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‘I Piani regolatori sono spesso eccessivi’

L’architetto: ‘Per riattivare gli edifici è necessaria la collaborazione fra professionisti’

(Depositphotos)
6 dicembre 2021
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Fabbriche abbandonate, ma anche semplici palazzine. Sono vari i tipi di stabili che necessitano d’interventi di manutenzione in Ticino, ma Piani regolatori, soldi e problemi tecnici fanno spesso da freno. Nel panorama edilizio, però, ad accompagnare il termine di ristrutturazione c’è quello di riattivazione: «Non significa solo sistemare e riconvertire. È un concetto che tocca anche altri temi di tipo economico, ecologico e sociale e che necessita della collaborazione di molteplici figure professionali», ci spiega Marco Del Fedele, architetto e presidente del consiglio dell’Ordine ingegneri e architetti del Cantone Ticino (OTIA).

‘Con tubi e cavi nascosti intervenire diventa difficile’

Durante la tavola rotonda, seguita all’assemblea ordinaria dell’Ordine svoltasi alcune settimane fa, si è parlato pure della necessità di cambiare paradigma nella gestione del costruito, di non pensare solo ad aggiustare, cosa che comunque non è facile: «A invecchiare, a rendere necessario un intervento – dice Sergio Tami, ingegnere e membro del Consiglio dell’OTIA – sono spesso gli apparati di distribuzione, come tubi dell’acqua, e non la struttura, i muri. Intervenire diventa però difficile, dato che dagli anni 50 abbiamo sempre nascosto gli impianti sotto muro, in soletta». In sostanza facendo diventare così la semplice sostituzione di un tubo, un lavoro da muratori. «I nuovi stabili dovrebbero avere quella flessibilità che permette di fare facilmente degli interventi di manutenzione. Non solo in vista di una riparazione, ma anche in caso di un cambio di destinazione d’uso. Inoltre si vuole un edificio che costi poco, funzionale e bello. La sfida dei prossimi anni per i progettisti è di trovare una modalità che sposi queste esigenze».

Pensare a spazi diversi, introdurre servizi commerciali e ricreativi in zone prettamente residenziali non è immediato: «L’edilizia è un processo lento e anche a livello legislativo i cambiamenti richiedono tempo», indica Marco Del Fedele. Se si pensa a progetti volti a favorire l’incontro e creare socialità «sul principio gli attori sono magari tutti d’accordo, ma quando bisogna rendere effettiva la teoria ci accorgiamo che il Ticino non è il cantone più all’avanguardia. Inoltre se vogliamo ottenere qualcosa di diverso in certe aree bisogna avere anche la base legale per poterlo fare». «Oggi si tende sempre di più a intervenire su parti della città che su un singolo edificio. Certamente il potenziale è maggiore, ma gli ostacoli aumentano».

Incontrarsi per creare valore aggiunto

Le varie figure professionali hanno dunque bisogno d’incontrarsi e discutere per creare il cosiddetto valore aggiunto: «Un progetto non si può limitare ad avere un reddito diretto. Se per esempio bisogna fare un intervento in una zona dove si vuole vitalità, creando spazi d’incontro gli appartamenti dello stabile varranno di più», illustra Del Fedele. «Stiamo vedendo nascere sempre più mandati di studio in parallelo. E questo è positivo». Si tratta di analisi preliminari che vengono assegnate a vari team che vengono effettuate prima di creare un progetto. Oltre a verificare le condizioni di uno o più stabili si considerano le esigenze economiche di committenti e persone che usufruiranno degli spazi, come pure gli aspetti sociali della zona. «È un lavoro intellettuale di ingegneri e architetti che certamente ha un costo iniziale, ma in realtà è un investimento che crea valore aggiunto. Esso avrà un risvolto anche in termini di guadagno economico. È in questi studi che si creano qualità, idee, opportunità. Possono inoltre diventare la base per la modifica di un Piano regolatore, per esempio». Migliorando il panorama urbanistico.

Norme pianificatorie spesso d’ostacolo

Le norme pianificatorie a volte risultano un ostacolo: «In questo periodo in Ticino stiamo risanando principalmente stabili degli anni 60-70, quindi costruiti prima dell’entrata in vigore degli attuali Piani regolatori», ricorda Sergio Tami. «Se da un profilo tecnico sarebbe quasi conveniente demolire un edificio e farne uno nuovo, quasi nessuno sceglie questa opzione perché vorrebbe dire costruirne uno con meno volume, meno metri quadrati di superficie abitabile che si possono vendere o affittare. Anche nei casi di cambio di destinazione d’uso ci sono per esempio determinati comparti dove non è permesso avere uffici ma solo abitazioni». Per Marco Del Fedele «molti Piani regolatori sono eccessivi secondo la sensibilità di oggi» e Sergio Tami si interroga se vi sia un vero problema nel «ricostruire la stessa volumetria a cui le persone si sono abituate». Sugli aspetti normativi entra quindi in gioco la politica che secondo Del Fedele «deve avere un ruolo attivo. È necessario creare uno scambio con gli addetti ai lavori».

‘Con le loro scelte i committenti sollecitano la politica’

Figure importanti oltre a progettisti e attori politici sono i committenti, spesso privati cittadini. Anche gli investimenti di questi ultimi «incidono nei processi di mutazione del territorio», dice Del Fedele. «Invece che semplicemente ristrutturare e dunque rimettere in servizio un edificio, la riattivazione permette di creare nuove opportunità, veri e propri investimenti». Per il momento gli incentivi messi a disposizione dal Cantone sono ottenibili per interventi volti a un risanamento energetico. «Quello che ha aiutato molto negli ultimi anni sono gli sgravi fiscali», menziona Sergio Tami. «A seconda del caso si può arrivare, tra incentivi e sgravi, a coprire dal 15 al 25 per cento dei costi di risanamento». Resta però il fatto che per altri tipi di interventi il costo resta un onere del committente. «Credo che gli incentivi siano un po’ ridotti, ma tocca anche al privato attivarsi per dare l’input alle istituzioni. Magari utilizzando le agevolazioni attuali e portando risultati che possano dare alla politica il terreno per crearne altri», sostiene Del Fedele. Un esempio di incentivo di successo è quello per i pannelli solari: «Il committente medio non chiede più a quanto ammonta il sussidio per installarli. L’interesse c’è già, non bisogna più convincerli. È diventato qualcosa di acquisito». Un cambio di mentalità insomma che è stato possibile grazie agli aiuti del Cantone, proposte di architetti e ingegneri, e apertura da parte dei mandatari.

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