Ticino

Le inchieste ticinesi del pm Francesco Greco, neo pensionato

Noti anche da questa parte del confine i risvolti delle indagini del pm della Procura di Milano: dal caso Gucci a quelli di Ubs e Credit Suisse

Il magistrato Francesco Greco
(Archivio Ti-Press)
11 novembre 2021
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A cinque anni dalla nomina a capo della Procura di Milano, con il saluto ai colleghi ha lasciato l’incarico, avendo raggiunto l’età della pensione, cioè 70 anni di cui 43 in Magistratura nel capoluogo lombardo, dove era giunto da Roma. Una uscita di scena, quella di Francesco Greco, che lascia l’importante ufficio inquirente milanese, spaccato, con due aggiunti e diversi pm indagati.

La nomina, nel 2016, di Greco era apparsa come il normale compimento del percorso del più giovane pm – si era nel 1992 – del pool di Mani Pulite, al fianco di Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo e Pier Camillo Davigo e anche Ilda Boccassini.

Una straordinaria lotta alla corruzione e ai reati finanziari di cui Greco in molti contesti (è accaduto anche in Ticino) ha sempre parlato da esperto: “L’evasione fiscale, madre di tutte le tangenti è, insieme a corruzione e riciclaggio, corresponsabile del declino dell’Italia”. Questo suo convincimento spiega come sconti non ha mai fatto nel suo lungo lavoro alla caccia di capitali nei paradisi fiscali. Per consulenze, in materia di reati finanziari, falso in bilancio, riciclaggio, è stato chiamato da cinque Governi italiani di diverso colore. Fra le proposte più recenti, risale al 2019, c’è stata quella di riapertura della voluntary disclosure per mettere le mani nelle cassette di sicurezza degli italiani. “I contanti rinchiusi in cassette di sicurezza in Italia e all’estero, in primis a Lugano, sono sempre di provenienza illecita”. Una considerazione spiegabile con il fatto che nella sua attività inquirente s’è imbattuto regolarmente in mazzette di banconote di provenienza illecita. Il magistrato allora aveva stimato in 200 miliardi di euro la cifra dei contanti nascosti nei forzieri di banche e finanziarie, così largamente presenti in riva al Ceresio. Una proposta, quella dell’autodenuncia, finita nel nulla. E non poteva essere diversamente.

Da ‘mani pulite’ al crac Parmalat

Sulla sua scrivania sono passate al setaccio le tangenti più clamorose della storia d’Italia, come la mega tangente Enimont, ma anche All Iberian e ‘consolidato Fininvest’, indagini poi falcidiate dalle leggi di riforma dei Governi Berlusconi che modificarono i tempi della prescrizione e le regole sul falso in bilancio. Greco fu il primo a raccogliere la testimonianza di Stefania Ariosto, che avviò l’inchiesta Imi Sir/Lodo Mondadori, conosciuta come ‘toghe sporche’ per via della corruzione dei giudici romani, poi condannati assieme a politici e avvocati. Sua l’inchiesta sul crac Parmalat, di cui in Ticino si è tornati a parlare in questi giorni. Così come sue le inchieste insieme al collega Fusco, attuale procuratore aggiunto, sull’ospedale San Raffaele di Milano e il gruppo Maugeri di Pavia che sono costate la condanna in via definitiva di Roberto Formigoni, per oltre vent’anni presidente di Regione Lombardia, per tangenti pagate da una finanziaria di Lugano.

Multinazionali alla cassa

Tra i successi investigativi degli ultimi anni, da segnalare quelli che hanno fatto emergere l’evasione fiscale dei colossi del web, da Apple a Google, Amazon e Facebook, delle grandi banche svizzere Credit Suisse e Ubs o del gruppo del lusso francese Kering, proprietario del marchio Gucci. Greco quindi ha fatto pagare conti salatissimi alle multinazionali che realizzavano profitti in Italia ma pagavano le tasse all’estero. Ha insomma anticipato la recente decisione del G20 di introdurre una tassa minima globale sugli utili delle multinazionali. Nel corso dell’inchiesta Ubs le fiamme gialle trovarono anche un manuale segreto che illustrava ai gestori patrimoniali del colosso bancario svizzero le precauzioni da adottare quando, senza esserne autorizzati, venivano in Italia per incontrare i clienti che investivano il proprio denaro in Svizzera. Slide e istruzioni simili a quelle ritrovate nel 2014 dagli uomini della Guardia di finanza nella sede milanese del Credit Suisse nel corso di un’inchiesta che aveva portato alla scoperta di patrimoni di contribuenti italiani non dichiarati pari a 14 miliardi di euro e che si era chiusa con il pagamento di oltre 100 milioni di euro al fisco di Roma. Ubs per chiudere il contenzioso fiscale ha invece versato all’Agenzia delle entrate 111,5 milioni di euro.

Ben più consistente la somma che ha pagato il gruppo Kering per porre fine a un maxi contenzioso fiscale: un miliardo e 250 milioni di euro a fronte di una evasione fiscale di 14,5 miliardi. Le contestazioni erano state mosse alla controllata svizzera Luxury Goods International Sa di Lugano ritenuta responsabile della gestione fiscale di Gucci che per pagare meno tasse aveva trasferito il proprio centro logistico e distributivo del marchio dell’alta moda fiorentino in Ticino per far figurare che i proventi maturati nel periodo 2009-2016 venivano realizzati in Svizzera, garantendo all’azienda del gruppo Kering un trattamento fiscale molto generoso.

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