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Contingenti per i lavoratori croati: un problema a metà

Le ‘quote’ ai permessi introdotte da Berna per il 2023 rischiano di aggravare la carenza di manodopera, ma per ora il loro effetto si prospetta limitato

(Ti-Press)
18 novembre 2022
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Dall’anno prossimo, la Svizzera ha deciso di reintrodurre i contingenti per i permessi B (dimora) e L (breve durata) destinati ai lavoratori provenienti dalla Croazia, come consentito dalla clausola di salvaguardia che ‘scatta’ – in deroga alla libera circolazione – quando le autorizzazioni rilasciate superano del 10% la media dei tre anni precedenti: quel che è accaduto nel 2022, con 2’413 permessi B già riconosciuti a croati contro i soli 178 previsti. Per il prossimo anno il contingente sarà dunque fissato poco sopra alla media 2020-22, a 1’150 permessi B e 1’007 permessi L. In Ticino i croati rappresentano solo l’1,6% della popolazione residente, ma come nel resto della Svizzera il loro apporto è importante per certi cantieri, ristoranti e hotel. Intanto la ripresa post-Covid si scontra con la carenza di manodopera: nella Confederazione i posti vacanti sono aumentati del 39,7% a oltre 85mila, anche se in Ticino il fenomeno è smorzato dall’afflusso dei frontalieri. La politica dei contingenti potrebbe peggiorare la situazione?

‘Si aggiunge un problema a un altro’

Secondo il presidente di HotellerieSuisse Ticino Lorenzo Pianezzi, «andiamo ad aggiungere un problema dove ce n’è già uno, legato alla difficoltà di reclutare personale qualificato tra i residenti. Per questo, in Svizzera interna alcuni alberghi e ristoranti hanno già dovuto ridurre le attività, magari tagliando i coperti o rinunciando a determinati servizi. Un problema che va aggravandosi man mano che la popolazione invecchia e dunque le uscite dal settore – pensioni, disdette… – sono maggiori delle entrate, con le scuole alberghiere che a loro volta registrano da qualche anno una flessione degli iscritti». Secondo Pianezzi «siamo tutti chiamati in causa per migliorare l’attrattività percepita di un settore che richiede passione, ma garantisce anche buone retribuzioni e rapide carriere: un lavoratore principiante non qualificato percepisce un salario minimo per il 2023 di 3’582 franchi lordi, che diventano 4’363 in presenza di un attestato di formazione. Stipendi e condizioni che possono interessare anche i residenti, nonostante il nostro ambito sconti un interesse mediatico focalizzato principalmente sui casi più problematici».

‘Dialogare con la politica’

Resta il fatto, prosegue Pianezzi, che «l’introduzione dei contingenti ci priva di un eventuale canale alternativo per tutte quelle situazioni nelle quali – nonostante il crescente impegno nell’orientamento e nell’attirare talenti – a oggi non riusciamo a trovare soluzioni in loco. Al netto di alcune difficoltà stagionali comunque affrontate con successo, il problema è più diffuso a Nord del Gottardo che in Ticino, ma questo non significa che la situazione non ci riguardi. Spero d’altronde che il dialogo con la politica e il riconoscimento di necessità condivise ci permetta di trovare soluzioni alternative a contingenti troppo rigidi».

Massimo Suter conferma il problema: «Il nostro settore è confrontato con una mancanza cronica di personale e l’introduzione di contingenti, per quanto non così preoccupante, rischia di privarci di qualche possibilità extra nei momenti di maggiore difficoltà e bisogno, ferma restando l’importanza di rispettare la preferenza indigena», spiega il presidente di GastroTicino. In ogni caso, «il nostro settore si appoggia già a programmi di formazione continua che permettono di impiegare e integrare figure provenienti dalle realtà nazionali e linguistiche più diverse, consentendo di arginare proprio quella carenza di personale. Va pur detto che soprattutto le mansioni più umili – quelle che a loro volta richiedono minori qualifiche – sono spesso poco desiderate dagli svizzeri e per tali esigenze ci troviamo costretti a guardare anche all’estero».

‘Si rischia l’autolesionismo’

Intanto Alex Farinelli, consigliere nazionale Plr e vicedirettore della Società svizzera impresari costruttori sezione Ticino, manifesta perplessità soprattutto per alcune realtà oltre Gottardo: «Premesso che ogni situazione richiede una sua valutazione specifica, in generale fuori dal Ticino molti settori soffrono per la penuria di personale. Se nel nostro cantone il problema è meno sentito che altrove, è per via della disponibilità di frontalieri. Nelle costruzioni, ad esempio, senza l’arrivo di lavoratori italiani preparati e volenterosi saremmo in ginocchio già da cinquant’anni. Sono dunque soprattutto i cantoni interni, lontani dai confini, quelli che potrebbero subire più duramente l’introduzione di contingenti. Resta da capire se vi sia un’effettiva concorrenza con la manodopera locale che possa giustificarli: in caso contrario, le quote rischiano di rivelarsi una scelta autolesionistica».

Infine, il segretario regionale di Unia Giangiorgio Gargantini invita a rovesciare la prospettiva: «Quello dei contingenti per un singolo Paese è un tema ispirato più da interessi politici che da necessità oggettive. Da tempo la destra pensa di risolvere i problemi del mercato del lavoro restringendo i flussi in entrata. Ma la vera soluzione è quella di migliorare diritti e salari delle lavoratrici e dei lavoratori, in modo che quel mercato sia davvero accessibile a tutti coloro che vivono sul territorio. Così anche la manodopera dall’estero può trovare spazio, ma non per consentire agli imprenditori di logorare le condizioni tramite dumping e altre infrazioni».

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