Ticino

Neutralizzare i valori di stima, Catef scettica su voto popolare

La Camera fondiaria dell'economia ticinese, nell'incontro coi media prima dell'assemblea annuale, manifesta una netta preferenza per l’iter parlamentare

(Ti-Press)
12 maggio 2023
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«Riteniamo che non sia sufficiente declamare per ottenere». All'iniziativa popolare costituzionale per la neutralizzazione dell’aumento dei valori di stima «preferiamo la via parlamentare, che permette di trovare una soluzione concordata, studiata, globale e realistica». La via parlamentare cui fa riferimento Renata Galfetti, segretaria cantonale della Catef – la Camera fondiaria dell'economia ticinese che ha tenuto l'abituale conferenza stampa in vista dell'assemblea annuale dei delegati –, è quella proposta da una mozione di Paolo Caroni, membro del Consiglio direttivo dell'associazione nonché granconsigliere del Centro.

Come specifica il presidente cantonale della Catef Gianluigi Piazzini, in funzione della revisione generale delle stime immobiliari – ora slittata al di là del 2025, tempistica inizialmente prevista – e del loro prospettato forte aumento «abbiamo rinnovato esattamente un anno fa l'auspicio della neutralità esprimendo in seguito la nostra preferenza per la via parlamentare e non nascondendo un certo scetticismo per l'iniziativa popolare». Proposta, questa, lanciata lo scorso ottobre dall'Udc e sostenuta da Lega, Plr e Centro, che ha raccolto oltre 16mila firme. «Una votazione popolare è sempre un rischio – valuta Piazzini –. Tanto più se si considera che per Cantone e Comuni in questo caso si è messo sul tavolo mezzo miliardo di franchi. Un azzardo politico», secondo il presidente della Catef, soprattutto in un momento in cui si parla di buchi strutturali nelle casse dello Stato con all'orizzonte «tagli anche abbastanza clamorosi». Per non parlare, aggiungono i due relatori, del pericolo di incostituzionaità dell'iniziativa popolare: «Preferiamo che ci siano tutte le discussioni adatte in governo e in Gran Consiglio – passando poi eventualmente dal popolo – per elaborare una soluzione completa e che possa trovare, qualora qualcuno dovesse opporsi, anche il sigillo del Tribunale federale». Quanto alla mozione di Caroni – intitolata ‘Revisione generale dei valori di stima: principio di neutralità e modifica delle aliquote’ –, sintetizzando, chiede la modifica di una serie di disposizioni legali e tra le altre propone un’aliquota unica fissa dell’1,25 per mille applicabile alla sostanza imponibile.

Probabile aumento del tasso ipotecario di riferimento, ‘ma nessun boom delle pigioni’

Passando al fronte del tasso ipotecario di riferimento, un suo icremento è dato come probabile. Galfetti tenta però di rassicurare: «Anche se dovesse salire, non significa che tutte le pigioni schizzeranno alle stelle. La maggior parte dei contratti in essere sono calcolati sul tasso ipotecario superiore a quello di oggi che è dell’1,25. Se il tasso ipotecario si rialzerà all’1,5, si potranno giustificare degli aumenti a motivo del tasso ipotecario solo per quelle pigioni calcolate su un tasso inferiore al nuovo». L’1,25, ricorda la segretaria cantonale, «è entrato in vigore circa tre anni fa, quindi in linea generale solo i contratti più recenti potrebbero avere delle condizioni per giustificare un aumento legato al tasso ipotecario di riferimento».

A livello generale di mercato, «l'aumento del costo del denaro, lo sfitto, le varie incertezze macroeconomiche, l’insufficiente crescita della popolazione e i costi di realizzazione, si stanno rivelando velenosi – dichiara Piazzini –. Diciamo che viviamo un certo appannamento del mattone. Sempre però con il conforto che se il Paese regge alla lunga è imbattibile». Insomma «tempi cupi con però la confortante certezza di rivedere il sole».

