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Distaccati, fenomeno monitorato anche in Italia

Le aziende tedesche e rumene sono quelle che hanno notificato più lavoratori nella Penisola. Al terzo posto, a sorpresa, le imprese svizzere

(Archivio Ti-Press)

Monitorare il fenomeno dei lavoratori distaccati per “favorire la conoscenza del fenomeno, anche allo scopo di evitare che lo stesso venga utilizzato come strumento per esercitare varie forme di dumping sociale, soprattutto facendo leva su due aspetti: il differenziale tra gli standard retributivi minimi e il salario medio del Paese in cui il lavoratore viene distaccato; la differenza tra i regimi contributivi e la tassazione tra i Paesi che inviano lavoratori distaccati e i paesi che li ricevono”. Insomma, una preoccupazione – quella sul dumping salariale e sociale – nota in Svizzera e manifestata dai sindacati e dai partiti politici almeno dall’entrata in vigore della libera circolazione delle persone il primo giugno 2002. La frase è però tratta dal rapporto dell'Osservatorio italiano sul distacco transnazionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che registra – nei primi sei mesi del 2021 – 20’077 casi di distacco (che possono riguardare uno o più lavoratori per caso e per un minimo di tre giorni, ndr) e la stragrande maggioranza dei quali (90%) proviene da paesi dell’Ue. In totale gli equivalenti a tempo pieno sono 13’480. Una frazione minima del mercato del lavoro italiano. L’Osservatorio italiano è un organismo equiparabile alla Commissione tripartita in materia di libera circolazione, con rappresentanti dei lavoratori, delle imprese e delle autorità pubbliche.

Ricordiamo che si parla di distacco di lavoratori, quando un datore di lavoro invia una parte dei suoi lavoratori per effettuare, a suo nome e per proprio conto, una prestazione lavorativa in uno Stato diverso da quello in cui ha sede e nel quale i lavoratori forniscono abitualmente la loro prestazione lavorativa. I lavoratori distaccati restano soggetti al contratto stipulato con il loro datore di lavoro e ai sistemi di sicurezza sociale del Paese d’origine. È una modalità di impiego diversa dalla libera prestazione di servizio che riguarda gli indipendenti o dall’assunzione temporanea presso un datore di lavoro estero.

La Svizzera distacca più della Gran Bretagna

A ogni modo dai dati diffusi dal Ministero del lavoro risulta che i Paesi dell’Ue che distaccano di più in Italia sono la Romania, con oltre 8 mila distacchi e la Germania con oltre 3 mila. Dei 2’111 distacchi extra Ue, la maggior parte appartiene alla Svizzera e al Regno Unito, rispettivamente con 1’214 (pari al 58%) e 316 distacchi (15%).

Inoltre, il 38,8% dei distacchi ha una durata che si esaurisce nei 30 giorni (pari a 7’794). La quasi totalità dei distacchi comunicati (il 98%) riguarda invece fino a 5 lavoratori a distacco.

Sul fronte delle aziende, al 30 giugno 2021 sono state 1’290 quelle con sede nell’Ue che hanno distaccato loro dipendenti in Italia. La maggior parte ha sede legale in Germania (480, pari a quasi al 40%); Romania (199, pari al 15%) e Austria (133, pari al 10%), mentre quelle proveniente da Paesi terzi, in totale 192, hanno sede legale per la maggior parte in Svizzera (50, pari a quasi il 30%) e nel Regno Unito (42, pari al 22%).

Le aziende distaccatarie, ovvero che ricevono lavoratori distaccati da altrove, sono pari a 2’222 della quali la maggioranza appartiene al settore manifatturiero (886), a seguire da quello del trasporto e magazzinaggio (465) e delle costruzioni (309). Tali imprese sono dislocate in prevalenza in Lombardia (25,6%), seguita dal Veneto (16,6%) e dal Friuli-Venezia Giulia (12,6%).

Il profilo tipo: giovane, maschio e rumeno

Dei 13’480 lavoratori complessivamente distaccati in Italia, il 90% è di sesso maschile; il 53% ha un’età compresa tra i 24 e i 44 anni e più del 40% ha la cittadinanza rumena. Un capitolo diverso lo occupano i distacchi per i cosiddetti lavoratori somministrati (interinali, ndr) e il cabotaggio (trasporto su strada). L’Osservatorio conta 3’880 distacchi per un totale di 2’45 lavoratori ‘somministrati’ coinvolti. Ben più importanti le cifre relative al cabotaggio: 71’366 distacchi riferibili al trasporto su strada per un totale di 33’819 lavoratori coinvolti. La maggior parte di queste aziende ha sede legale in Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia.

In Italia si notifica poco o si conta male

Sempre stando a quanto diffuso dall’Osservatorio, sarebbero 4’250 i lavoratori coinvolti dall’Italia verso l’estero. Il dato si evince dai 6’862 distacchi registrati. Il 62,7% dei distacchi riguarda Paesi comunitari, con la Francia quale prima destinazione. Il settore prevalente è quello manifatturiero. I lavoratori italiani distaccati in Svizzera sarebbero solo 440, di cui 410 maschi. Un dato poco coerente con quanto registrato dalla statistica sul lavoro notificato (Simic - Ustat) che per il solo Ticino quantificava – a fine giugno –in 4’176 i lavoratori Ue distaccati presso un committente svizzero ed equivalenti a 391 addetti a tempo pieno. A meno che la Svizzera non si esaurisca, per l’Italia, al solo Ticino.

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