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Banca dati votazioni comunali, il governo segue la sua strada

Il Consiglio di Stato boccia l’iniziativa di Filippini (Udc): no all’obbligo per i Comuni di trasmettere le informazioni. Ma poi le raccoglie. La deputata: ‘Disarmante’

Ti-Press
27 settembre 2021
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Niente da fare. Per il Consiglio di Stato non c’è bisogno di obbligare i Comuni a trasmettere alla cancelleria dello Stato le informazioni su riuscita, ricevibilità, eventuale ritiro e risultato di votazioni popolari e referendum. Viene respinta quindi, per ora, la creazione di una banca dati cantonale di pubblico accesso chiesta dall’iniziativa parlamentare elaborata con prima firmataria la deputata Lara Filippini (Udc). O almeno, di sicuro con le modalità richieste dalla granconsigliera democentrista. Il perché della bocciatura è spiegato dal governo col fatto che “un’esigenza circoscritta e puntuale di raccogliere determinate informazioni non dovrebbe ancora condurre a istituire una base legale che imponga tassativamente la raccolta. Infatti – scrive ancora il Consiglio di Stato –, in ciò non è ancora riconoscibile un bisogno volto all’adempimento di compiti legali. Si tratta semmai di un aspetto di informazione del pubblico che può essere affrontato in un modo più semplice e flessibile senza appesantire ulteriormente la legislazione”. Di più: “Non sarebbe neppure corretto imporre loro formalmente obblighi di comunicazione di dati senza una vera necessità”. E quindi? E quindi l’invito a porre uno stop. Però c’è un però. Perché è lo stesso Esecutivo a riconoscere che “i diritti politici e, in particolare, gli oggetti sottoposti al voto dei cittadini e l’esito delle votazioni, rientrano tra quei temi che suscitano un certo interesse nella popolazione”. Di conseguenza, “proprio per l’interesse pubblico generato da questo tema – ispirandosi alla proposta dell’atto parlamentare – il Consiglio di Stato ha deciso di pubblicare in forma elettronica i risultati di tutte le votazioni cantonali e si è fatto promotore della raccolta dei dati concernenti le votazioni popolari nei Comuni”. Quindi, riassumendo, nessun obbligo a trasmettere informazioni ma è il Cantone a farsi parte attiva nel reperirle: “Al momento sono disponibili i risultati di circa 150 votazioni su oggetti comunali e di circa 300 votazioni consultive tenutesi nei Comuni riguardo una sessantina di progetti di fusione comunale”.

Filippini: ‘Tanti ragionamenti contorti’

«Ritengo questo messaggio veramente disarmante, e pieno di ragionamenti assai contorti» commenta da noi interpellata Filippini. Che spiega: «Noi chiedevamo di istituire una banca dati che sì, per i Comuni comporterebbe un obbligo di trasmettere queste informazioni, ma chiedere di inviare una e-mail con pochi, semplici dati non mi sembra una cosa impossibile e nemmeno che richieda uno sforzo titanico né ai Comuni né poi al Cantone nell’inserirli in una banca dati di pubblico accesso. A tutto vantaggio della fruibilità sia da parte della popolazione, sia da parte degli eletti nei Legislativi che così potrebbero avere una miglior conoscenza di determinati dossier».

‘La nostra proposta aumenterebbe l’efficienza ed eviterebbe sprechi di risorse’

Ciò che amareggia Filippini, ad ogni modo, è che «per indurre la commissione ‘Costituzione e leggi’ e il Gran Consiglio a respingere la mia proposta durante questi 12 mesi hanno probabilmente lavorato di fino per produrre una tabella con tutti i dati che io richiedo vengano trasmessi d’ufficio da parte dei Comuni». Sicuramente «un gran lavoro», annota ancora la deputata Udc. «Ma che sarebbe evitabile se ogni Comune lo facesse di default, e non perché una deputata segnala un vuoto su questo tema. Un punto fermo aiuterebbe, ed eviterebbe sprechi di tempo e risorse dell’Amministrazione cantonale a favore di una maggiore efficienza e non fatto una tantum». Insomma, «per il futuro sarebbe sicuramente meglio se venisse presa in considerazione la nostra proposta» chiosa Filippini. Con l’auspicio che «in Commissione non ci si accontenti di questa risposta e si vada nella direzione da noi indicata».

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