Entrando più nel merito del capitolo "sfitto", si rileva come sia parzialmente rientrato, anche se ad autunno dell'anno scorso più di 6mila unità risultavano ancora in tale condizione. «L’ufficio cantonale di statistica ha attribuito questa diminuzione all’arrivo di cittadini ucraini in fuga dalla guerra e in generale all'aumento della migrazione che ha causato un maggior fabbisogno di abitazioni», spiega Galfetti. Quanto alle previsioni per il futuro, «sono difficili da fare perché gli scenari dell’aumento della popolazione sono parecchio diversi a dipendenza degli enti che li calcolano».

Aggiornamento dei piani regolatori e molte domande in sospeso. ‘Chi paga?’

Tra gli altri temi d'attualità trattati nell'incontro con i media, quello relativo alla pianificazione territoriale: «Finalmente siamo usciti dalla situazione di stallo in quanto è stato approvato il Piano direttore rimasto per un paio d'anni sospeso dai ricorsi dei Comuni – dice Piazzini –. Il processo si è attivato non da ultimo per la pressione dei passi necessari per approdare all'approvazione dei piani regolatori comunali aggiornati. Ora è iniziata la parte più impegnativa e ruvida, certi Comuni sono preparati, altri meno». Adesso infatti si pone il problema del dimensionamento delle zone edificabili che deve essere commisurato a soddisfare il bisogno dei prossimi 15 anni: «I grandi compiti sono passati nelle mani dei Comuni e del Cantone che dovrà verificare, indirizzare e accompagnare i Comuni nell'ottica delle loro mansioni», osserva Galfetti. Questi sono chiamati a censire quelle che sono le zone edificabili del loro territorio e a valutare quale sarà il probabile sviluppo della popolazione nel corso dei prossimi 15 anni». Sulla base di queste proiezioni viene poi calcolata la superficie edificabile di cui il Comune ha bisogno: «Una volta raccolti questi dati bisogna vedere se la zona edificabile effettivamente è eccessiva e laddove lo fosse, sarà necessario trovare i sistemi giusti per ridurla – illustra Galfetti –. Tutto questo in ossequio ai nuovi principi della Legge federale». Molte, a tal proposito, le domande in sospeso elencate da Piazzini: «Quanto esubero andrà neutralizzato? Sarà congelato, declassato in termini di edificabilità o ricondotto a zona agricola? Saranno conteggi mirati o per zona? Infine, chi paga?». I grigionesi, rimarca il presidente della Catef, «hanno già dichiarato che metteranno a disposizione decine e decine di milioni per questa fattispecie. Qui c'è tutto un discorso da aprire».

Piazzini tiene poi a puntualizzare che «le riserve nella zona estensiva dove la domanda è sempre presente sono prosciugate, per cui lo spazio per lo sviluppo centripeto è praticamente esaurito. È nel comparto 6-7 piani che giochiamo la battaglia sugli appartamenti da mettere a disposizione per il ceto medio-inferiore, sui condomini popolari, sulle cooperative. Ma si tratta di un comparto che non c’è più. È vero che esiste un certo sovradimensionamento, ma dove c’è la vera domanda non c’è più spazio».

Problema del risanamento degli edifici vetusti

Altro argomento che desta una certa preoccupazione nella Catef, è quello dei risanamenti. «Buona parte dell'edificato è stato costruito tra gli anni 1950 e ’75, gli anni ruggenti – afferma Piazzini –. Ora questi edifici andrebbero aggiornati, ma si tratta di un esercizio molto difficile. E quindi riportare sul mercato questa sostanza è praticamente impossibile». Argomenta Galfetti: «L'edificazione di questi stabili è avvenuta in funzione di criteri che non sono gli stessi di oggi (bagni, cucine, balconi eccetera, ndr). Per renderli aggiornati bisognerebbe intervenire sulla struttura stessa, non solo con opere di cosmesi. Si tratta quindi di lavori molto importanti e quasi irrealizzabili. Se poi comunque si fanno interventi per risanamenti energetici o nel rispetto delle numerosissime normative che sono state adottate nel frattempo, il costo diventa estremamente elevato senza però ottenere uno stabile che corrisponda alla richiesta odierna dal punto di vista strutturale. A ciò si aggiungono le difficoltà per procedere ai lavori quando ci sono numerosi inquilini». Tutte queste ragioni «stanno convincendo i proprietari a non entrare in materia di un risanamento impegnativo», commenta Piazzini. Tradotto: talvolta potrebbe risultare più conveniente abbattere che ristrutturare.

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