre 7mila parastatali e dei Comuni, ricorda Queresmini – in che direzione si vuole andare così che possano scegliere anche loro. È una questione di trasparenza e correttezza».

Vitta (Dfe): ’Messaggio del governo entro l'estate‘

Si registra soddisfazione anche da parte del direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta: «Era importante fare un passo in avanti – spiega a ’laRegione' –, anche perché quando si può disporre di una soluzione nero su bianco dentro un messaggio governativo si può aprire politicamente il dibattito e avanzare col dossier, quindi era necessario concludere le trattative». Adesso, continua Vitta, «al governo spetterà valutare questa fine delle negoziazioni e licenziare un messaggio con i contenuti precisi su cui le parti avranno la possibilità di confrontarsi». Le tempistiche? «L'idea è di presentarlo prima della pausa estiva, in maniera tale che dopo l'estate la politica possa pronunciarsi e, nel caso, vedere se ci sarà un referendum».

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