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Autismo, un sostegno anche in estate per i bambini

Seconda edizione dell’Educational Camp della Fondazione Ares. Un intervento intensivo per consolidare le competenze e dare supporto alle famiglie.

(Fondazione Ares)

Non perdere le competenze acquisite durante l’anno e assimilarne di nuove. È questo lo spirito dell’Educational Camp, organizzato dalla Fondazione Ares, la quale si occupa di dare supporto a chi è affetto da disturbo dello spettro autistico e alle loro famiglie. Il Covid non ha fermato gli organizzatori e quest’anno sarà la seconda edizione. Si tratta di un campo estivo gratuito strutturato in due fasi: due settimane in giugno per bambini in età prescolare e una settimana in agosto per bambini e ragazzi più grandi definiti ‘ad alto funzionamento’. «È un intervento intensivo e specialistico in una cornice ludica e adatta all’età del bambino», spiega Chiara Lombardoni, pedagogista della Fondazione Ares.

Periodo estivo che con la chiusura delle scuole e la diminuzione di vari servizi di supporto può essere molto difficoltoso per le famiglie che hanno un bambino dello spettro autistico. Essi hanno capacità di autointrattenimento limitate e necessitano di continue stimolazioni per mantenere e migliorare le varie competenze sociali e motorie. «Sono felicissima di questa opportunità», ci racconta la mamma di un bambino autistico di sei anni. «Oltre a dare un attimo di respiro a noi genitori, so che mio figlio è in buonissime mani, va volentieri e viene stimolato a raggiungere determinati obiettivi». Proprio per le esigenze particolari di questi bambini l’offerta sul territorio non è molto ampia: «Ci sono tante attività estive per i bambini normodotati, ma non per quelli che presentano dei disturbi – continua la mamma –. Devo pianificare tutta la giornata come se fosse a scuola, creando delle attività come fanno i maestri». Anche Maria Elena Di Fazio, responsabile della Mission bambini Switzerland foundation, che finanzia il progetto, vorrebbe maggiori possibilità di attività estive: «L’Educational Camp è un modello virtuoso, che auspichiamo possa essere replicato anche a livello istituzionale ed essere offerto a tutti i bambini che ne hanno bisogno». L’edizione di quest’anno accoglierà 27 bambini, 7 in più dell’anno scorso. L’obiettivo per le prossime edizioni è quello di «allargare l’opportunità anche a bambini ‘più gravi’», afferma Di Fazio.

Un punto centrale del trattamento del disturbo dello spettro autistico è l’intervento precoce: «Le linee guida internazionali dicono che è fondamentale agire il prima possibile», conferma Francesca Gerosa, responsabile educativa della Fondazione Ares. «L’autismo è una sorta di deviazione da quelle che sono le competenze sociali e comunicative e prima si interviene meglio si riesce a migliorare le qualità d’espressione». Queste ultime sono necessarie per essere indipendenti e far parte della società come ricorda Di Fazio: «Lavorare in maniera precoce è il migliore degli investimenti, sia per il futuro dei bambini all’interno della società, sia da un punto di vista economico. L’alternativa è una condanna a una vita senza autonomia e al ricorso a una struttura quando i genitori non sono più in grado di occuparsene».

Infatti il ruolo dei genitori è fondamentale: «Non devono diventare dei terapisti, ma un genitore competente fa la differenza», spiega Francesca Gerosa. «Con competente si intende che è a conoscenza del progetto riabilitativo del proprio figlio e che usa le stesse strategie nella sua quotidianità. Questo aumenta in modo esponenziale la quantità di esposizione agli stimoli che il bambino riceve per migliorare le proprie abilità». Un lavoro che Ares propone col ‘parent training’: «Veniamo coinvolti in tutto il processo. Ci spiegano come approcciarci al bambino e stimolarlo a casa. Inoltre ci viene chiesto quali sono le difficoltà e i desideri che abbiamo», spiega la mamma, che ha trovato un grande supporto anche negli altri genitori: «Quando è stata fatta la diagnosi a mio figlio ero molto disorientata, è stato un duro colpo. Poi ho conosciuto altre persone nella mia stessa situazione ed è nata un’amicizia spontanea e sincera, senza pregiudizi», racconta.

Pregiudizi che possono essere presenti nella società e per questo motivo sia la Fondazione Ares che la Mission bambini fanno un lavoro di sensibilizzazione: «Più siamo informati, più riusciamo a essere una comunità inclusiva e accogliente», spiega Francesca Gerosa. «Tutti i bambini hanno diritto a frequentare gli istituti ‘normali’ – dice la mamma –. Mandarli alle scuole speciali non gli permette di entrare in contatto con i coetanei a sviluppo regolare, perdendo l’occasione di poterli imitare e interagire con loro. Ci sono già degli asili e delle scuole inclusive, frequentate da bambini con particolari disturbi e non, ma la possibilità è raramente a tempo pieno».

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