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Dadò: ‘Sulle targhe fanno di tutto per non far votare il popolo’

A una settimana dal congresso, il presidente del Ppd attacca su imposte di circolazione, giustizia e Plr. E sul futuro del partito: ‘Serve più chiarezza’

Il presidente popolare democratico si leva più di qualche sassolino dalle scarpe
(Ti-Press)
17 giugno 2022
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«Sull’altare del debito pubblico e dell’equilibrio delle finanze bisogna mettere sperperi ed esuberi, stabilendo delle priorità. Sicuramente non possono essere sacrificate le persone che già faticano ad arrivare a fine mese. Non è una politica di sinistra, ma di senso di responsabilità e altruismo». A una settimana dal congresso popolare democratico che verosimilmente porterà al cambio di nome, il presidente Fiorenzo Dadò a colloquio con ‘laRegione’ parla del futuro del suo partito, di cosa dovrà fare per migliorare e del ruolo che gioca e giocherà nello scacchiere politico. Levandosi più di qualche sassolino dalle scarpe. A partire da temi di scottante attualità, come le imposte di circolazione: «Lo Stato spende più di 4 miliardi di franchi l’anno, non è perché il governo non è in grado di risparmiare alcuni milioni che si deve continuare a tartassare i cittadini che hanno un’auto», ribadisce Dadò.

Su questo tema vi siete profilati con molta fermezza, come raramente succede al vostro partito.

L’auto non è un bene di lusso, ma una necessità per tante attività e in primis il lavoro. Non è giustificato che i ticinesi continuino a pagare le imposte più care di tutta la Svizzera semplicemente perché non si trovano trenta milioni l’anno da lasciare nelle loro tasche. La situazione è preoccupante, i costi stanno crescendo sempre di più: sui premi di cassa malati noi non possiamo fare niente, sul costo della vita idem, si intervenga almeno dove si può. Per questo nel 2017 abbiamo raccolto le firme dell’iniziativa popolare che chiede di abbassare le imposte di 30 milioni. Quello che sta capitando in commissione, ed è vergognoso, è un tentativo deliberato di boicottare i diritti popolari impedendo ai cittadini di andare a votare. Lo si dica chiaramente, non si vuole che la popolazione voti su questo tema. Invece si trovano tutti gli escamotage bistrattando il diritto, nonostante si tratti di un’iniziativa popolare firmata da oltre 12mila persone. Rattrista e meraviglia che sia il Plr, partito di maggioranza relativa in Gran Consiglio e che ambisce di riprendersi la leadership in Consiglio di Stato, a farsi promotore di questa politica antidemocratica e totalmente contraria ai diritti popolari.

Però il tema del riequilibrio delle finanze si pone, e con la vostra iniziativa mancherebbero molti milioni.

Certo che si pone ma, come ho già detto, chi non vuole lasciare 30 milioni nelle tasche dei cittadini, allora gli dica dove andare a trovare i soldi per pagare tutti i costi che aumentano. Il Ppd negli ultimi dieci anni è l’unico partito di governo che non ha mai proposto né votato un aumento di tasse o imposte e si è sempre opposto. Per sistemare i conti bisogna far analizzare la spesa da specialisti, una volta terminato questo lavoro vedremo dove si potrà contenerla.

Un altro dossier di scottante attualità è la giustizia, con l’impasse in commissione riguardo alla successione della pp Lanz ma non solo. Si parla di casacche politiche, di competenze. È un tutti contro tutti, e a rimetterci è la Procura che per alcuni mesi avrà un magistrato inquirente in meno. Che giudizio dà su una vicenda che, vista da fuori, suscita qualche imbarazzo?

Faccio una premessa: la magistratura è il potere più importante dello Stato e deve funzionare bene. Il Ppd, e non solo i liberali, ne è perfettamente consapevole. Il fatto che nella stessa vengano rappresentate tutte le sensibilità del Paese è un valore aggiunto non una discriminante. Le regole di nomina devono però essere chiare e condivise a inizio legislatura, non si possono cambiare in corso d’opera perché fa comodo a qualcuno. Solo un mese fa quando si trattava di nominare il sostituto di Arturo Garzoni, il Plr ci ha chiesto di rispettare proprio questa regola del manuale Cencelli e tutti abbiamo seguito. Passa un mese, il posto spetta alla Lega, ed ecco che se ne escono con fantomatici discorsi sulle competenze e si grida allo scandalo, nonostante tutti i candidati siano stati giudicati idonei dalla commissione di esperti che li ha esaminati. Il vero problema che infastidisce è un altro, ossia che Lega, Ppd e Ps si sono detti disponibili a valutare di estendere giustamente le nomine anche a candidati di partiti minori come Verdi e Udc o agli indipendenti. Questo significa che tutti dovranno cedere qualcosa, in particolare chi oggi è sovrarappresentato (il Plr, ndr).

