Ticino

‘Tagliare la spesa non deve voler dire ridurre gli investimenti’

Il mondo economico ticinese preoccupato per il calo di appalti pubblici. Gehri: ‘il Decreto Morisoli va applicato nel suo significato originale’.

In sintesi:
  • Nei primi mesi del 2023 il numero di concorsi pubblici pubblicati sul Foglio ufficiale è calato 
  • Si propongono soluzioni per ridurre il numero di ricorsi che ‘bloccano gli investimenti’
  • Alla Confederazione si chiede un occhio di riguardo alla lingua italiana per i bandi
‘Un periodo difficile, tra ritardi nelle forniture e inflazione’
(Ti-Press)
24 aprile 2023
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Spesa e investimenti non sono la stessa cosa. Limitare (o ridurre) l’una non vuol dire andare a toccare anche l 'altra. È quanto ha voluto ricordare un gruppo di associazioni del mondo economico, che ha lanciato un appello alla politica affinché le misure di risparmio all’orizzonte (leggasi: decreto Morisoli e manovra di rientro) non vadano a toccare gli investimenti pubblici. «La situazione è paradossalmente ancora più preoccupante rispetto al periodo acuto della pandemia. Il settore privato ha rallentato gli investimenti e c’è il timore, ma anche la constatazione, che pure l’ente pubblico e il parastatale stiano frenando pericolosamente», ha affermato Andrea Gehri, presidente della Camera di Commercio (Cc) ticinese. «Il ‘decreto Morisoli’, al quale siamo ancora favorevoli, riguarda la spesa. Non gli investimenti. La politica deve quindi interpretarlo nel suo vero significato, senza pregiudizi e fini politici». Aziende ticinesi, ha ricordato Gehri, che sono confrontate anche con una serie di difficoltà date dal contesto generale. Tra gli esempi citati per il settore delle costruzioni: il rincaro delle materie prime, i ritardi nelle forniture di approvvigionamento e le difficoltà di accesso ai crediti per nuove opere.

Galli (Ssic): ‘Bandi di concorso dimezzati in pochi anni’

«Da inizio anno abbiamo riscontrato un preoccupante calo del numero di appalti per opere da impresario costruttore pubblicati sul Foglio ufficiale cantonale», ha spiegato Mauro Galli, presidente della sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori (Ssic). «Senza un’inversione di tendenza è inevitabile anche una riduzione degli effettivi». E la diminuzione, ha sottolineato Galli, è dimostrata dai numeri: «In pochi anni il numero medio di concorsi pubblicati è calato drasticamente. Fino al 2019 la media era superiore ai 3 bandi settimanali, nel 2022 siamo scesi a 2,52. Quest’anno siamo per ora fermi a 1,87». Il presidente della Ssic sezione Ticino avverte: «La tentazione di risparmiare sulla manutenzione di edifici e infrastrutture è il rischio più grande in questi momenti di difficoltà economica. Ritardare questi interventi è un falso risparmio, perché porterebbe inevitabilmente nella spirale degli interventi d’urgenza, molto più costosi rispetto alla corretta manutenzione». Oltre agli avvertimenti, Galli ha voluto lanciare anche una proposta legata ai ricorsi: «Non di rado progetti pronti per andare in cantiere vengono bloccati, ritardando di fatto gli investimenti. Sarebbe quindi importante quando possibile suddividere le grandi opere in lotti di dimensioni più piccole in modo tale che un eventuale ricorso non fermi l’intero progetto». L’esempio citato è l’ampliamento di binari da parte delle Ferrovie federali. «Questo permetterebbe anche di allargare il numero di aziende ticinesi che possono rientrare tra i possibili esecutori delle opere».

Ambrosetti (Aic): ‘Il rispetto delle regole elemento cardine per l'Ente pubblico’

Sulle opere messe a concorso dalle Ffs si è espresso anche Renzo Ambrosetti, presidente dell’Associazione interprofessionale di controllo (Aic), che in Ticino ha il compito di controllo sulla sorveglianza delle ditte e dei lavoratori esteri attivi attraverso distaccati o indipendenti. «Un ente pubblico deve mettere al centro della sua attenzione il rispetto assoluto delle regole. Casi come quello legato al tunnel ferroviario del Ceneri sono inaccettabili. Non si possono affidare lavori, specialmente se finanziati con soldi pubblici, guardando solo il minor costo. Altrimenti ci si affida a ditte con professionalità dubbia». In previsione dell’imponente realizzazione delle Officine di Castione l’Aic ha quindi formulato una serie di richieste. Tra queste: tutte le aziende concorrenti devono dimostrare attraverso una dichiarazione rilasciata dalla Commissione paritetica che le condizioni contrattuali di lavoro siano rispettate, l’interruzione immediata dei lavori in caso di violazione contrattuale e la garanzia di accesso ai cantieri per gli ispettori dell’Aic e delle commissioni paritetiche.

Regazzi: ‘Più attenzione all'italianità nei bandi federali’

Nell’assegnazione di appalti pubblici un ruolo importante, come ha ricordato il consigliere Nazionale Fabio Regazzi (Centro), è quello ricoperto dalla Confederazione. «Durante un concorso bisogna anche considerare lo sviluppo regionale, non solo l’ottimizzazione aziendale. E bisogna anche prestare maggiore attenzione alle minoranze linguistiche. Troppo spesso i bandi sono pubblicati solo in tedesco o francese, con le aziende ticinesi costrette a desistere davanti a questa difficoltà di comprensione». Piergiorgio Rossi, presidente dell'Unione Associazioni dell'edilizia, ha invece ribadito «il lavoro fatto per ricordare alla direzione delle Ffs di tenere in considerazione il Ticino nell'appaltare la realizzazione delle Officine di Castione».

Zali rassicura(va): ‘Gli investimenti non sono in discussione’

L’allarme era già stato lanciato a fine marzo dalla Ssic, che attraverso un comunicato lamentava il dimezzamento nel 2023 degli appalti pubblici. «Da parte del Cantone, quindi del governo e del mio Dipartimento, non c’è nessuna volontà di risparmiare sugli investimenti», aveva risposto, sollecitato dalla ‘Regione’, l’allora presidente del Consiglio di Stato e direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali. «Non esiste alcun programma di risparmio su questo ambito, perché quanto arriva a pubblicazione sul Foglio ufficiale è finanziato in base a messaggi precedenti andati in Gran Consiglio».

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