Ticino

Nei panni di un ‘delegato Onu’ per una settimana

L’esperienza di Nicolas Cavadini, studente ticinese di relazioni internazionali, che ha partecipato a Mosca alla simulazione di una conferenza delle Nazioni unite

Uno scorcio della Piazza Rossa di Mosca
(Keystone)
5 giugno 2021
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di Chiara Gallé

Da Ginevra a Mosca. Sette studenti universitari, tra cui il ticinese Nicolas Cavadini, sono volati nelle scorse settimane nella capitale russa per prendere parte a Model UN (Mun), la simulazione di una conferenza degli Stati membri delle Nazioni Unite (Onu) e delle organizzazioni internazionali. In tutto 710 studenti si sono messi nei panni di delegati e rappresentanti ufficiali di diversi Paesi per discutere temi caldi e attuali.

Nicolas Cavadini studia Relazioni internazionali all’Università di Ginevra e fa parte del Geneva international model united nations (Gimun), un’organizzazione non governativa gestita interamente da studenti. Disponendo dello status consultivo speciale, i membri possono partecipare alle conferenze e agli eventi internazionali esprimendo anche il proprio punto di vista nei dibattiti. Nicolas Cavadini è stato invitato dal 18 al 23 aprile scorsi dal Churkin Moscow International Model United Nations alla Mgimo University della capitale russa, per prendere parte a un gioco di ruolo costruito sul modello dell’Onu. I 710 studenti si sono divisi in 13 comitati, raggruppati in sei lingue: il russo, lo spagnolo, l’inglese, l’arabo, il tagiko e il cinese. Ciò è stato possibile in quanto gli allievi della Mgimo imparano ognuno una lingua diversa, allo scopo di diventare futuri ambasciatori delegati.

I cinque giorni di assemblea

«Eravamo in sette: cinque romandi, un’italiana e io», racconta Nicolas al ritorno dalla Russia. «Se abbiamo ottenuto il visto studente è stato solo per fortuna. Bisognava essere muniti di un passaporto che non scadeva entro l’anno e mezzo. Il mio era ancora valido per sei mesi e a un mio compagno scadeva fra quattro. In teoria erano stati invitati altri gruppi stranieri, ma non sono venuti per la pandemia».

Arrivati a Mosca, a ognuno è stata assegnata una nazione da rappresentare e Nicolas Cavadini ha partecipato all’assemblea nelle vesti di delegato per la federazione Russa. Ha dibattuto nel comitato del Consiglio economico e sociale sul tema della riabilitazione dei Paesi che hanno avuto un conflitto armato nelle regioni del Medio Oriente e in Africa. «Si andava per step», spiega Cavadini. «All’inizio ognuno presentava la posizione del proprio Stato, tramite il Position Paper. Nel frattempo si arrivava alla diplomazia informale: si scriveva a un’altra nazione chiedendo se si volesse formare una coalizione». Una volta creati i blocchi, quattro in tutto, ogni gruppo scriveva il Working Paper, per poi votare il migliore. «Il mio blocco non ha vinto. Però ci siamo uniti agli altri due restanti così da arrivare a una maggioranza e poter modificare quindi a nostro favore i vari emendamenti del Foglio eletto. Alla fine della conferenza avevamo un Resolution Paper con 50 emendamenti». In ogni comitato era presente un finto giornalista che aveva il compito di seguire i dibattiti per poi scrivere il giornale quotidiano dell’assemblea.

Non solo delegati, anche portavoce

«Ho notato che le persone tendevano ad aprirsi con noi svizzeri, come se potessimo farci portavoce dei loro problemi all’esterno della Russia», spiega Nicolas. «Ci hanno detto che quando escono dalle lezioni devono fare dei doppi ragionamenti: chiedersi cosa di quanto detto sia reale e cosa no». Inoltre lo studente ticinese e i suoi compagni hanno chiesto ai giovani russi cosa pensassero del loro Paese e di Putin. «C’era questo ragazzo, Leo, che in una strada un po’ isolata ci ha raccontato di non avere libertà. Che noi siamo gli europei, mentre loro invece sono altro. Ci ha detto di non aver mai votato, non perché non possa, ma perché non serve a nulla. Inoltre è anche difficile partire perché la Russia non fa parte del programma Erasmus».

Mercoledì 21 aprile diverse migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere la scarcerazione dell’attivista Aleksej Naval’nyj. «Già il giorno prima erano stati mobilitati diversi poliziotti in tenuta antisommossa. Ci hanno sconsigliato di andare in centro e di usare la metropolitana perché, anche se cittadini svizzeri, c’era il rischio di essere arrestati per un nonnulla». Quella sera il gruppo di studenti è rimasto all’università, dove era previsto un ballo. «Io ero l’unico con la mascherina. Ho chiesto a diverse persone perché non la indossassero e loro mi dicevano di avere gli anticorpi. Non capivano come fosse possibile che io non abbia mai avuto il virus».

Per Nicolas Cavadini «è stato interessante ritrovare le politiche reali dentro la finzione. Come rappresentate della Russia è stato naturale all’inizio unirmi a Cina e Siria, come è stato naturale contrappormi agli Stati Uniti perché volevo tirare dalla mia parte l’Iran. Nella coalizione finale abbiamo trovato il modo di collaborare. In questo scambio di informazioni e amicizie siamo riusciti a scoprire nuovi spunti e nuove idee».

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