C’è anche la nomina di un giudice dei provvedimenti coercitivi (gpc) in ballo, nella seduta di Gran Consiglio di lunedì. La commissione ha preavvisato la nomina di Ares Bernasconi, di area Ppd. Ma i giochi non sembrano fatti.

Abbiamo appena nominato la presidente di area Plr affiancata a due giudici, uno Ps e l’altro in quota Lega. L’Ufficio dei gpc è l’organo che vigila sulle decisioni dei procuratori, ed è composto da quattro magistrati. È fondamentale che questi rappresentino tutte le principali sensibilità del Paese. Ne va dell’immagine e della credibilità delle loro decisioni. Sarebbe incomprensibile e grave, in uno Stato liberale e democratico, che a dover vigilare e giudicare le decisioni di un organo che può privare della libertà i cittadini, sia la stessa maggioranza partitica della quale è già composto il ministero pubblico.

Siamo a una settimana da un congresso importante per il vostro partito e la vostra storia, con all’ordine del giorno addirittura il cambio del nome. Che partito è oggi il Ppd? E che partito vuole diventare?

Il Ppd incarna sostanzialmente i valori svizzeri e dell’Occidente; valori sempre più in discussione e bistrattati, che vanno difesi. Oggi qui da noi tutti i partiti sono di stampo liberale come lo è la nostra società, a distinguerli è l’accento che viene dato alle sensibilità e al ruolo che si vuole attribuire all’azione dello Stato. Il Ppd ha un’anima prevalentemente di centrodestra moderata e sociale, con una vena conservatrice, non è certo un partito di sinistra. Per noi è molto importante il concetto di sussidiarietà e di federalismo, cioè lo Stato che non deve sostituirsi al cittadino o alle comunità locali ma deve essere in grado di colmare i bisogni laddove la società da sola non arriva. Nel recente comitato cantonale con il voto sul ‘Decreto Morisoli’ dopo un interessante dibattito interno, si è avuta la conferma. Il Ppd credo che avrà un futuro se saprà combattere con maggior determinazione almeno su quegli aspetti che si ritengono di grande importanza. L’esempio l’abbiamo proprio in questi giorni, con le imposte di circolazione, che essendo eccessive per il budget annuale dei cittadini vanno immediatamente abbassate.

D’accordo, ma nel concreto?

Nel concreto tra pochi giorni valuteremo se cambiare o meno il nome, così come hanno fatto le altre sezioni svizzere del partito. Dopo averne discusso con il presidente nazionale Pfister, non ci siamo limitati a questo: cambiare il nome non è sufficiente, può essere un primo passo ma bisogna ridefinire più concretamente il significato di alcuni valori a noi cari in rapporto alla società odierna. Per questo motivo, essendo un lavoro delicato e complesso, abbiamo dato un mandato a uno specialista, che ha svolto un’indagine indipendente all’interno del partito, dalla quale sono emerse una serie di tematiche e necessità molto interessanti.

Ad esempio?

Sono emersi in modo chiaro i concetti condivisi dai popolari democratici, ma poi quando si tratta di declinarli nella pratica sorgono dei problemi. Pensiamo ad esempio al concetto di famiglia, che per il Ppd è sempre stato molto importante; se un tempo era chiaro, nella società di oggi di quale famiglia parliamo? C’è quella allargata e c’è quella tradizionale, e recentemente se ne sono aggiunte altre forme... come si posiziona il mio partito di fronte a temi che riguardano queste realtà così diverse? Ecco, occorre una riflessione interna e un chiarimento su diversi aspetti importanti come questo.

Vi sentite ancora i referenti dell’elettorato cattolico?

In una società secolarizzata e laica come la nostra la questione non si pone più, ci sono elettori credenti e non credenti in tutti i partiti. Vi sono però dei valori culturali e di ordinamento che stanno alla base del nostro convivere civile che ci derivano anche dalla tradizione cristiana. Questi, oltre essere condivisi da tutti, sono sacrosanti per il mantenimento della democrazia, della giustizia e della libertà. Il Ppd difende questi valori che sono poi i valori dell’Occidente e della nostra tradizione, valori che hanno permesso nei secoli di forgiare questo magnifico Paese. Valori cardine e attuali, validissimi anche nel 2022 ancor più quando attorno a noi spirano minacciosi venti di guerra. Nella sostanza non bisogna aver nessun timore a difendere quel che siamo, opponendoci, così come viene denunciato anche da Federico Rampini nel suo libro ‘Suicidio Occidentale’, al generale autolesionismo culturale, che si traduce nel rinnegare il passato e i suoi valori come se fossero la peste.

Non sarà facile.

Certo, ma l’elettorato dai partiti ha bisogno di avere un indirizzo chiaro, principi da difendere e una strada in cui credere. Tutte le volte che prevale la timidezza e si rinuncia ad assumere una posizione profilata sui temi più importanti per la società, si perde un’occasione d’oro per esprimere la propria idea entrando nel vivo del dibattito, quindi di arricchimento per sé stessi e per la vitalità del partito. Con il cambio del nome, il Ppd dovrà discutere anche di questi aspetti, valorizzando tutto quanto lo unisce, così come le differenze.

Sulle imposte di circolazione e sulla giustizia voi e il Plr siete allo scontro totale. Questo preclude ogni discorso di possibile congiunzione al centro in vista delle federali dell’anno prossimo? Anche perché a sinistra e a destra le grandi manovre sono già scattate.

Quello che è possibile senza grandi problemi in altri Cantoni, in Ticino sembra più complicato che scalare l’Everest. I motivi sono diversi, giocano ancora i retaggi storici, ai quali si è aggiunta forse un’eccessiva ambizione personale di gioventù nella dirigenza del Plr. Il risultato è che oggi una collaborazione tra i due partiti in Gran Consiglio è resa problematica. Quando Alessandro Speziali è stato nominato alla presidenza del Plr gli ho proposto una collaborazione, che vertesse su alcuni punti di un programma che avremmo dovuto condividere con le rispettive basi dei nostri partiti. Questo nella più completa indipendenza e mantenendo ognuno le proprie peculiarità. Per una questione di trasparenza, questa mano il Ppd l’ha tesa alla luce del sole, addirittura sui giornali e alla tv. In pratica si trattava di riunire un gruppo composto da esponenti dei due partiti, ragionando su alcuni punti come sviluppo economico, fisco, scuola e altri progetti fondamentali per il futuro del Paese. Da parte della dirigenza Plr anche in Gran Consiglio c’è stata ambiguità, finché ovviamente il Ppd e i suoi deputati si sono stufati. Questo atteggiamento incomprensibile non è solo nei confronti del Ppd ma è generale con tutti i partiti. Rammarica, perché l’obiettivo, dichiarato sin dall’inizio, era quello di cercare di ridare al Paese una leadership sulle questioni di prioritaria importanza, dando maggior stabilità politica in un momento tutt’altro che semplice per i cittadini.

La porta è chiusa o socchiusa?

Attualmente non vi sono le premesse per delle convergenze, ma mai dire mai. Ripeto, è un peccato, considerato anche che con una grandissima parte di liberali radicali andiamo molto d’accordo.

In un contesto, si diceva, dove tutto è più polarizzato e di conseguenza lo è pure l’elettorato. Avverte il rischio di una morsa che si stringe al centro?

Il rischio è effettivo. Anche per questo chi è alla testa di partiti come il mio deve avere le spalle larghe e saper assumere posizioni profilate, che non accontentano però tutti. Noi abbiamo una cultura politica in cui il senso di responsabilità è tale che non è nelle nostre corde andare a sconfessare come se nulla fosse un consigliere di Stato o un consigliere federale, come invece abbiamo visto fare dal primo partito nazionale, l’Udc a Berna, in questi giorni. Da un lato propongono l’abbassamento delle tasse sulla benzina, cosa che personalmente condivido, dall’altro il proprio consigliere federale Maurer afferma che non è una mossa giusta e che nella ricca Svizzera la gente può permettersi di sopportare questo costo stratosferico. Questa è una politica che non può essere imitata da un partito come il mio.

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